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Il Messaggero Rassegna Stampa
21.10.2019 Da giovedì in libreria 'Il ciarlatano' di Isaac B. Singer
Recensione di Matteo Collura

Testata: Il Messaggero
Data: 21 ottobre 2019
Pagina: 21
Autore: Matteo Collura
Titolo: «'Il ciarlatano' di Singer capolavoro in anteprima»
Riprendiamo dal MESSAGGERO di oggi, 21/10/2019, a pag.21, la recensione di Matteo Collura con il  titolo " 'Il ciarlatano' di Singer capolavoro in anteprima". sul libro "Il ciarlatano, di Isaac B. Singer, da giovedì in libreria.

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Matteo Collura

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La copertina

Non lasciatevi influenzare dalla bruttezza della copertina e leggete Il ciarlatano, romanzo di Isaac Bashevis Singer appena stampato da Adelphi in prima edizione mondiale. Una vera squisitezza letteraria, questo libro, che l'autore premio Nobel nel 1978, pubblicò a puntate sul quotidiano newyorchese in lingua yiddish, Forverts, tra il dicembre de11967 e il maggio del 1968 (ricaviamo queste notizie dalla nota al testo di Elisabetta Zevi). La storia narrata è simile ad altre cui Singer ci ha abituati: una girandola di disavventure familiari e di catastrofi esistenziali vissute da polacchi ebrei rifugiatisi negli Stati Uniti per sfuggire al criminale progetto nazista che vuole ogni ebreo d'Europa al sicuro sotto qualche metro di terra. E se sono riusciti a raggiungere la "terra promessa" americana, questi sventurati profughi non hanno parole dolci per la potenza russa in guerra contro Hitler, e difatti non perdono occasione per dire che Stalin non è meglio di lui. Fulminante l'inizio: «Appena arrivati dicevano tutti la stessa cosa: l'America non fa per me. Ma poi, a poco a poco, si sistemavano, e non peggio che a Varsavia».

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Isaac B. Singer

DIASPORA Si sono sistemati, un po' di questi ebrei della diaspora, nella New York della fine degli anni Trenta e l'inizio dei Quaranta. E tra di loro non fanno che rubarsi i mariti o le mogli, non fanno che imprecare contro il destino per averli fatti così come sono, vale a dire soggetti alle soffocanti prescrizioni della Torah e alle sue contraddizioni. Non fanno che tentare di fregarsi ,l'uno con l'altro (vendendo, per esempio, quadri falsi); oppure, per vincere la solitudine e combattere in qualche modo il marchio di origine che li riguarda, mettere a disposizione del primo arrivato e appena conosciuto, le loro fortune economiche costruite in anni di geniale intraprendenza. A New York, la città dove si fa tutto di corsa (persino morire, dice uno dei personaggi del romanzo), gli individui immaginati da Singer vivono come in un immenso spazio urbano dedicato alla tortura, al tormento psicologico di chi ha lasciato in Polonia la propria terra, e in molti casi i propri mariti o le mogli, i propri figli, senza averne più notizie. Nella magnifica traduzione dall'inglese di Elena Loewenthal (ma Singer scrisse questa storia in yiddish, come sue altre), il turbinio di vicende narrate è tale da far dire, chiuso il libro, che i guai vissuti da ognuno di noi non sono che piccoli fastidi. I personaggi che compaiono ne Il ciarlatano sono sulla graticola giorno e notte, in fuga da tutto, terrorizzati da tutto. Vite drammatiche, vissute al limite della sopportabilità; eppure, narrativamente create con un gusto del grottesco, addirittura del comico, che stupisce. Una grande commedia, questa di Singer, tutta giocata sulla psicologia degli individui, sui loro drammi esistenziali. A tratti, leggendo, si sorride anche, nonostante i suoi personaggi siano quelli che ho cercato di descrivere. Seguiamo in questo brano il maggiore protagonista (e lo dico maggiore perché i protagonisti sono diversi): «In bagno vide nella vasca tino scarafaggio che cercava di arrampicarsi sulla ceramica bianca ma continuava a scivolare. Il suo primo impulso fu di schiacciarlo, si trattenne. Milioni di ebrei e di non ebrei erano assoggettati alla brutalità dei più forti, proprio come quello scarafaggio. Hertz era per quell'animale quello che i nazisti e i bolscevichi erano per gli ebrei. 'Lo salverò!' decise. 'Farò anch'io qualcosa di buono. Magari un giorno questa buona azione giocherà a mio favore'. Strappò un pezzo di carta igienica, vi fece salire lo scarafaggio e lo buttò per terra. 'Sei destinato a vivere', disse all'insetto, 'ma non riprodurti troppo...'»

LA PROSA Magnifica, secca, efficace nelle descrizioni di ambienti e situazioni, la scrittura. Eccone un altro esempio: «In quel tardo pomeriggio il caldo era soffocante, la strada era cotta dal sole. I marciapiedi erano disseminati di giornali spiegazzati, anche se erano dello stesso giorno. L'aria puzzava di benzina. Un lezzo rovente saliva dalle griglie della metropolitana, come da un crematorio sotterraneo. Le gomme delle automobili stridevano. I passanti si trascinavano stanchi, gli uomini con le camicie stazzonate, i vestiti delle donne fradici. Un aeroplano solitario solcava il cielo di latta. Accanto a un chiosco decorato con erba finta e noci di cocco, qualcuno si rinfrescava bevendo una bibita ghiacciati. I venditori dei giornali gridavano di città bombardate, paesi distrutti, eserciti sconfitti...» È una straordinaria metafora dell'impotenza degli esseri umani, questo romanzo, della debolezza che li porta a cercare Dio. «'Un mistero', continuava a ripetersi Hertz. 'Gli uomini cercano di capire Dio e le sue azioni, ma non sanno nemmeno spiegarsi quel che accade nel loro piccolo mondo. Appena qualcosa esce dall'ordinario, sono completamente persi'». E in questa storia un bel po' di cose escono dall'ordinario.

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