Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/10/2019, a pag.22, con il titolo "Ecco perché l'Italia non blocca la vendita di armi alla Turchia", il commento di Raphaël Zanotti; da LIBERO, a pag. 1-11, con il titolo "Non portiamoci in Europa i tagliatori di teste", il commento di Maurilio Ronchetti.
L'Italia è seconda al mondo - dopo gli Usa - per vendita di armi alla Turchia. Di Maio ha annunciato che questa vendita verrà sospesa, non ha specificato però che varrà solo per le commesse future. Quelle già previste dai contratti attualmente in vigore non vengono toccate. Il risultato è che l'Italia continuerà a fornire al regime di Erdogan armi per un valore che nel 2018 è stato di 368 milioni di euro. Per capire che cosa sia la dittatura islamista turca è utile leggere l'articolo di Maurilio Ronchetti su Libero, che riporta quello che fanno i militari turchi nei confronti dei prigionieri kurdi anche la decapitazione per quelli uccisi. Ma che bravo il nostro ministro degli esteri!
Ecco gli articoli:
Luigi Di Maio
LA STAMPA - Raphaël Zanotti: "Ecco perché l'Italia non blocca la vendita di armi alla Turchia"
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato che la vendita di armi alla Turchia sarà sospesa, ma solo per le commesse future. Quelle in atto continueranno, salvo una fumosa «istruttoria» sul pregresso. La legge 185/90 prevede la sospensione o la revoca di tali vendite nel caso di Paesi acquirenti in stato di conflitto armato, per esempio gli attacchi ai curdi, ma questo non avviene. Perché? Ricordiamo alcuni dati per capirlo: nel 2018 siamo stati il secondo Paese da cui Ankara ha acquistato armi finite (più di un quarto di quelle acquistate, prima di noi solo gli Usa). Nel rapporto Ue 2017 siamo il primo fornitore di munizioni alla Turchia per un valore di 55,8 milioni di euro. Dal 2013 al 2018 la nostra vendita di armi alla Turchia è aumentata di 30 volte: da un valore di 11,4 a 368,3 milioni di euro. Ecco il perché di certe cautele.
LIBERO - Maurilio Ronchetti: "Non portiamoci in Europa i tagliatori di teste"
Bombardamenti turchi nel Kurdistan siriano
Un commando composto da militari regolari di un esercito della Nato si lascia filmare con piacere mentre alcuni armigeri si piegano sui caduti. I soldati turchi agiscono con calma sicura da macellai. Via la testa dei curdi. La impugnano. La lanciano facendola cozzare sui sassi della loro patria, il Kurdistan-Rojava, che difendevano dall'invasione di forze preponderanti. Non schizza sangue. Si compie un rito di barbarie propagandistica su chi giace dopo aver combattuto con onore. Non lo si mette su una pira, non lo si seppellisce. Si separa la testa dal corpo, si ha paura del segreto di queste teste. Ho scritto: «morti con onore». Onore in queste guerre? La guerra fa schifo sempre. Ma vorremmo avere mani forti e delicate di angeli per ricomporre quei corpi lacerati con pietà e ammirazione. L'orrore è impotente certe volte, anche se squartai corpi, nulla può nel profondo. I curdi e i cristiani Ira loro e con loro lo sanno. Morte dov'è il tuo pungiglione? C'è chi ha impresso sui volti morti qualcosa di immortale e inviolabile persino quando sono violati. Chiunque se guarda bene può vedere quasi una patina fluorescente osservando la resistenza dei curdi e il martirio dei cristiani siriani, che non difende nessuno. Non noi, almeno; noi no.
LA COMPLICITÀ Lo Stato che ha inviato le sue truppe per annientare un popolo è ancora adesso tutelato da una missione di 130 militari italiani addetti alla contraerea sul confine turco con la Siria: se ci fosse una improbabile reazione siriana all'aggressione ottomana dovrebbero abbattere i "cattivi" filo-curdi. Non ci si crede, ma è così. Si abbia il pudore di ritirarli. Non dico di girare i cannoni dall'altra parte, sarebbe un suicidio. Ma fare i bagagli, portarsi via le armi, questo è il minimo. Come possiamo considerare amico e alleato un Paese oggi guidato da un dittatore liberticida come Erdogan? L'analisi geopolitica dice che il Sultano turco vuole creare uno stato islamico largo trentacinque chilometri ai suoi confini, popolandolo dei 3,6 milioni di rifugiati sunniti siriani, e annientando o costringendo alla fuga in Iraq i due milioni di curdi e cristiani caldei e armeni che oggi vi abitano dopo aver sconfitto l'Isis e Al Qaeda, a suo tempo addestrati nei campi turchi e giordani, allestiti dagli americani, purtroppo anche da agenti dei servizi italiani. Noi qui accusiamo certo i tagliatori di teste da qualsiasi parte militino. Ma se questi lavorano per la Nato cioè per noi, al diavolo loro o al diavolo la Nato. Se non agiamo con scelte alla Churchill e ci limitiamo alle dichiarazioni con la mano sul petto, allora spostiamole pure più in basso. Di certo l'onor patrio ma anche il semplice decoro se ne fuggiranno da noi come da zombi imputriditi dalla inettitudine. Il disonore non è solo di chi decapita, ma di chi lascia fare. C'è di mezzo anche la sicurezza nazionale. Il riformarsi di uno Stato islamico protetto dai turchi (il secondo esercito della Nato) e tollerato da americani e russi sarebbe una spada di Maometto più che di Damocle non sulle teste curde, le hanno già tagliate, ma sulle nostre.
LA BARBARIE Lo sappiamo: i curdi possono essere detestati, un tempo, cent'anni fa, furono il braccio del Sultano delle scorrerie genocide contro gli armeni; ma nessuno ha mai negato loro il riconoscimento di essersi riscattati come chi offre la vita per difendere qualcosa di più prezioso del tirare a campare, e muore osando l'impossibile. Qualcuno dirà che tagliare il capo al nemico morto e lanciarlo come una boccia è una consuetudine feroce delle guerre di ogni tempo. Talvolta la si infilza e innalza su una picca. Forse è così. Ma qualche volta, ed è questa, bisognerebbe non solo per giustizia ma anche per interesse italico, bloccare l'avanzata della barbarie. Quale soluzione? Come fermare questa invasione devastatrice del Nuovo Califfo? Le sanzioni non servono. Colpiscono il popolo invece del governo, che ha buon gioco nel manovrare la propria gente. Erdogan va fermato militarmente in Rojava. Servirebbe una forza di interposizione europea. Figuriamoci. L'Europa? L'Europa fa ridere. Gli darà altri soldi, vedrete. Speriamo ci pensino i russi. Altrimenti non finisce qui. Giostrerà ancora con il suo esercito e la sua capacità di ricatto. Non basta l'indignazione se essa diventa alibi per l'ignavia.
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