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Il Foglio Rassegna Stampa
15.10.2019 Antisemitismo in Germania: non basta simpatizzare per gli ebrei morti, serve proteggere quelli vivi
Commenti di Benjamin Weinthal, Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 15 ottobre 2019
Pagina: 2
Autore: Benjamin Weinthal - Giulio Meotti
Titolo: «L'antisemitismo è una malattia psicologica? - 'La Germania simpatizza per gli ebrei morti, non per i vivi'. Parla Broder»
Pubblichiamo l'analisi di Benjamin Weinthal dal Jerusalem Post del 12.10.2019 dal titolo "L'antisemitismo è una malattia psicologica? ". A seguire il pezzo pubblicato oggi sul FOGLIO, a pag. 2, con il titolo " 'La Germania simpatizza per gli ebrei morti, non per i vivi'. Parla Broder", in cui Giulio Meotti rielabora gli stessi contenuti elaborati da Weinthal nel suo articolo sul Jerusalem Post.

Ecco gli articoli:

L'antisemitismo è una malattia psicologica?
Analisi di Benjamin Weinthal


(Traduzione dal Jerusalem Post del 12.10.2019 di Anna Della Vida)

Risultato immagine per benjamin weinthal JPost

Benjamin Weinthal

Accusare Israele di crimini in un processo di proiezione psicologica, al fine di eliminare la colpa patologica associata all'Olocausto, ha una lunga e sgradevole storia nella Germania post-Shoah. Due filosofi ebrei tedeschi hanno redatto quello che forse è l’esempio migliore per radicare l'antisemitismo contemporaneo nella categoria della psicologia sociale: uno studio scientifico di come pensieri, sentimenti e comportamenti delle persone possono essere influenzati dalla presenza reale, immaginata o implicita di altre persone. Theodor W. Adorno (1903-1969) e Max Horkheimer (1895-1973) hanno formulato la teoria dell'antisemitismo come difesa-colpa per spiegare le risposte tedesche post-1945 alla Shoah. Questa teoria sostiene che il senso di colpa patologico che ne deriva fa sì che i tedeschi si comportino di fatto contro gli ebrei. In parole povere, affermano che i tedeschi sono immersi nel senso di colpa a causa dei crimini contro l'umanità commessi direttamente o indirettamente da loro stessi o dai loro familiari e trasferiscono la colpa sugli ebrei per eliminare le loro emozioni distorte. Un rapporto del governo federale tedesco del 2017 ha rivelato che il 40% dei tedeschi è tuttora antisemita, quasi 33 milioni di tedeschi - circa il 40% della popolazione di 82 milioni - sono infettati da antisemitismo, trasferendolo in successione nell'odio per lo Stato ebraico. Secondo lo studio, questi milioni di tedeschi concordano con la seguente dichiarazione: "Sulla base delle politiche di Israele, posso capire gli antisemiti”. Accusare Israele di crimini in un processo di proiezione psicologica - al fine di eliminare il senso di colpa associata alla Shoah - ha una storia lunga e sgradevole nella Germania contemporanea. Questo significa che una grande numero di tedeschi soffre di una sorta di follia collettiva? Rispondere a questa domanda è doveroso. L'autore e giornalista ebreo-tedesco Henryk M. Broder, che ha scritto esaurientemente su questo fenomeno, ha descritto accuratamente il mix tossico di colpa patologica della Shoah mischiato e un ardente desiderio di distruggere Israele. In un articolo su Die Zeit che scrisse nel 1981, si rivolse così ai tedeschi: "Siete ancora i figli dei vostri genitori. Il vostro ebreo oggi è lo Stato di Israele. " Le componenti socio-psicologiche dell'antisemitismo contemporaneo sono approfondite meglio delle spiegazioni rozze sulla Shoah . Prendiamo l'esempio del giornalista di Der Spiegel, strenuamente anti-israeliano, Jakob Augstein, ha affermato che la politica israeliana nei confronti della Striscia di Gaza, controllata dall'organizzazione terroristica Hamas, è paragonabile a un campo di concentramento. Augstein ha scelto la parola tedesca Lager per descrivere Gaza, un termine che può essere tradotto semplicemente come un "campo" per i prigionieri, ma che i