Riportiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 25/10/2019, a pag. 119, l'articolo di Irene Bignardi dal titolo "Quando Hollywood accolse i geni in fuga da Hitler".
Ben Urwand, The Collaboration: Hollywood's pact with Hitler
Mentre Leni Riefenstahl esaltava la disciplina nazista e inventava un nuovo modo per raccontare le Olimpiadi, Marlene accettava l'invito a Hollywood del suo pigmalione Josef von Sternberg, incantato dalle gambe dell'Angelo azzurro. Il cinema tedesco aveva prodotto negli anni dopo la prima guerra mondiale capolavori come Il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene (1920), Nosferatu di Friederich Murnau (1922) e Metropolis (1927) di Fritz Lang. Tutto è ben raccontato in un saggio di Siegfried Kracauer: Cinema tedesco dal Gabinetto del dott. Caligari a Hitler, 1918-1933, per anni introvabile ma ora disponibile. Con gli anni 30 e la percezione di quello che stava per succedere, molti registi tedeschi emigrarono a Hollywood. Oltre a Sternberg, della poderosa squadra di cineasti facevano parte fra gli altri: Fritz Lang e Otto Preminger ed Ernst Lubitsch. II risultato di questa grande fuga ha prodotto titoli indimenticabili da Ninotchka (1939) a Vogliamo vivere (1942). Nel 1940, a guerra esplosa, uscì in Germania, Süss l'ebreo di Veit Harlan. Il film, commissionato e prodotto da Goebbels, racconta la storia di un ebreo, Süss, che in un paese della Germania imbroglia, tortura e tormenta i suoi concittadini. Il film è una calunniosa fantasia della propaganda antisemita, e anticipa la tragedia dei campi di concentramento. Himmler ne ordinò la visione ai membri del le SS e della Gestapo. Nel dopoguerra il regista Veit Harlan venne processato per crimini contro l'umanità, ma assolto dopo tre processi e il cinema tedesco per un po' scelse il silenzio. Harlan trascorse gli ultimi anni della sua vita in Italia e morì a Capri nel 1964. Scrisse un'autobiografia, Im Schaffen meiner Filme, apparsa postuma nel 1966. Mentre prende spunto dal libro di Kracauer il documentario di Rüdiger Suchsland Hitler's Hollywood del 2017 dove il regista esplora stile e messaggi del cinema tedesco dal 1933 al 1945.
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