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Diego Gabutti
Corsivi controluce in salsa IC
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James Bond, piano, in italia si traduce James Tont 26/10/2019
James Bond, piano, in italia si traduce James Tont
Commento di Diego Gabutti

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Salvini e Conte chissà come lo bevono il Martini. Agitato o shakerato? Salvini – giudicandolo da come si veste, cioè non proprio in stile Savile Row – direi «shakerato», mentre il suo arcinemico Giuseppe Conte ha l’aria di chi lo chiede «agitato», perché ha sentito che è così che si fa, ma poi ci vuole dentro una cipollina. Né l’uno né l’altro hanno il fisico palestrato degli agenti sul campo che s’arrampicano su per i grattacieli aderendo alle facciate di vetro e acciaio con le ventose alle mani e alle ginocchia mentre intorno infuria una tempesta di sabbia (o che affrontano cinque avversari per volta: una gomitata sul naso al primo, una mossa mortale di kung fu al secondo, il terzo fuori dalla finestra e amen, gli ultimi due liquidati a calci e pugni, come viene vien).
Eppure eccoli lì, Conte e Salvini, al centro d’una spy story.
Ciascuno la sua: Salvini al soldo dei russi secondo Conte, Conte agente trumpiano secondo Salvini. In Italia siamo abituati al peggio: le conseguenze del divorzio secondo Amintore Fanfani («tua moglie scapperà con la cameriera») e la nipote spogliarellista di Mubarak in era berlusconiana, per non parlare della «questione morale» di Berlinguer (forse il massimo esempio d’umorismo involontario in tempi di guerra fredda, inferiore soltanto alla decisione di battezzare «repubbliche democratiche» i regimi dell’Est da parte dei maestri di Berlinguer, Stalin in testa).
Per quanto abituati al peggio, alla demagogia e al trasformismo, all’antipolitica, alla collusione con ogni sorta di nemico dell’Italia e dell’Occidente, persino noi ci stropicciamo gli occhi, sperando in un miraggio, di fronte all’attuale classe politica, mai così bislacca e inferiore al compito.
Agitati o shakerati, con o senza cipollina da cocktail party in compagnia di Mata Hari o di Ernst Stavro Blofeld, i programmi politici dei nostri maggiorenti non si segnalano per particolare efficacia, o anche soltanto per sensatezza.
Prendete le tasse sulle merendine oppure i porti chiusi alle navi della nostra stessa Marina: sono provvedimenti che stanno alla politica nazionale (dove sono venduti all’elettorato-bue quali terapie miracolose per la salute dei nostri pargoli e la conservazione della nostra way of life) come i disegni delle componenti interne d’un aspirapolvere venivano spacciati per i progetti d’una macchina da guerra sovietica nel Nostro agente all’Avana di Graham Greene (al quale si è poi «largamente ispirato», ai limiti del plagio, John Le Carrè per il suo Sarto di Panama).
Come il nostro agente all’Avana, che sedeva al tavolo grande dello spionaggio senza averne titolo, anche i nostri «Giuseppi» Conte e Capitan Salvini sembrano più adatti a smaniare per il Milan e ad azzeccar garbugli, insomma a vendere aspirapolvere, che ad occuparsi d’alta politica.
Al pari di tutti gli altri politici anticasta, Gigetto Di Maio in testa, Conte e Salvini sono capitati lì per errore, come per errore l’Intelligence inglese aveva reclutato nei suoi ranghi il mite James Wormold, concessionario d’elettrodomestici nell’Avana precastrista.
Se Di Maio vendeva allo stadio le bibite gasate che ora vorrebbe bandire dalla nostra dieta, o almeno tassare a sangue, Giuseppe Conte insegnava diritto millantando curriculum che nemmeno Perry Mason, e Matteo Salvini vivacchiava alla testa d’un partito del tre o quattro per cento (ed era molto più di quanto meritasse).
Tre scartine di briscola, che non si filava nessuno. E adesso eccoli lì, capibastone e generalissimi della politica italiana, mentre flirtano con i servizi russi e americani (niente meno che con l’FBI e il KGB, o comunque si chiami adesso).
Be’, «flirtano» forse non è la parola giusta. Più che altro, sia detto senza offesa ma con intenzione, sono stati intortati dalle barbe finte dei servizi stranieri.
Se davvero hanno civettato con Trump e Putin –¬ e personalmente io non ne dubito, ché a pensare male si farà peccato ma spesso ci si azzecca ¬– devono averlo fatto perché convinti di guadagnarci qualcosa: una sponsorizzazione politica («vai, Giuseppi, come on») da parte della Casa Bianca, un aiutino economico da parte dell’ex colonnello del KGB.
E invece niente, giusto una convocazione al Copasir e un servizio di Rai3 da strappare la pelle alla Cosa dei Fantastici Quattro.
Più che i film di James Bond, le spy stories in cui sono coinvolti Conte e Salvini, pessimi portatori di smoking e di tute da sub, ricordano i film di James Tont, «agente 007 e ½ del servizio segreto di Sua Maestà», interpretati da Lando Buzzanca nei primi sessanta (quando i nostri politici non erano sempre delle aquile, anzi non lo erano mai, o molto raramente, ma almeno si sforzavano di sembrare persone dignitose e sapevano, come le nostre nonne, che la forma è sostanza).
Miracolati da elettori dadaisti e imprevedibili, che come li hanno fatti possono disfarli in qualsiasi momento, il presidente del consiglio e l’ex ministro degli esteri hanno un’opinione esagerata di se stessi. Quindi possono avere seriamente pensato di potersi sedere al tavolo del baccarat col perfido Le Chiffre, come 007 in Casino Royale, o di potersi misurare a golf con Auric Goldfinger.
Non dico che l’abbiano fatto, anche se lo credo fermamente, ma possono averci pensato. Intendiamoci: forse la devozione di Conte per Padre Pio e l’amore per la Nutella di Salvini sono delle coperture.
Può darsi che siano agenti provetti. Forse ci sbagliamo giudicandoli dei clown. Forse Gigi Di Maio, se cadesse in una trappola di servizi segreti stranieri, saprebbe dirci se si tratta di servizi cileni o venezuelani senza confondersi

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Diego Gabutti

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