tedeschi spesso associano ai campi di concentramento del periodo nazista. DENIZ YÜCEL è un importante giornalista tedesco-turco, imprigionato nel 2017 dal governo islamista turco con l'accusa di spionaggio e rilasciato dopo poco più di un anno. Nel 2013 ha scritto sul giornale di sinistra Die Tageszeitung : “Augstein esprime tutto ciò che definisce l'antisemitismo contemporaneo, dalla preoccupazione maniacale-ossessiva verso Israele alla colpa unilaterale che fa apparire Israele come un incendiario globale; da un'onnipotenza attribuita a Israele (o alla "lobby ebraica" negli Stati Uniti) a fantasie sul caos cui Israele starebbe contribuendo; a formulazioni che consentono di stabilire una connessione analogica tra la politica israeliana e il nazionalsocialismo tedesco; all'affermazione che gli stessi ebrei sono colpevoli di antisemitismo al punto di accusare Israele di trarre profitto dalla Shoah” Yücel ha osservato che questa visione antisemita del mondo di Augstein è “espressa con la certezza di non poter essere accusata di antisemitismo, convinto dell’esistenza di un diritto umano che consenta di odiare Israele e formulata con l'atteggiamento di chi pronuncia una verità venendo ugualmente perseguito." La fusione tra l'antisemitismo di sinistra con l'antisemitismo alimentato dalla difesa dal senso di colpa, è un amalgama straordinariamente pericoloso, perché la stragrande maggioranza della sinistra tedesca ritiene di essere al di sopra della mischia, di rimanere così immune dalle accuse di alimentare l'odio anti ebraico. Nel descrivere come Augstein - un giornalista di sinistra - attribuisce la colpa a Israele, Yücel usa il termine tedesco schuldzuweisungen - un termine che in linguaggio legale significa "remissione di colpa". Tutto ciò dimostra come un giornalista post-Shoah (Augstein è nato nel 1967) possa adattarsi perfettamente alla descrizione delle malattie mentali di Adorno e Horkheimer, catalogate e definite dalla psicologia sociale. La loro teoria era limitata alla sola Germania. La cosiddetta "critica di Israele" è diventata a lungo un passatempo nazionale in Germania e, si potrebbe sostenere, in tutta l'Europa occidentale. Cosa motiva l'intenso e sproporzionato interesse dei media tedeschi, l'attenzione politica e sociale e le critiche nei confronti del conflitto territoriale israelo-palestinese, paragonato al contrario alle oltre 100 altre controversie di confine in tutto il mondo? Una nuova generazione di accademici, sociologi, psicologi e psichiatri dovrà dedicare molta attenzione a questa onnipresente forma di antisemitismo per comprenderla e combatterla. La prevalenza dell'antisemitismo quale difesa dal senso di colpa in tutta l'Europa occidentale, in paesi che furono complici nella esecuzione della Shoah, solleva la domanda: l'Europa può essere curata? Il filosofo marxista-esistenzialista francese Jean-Paul Sartre, come i suoi contemporanei Adorno e Horkheimer, ha cercato di fondere il marxismo con il lavoro psicologico di Sigmund Freud. Sartre scrisse: “Non credere mai che gli antisemiti siano completamente inconsapevoli dell'assurdità delle loro risposte. Sanno che le loro osservazioni sono superficiali ... ma si divertono, perché è il loro avversario che è obbligato a usare le parole in modo responsabile, poiché crede nelle parole ... A loro piace persino giocare , danno spiegazioni ridicole , screditano la serietà dei loro interlocutori. Si dilettano nell’essere in malafede, dal momento che cercano di non persuadere partendo da argomentazioni solide, ma di intimidire e sconcertare. " La logica contorta dell'antisemita, seguendo l'esempio di Sartre, non si presta facilmente a una metodologia della ragione. L'antisemitismo è un fenomeno straordinariamente subdolo. Per tornare alla domanda principale di questa analisi - se l'antisemitismo è una malattia psicologica - dipende dalla particolare maniera in cui si manifesta la scelta su come affrontarlo.

IL FOGLIO - Giulio Meotti: " 'La Germania simpatizza per gli ebrei morti, non per i vivi'. Parla Broder"

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Giulio Meotti

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Davanti alla sinagoga di Halle

Roma. “Nie wieder?”, titola lo Spiegel di questa settimana, mettendo in copertina una stella di Davide bucherellata. I colpi sono quelli contro la sinagoga di Halle da parte di un neonazista, Stephan Balliert, che ha lasciato a terra due morti fra i passanti e un bilancio che sarebbe stato molto più tragico se le porte della sinagoga non avessero retto all’assalto (era Kippur e la sinagoga era piena). Nie wieder significa mai più. Numeri impressionanti. “Nella sola Berlino, oltre mille incidenti antisemiti nel 2018, il 14 per cento in più rispetto all’anno precedente. Quasi 75 anni dopo la fine dell’Olocausto, gli ebrei che celebrano Kippur in sinagoga devono temere per la propria vita”. I rabbini sono attaccati a Berlino, Monaco e Amburgo. A Colonia, il rabbino non usa i mezzi pubblici per sicurezza. A Hemmingen, vicino Hannover, una anziana coppia di ebrei ha trovato lo zerbino bruciato e sulla porta la scritta “ebreo”. A Bamberg sul muro di un ponte: “Non comprare dagli ebrei”. In una column al vetriolo pubblicata da Welt, Politico e Business Insider, Mathias Döpfner, l’amministratore delegato del gigante dei media Axel Springer (possiede anche la Bild, il quotidiano più venduto), ha dato voce a tutto il pessimismo possibile. Döpfner attacca la segretaria della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, che ha definito Halle come una “sveglia”. “Rappresenta simbolicamente una cultura politica perseguitata dagli eufemismi”, scrive Döpfner. “C’è una mancanza di volontà di chiamare le cose con il loro nome. Invece, si nasconde o minimizza. Le élite politiche e mediatiche dormono il sonno dei giusti e del politicamente corretto. Hanno paura di disturbare la pace?”. Altro che sveglia, secondo Döpfner è “il fallimento sistemico della società aperta”. Eccoli i colpevoli secondo il magnate dei media: “Le politiche sui rifugiati, una forza di polizia troppo debole e mal equipaggiata, una pubblica amministrazione e un sistema giudiziario inattivi, un’élite politica che rifiuta di affrontare la realtà, dei media che troppo spesso descrivono come dovrebbero essere le cose invece della situazione così com’è”. Il finale è disarmante: “Non voglio vivere in un paese in cui le persone rimproverano i propri vicini per non riuscire a separare la spazzatura, ma guardano dall’altra parte quando i propri concittadini vengono assassinati a causa del colore della pelle o perché sono ebrei”. Nie wieder? non ha più molto significato. Henryk M. Broder, columnist della Welt e intellettuale ebreo, è la coscienza tedesca sull’antisemitismo, almeno dal 1981, quando in un articolo per la Zeit si rivolse così ai tedeschi contemporanei: “Siete ancora i figli dei vostri genitori. Il vostro ebreo oggi è lo stato di Israele”. “Oggi dicono che l’antisemitismo è Auschwitz”, dice Broder al Foglio. “Quello che è successo alla sinagoga di Halle ricorda il 1938, ma quando si dice che l’antisemitismo è sinonimo di Auschwitz tutto quello che accade oggi perde di importanza. C’è un desiderio inconscio nella Germania di vedere l’Iran finire il lavoro, la prossima Shoah. E’ infantile essere sorpresi dall’antisemitismo, perché l’antisemitismo è parte del dna tedesco”. Sì, ma a Halle è stato un neonazista ad attentare per la prima volta mortalmente alla vita degli ebrei, mentre in Francia sono stati gli islamisti. “Non è vero che è la prima volta”, ci dice Broder. “Negli anni Sessanta e Settanta in Germania ci furono attacchi mortali contro gli ebrei lanciati dalla banda Baader-Meinhof e dall’intelligence libica. Destra, sinistra, islamismo, tutto si tiene qui, e le autorità tollerano slogan antiebraici, come ‘Hamas Hamas ebrei ebrei al gas’, e roghi di bandiere israeliane. Non pensavo che Halle sarebbe mai successo. Ma la società di oggi ha una grande simpatia per gli ebrei morti, mentre fatica a lottare per gli ebrei vivi”.

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