Clerical chic, il fascino irresistibile dei papisti da salotto
Commento di Diego Gabutti
Papa Bergoglio
Agli anticlericali, che un tempo avevano il loro bersaglio perfetto nell’ingerenza tra culture religiose e potere politico, l’uno e le altre piegate a sistema di controllo dei comportamenti collettivi come nelle distopie letterarie, rimane ben poco da masticare (almeno all’apparenza) da quando sul trono di San Pietro siede un papa progressista, e anche un po’ carioca, tra Castro e Perón. Passato al bucato della teologia della liberazione, l’antico oscurantismo clericale, fondato sulla retorica del peccato e sulla paura dell’inferno, si è trasformato in un moderno oscurantismo chic, fondato sulla demagogia pauperista, sull’ambientalismo patinato, sul terzomondismo (e filoislamismo) da rotocalco engagé. Rubare è peccato, ma il moderno clericalismo non ha esitato ad alleggerire il suo più antico nemico, il laicismo «de sinistra», delle sue povere briscole: il populismo ringhioso, il falso sdegno, il welfare spericolato, persino la spregiudicatezza dei costumi.Ringraziamo il cielo che al laicismo vero sia impossibile rubare la misura, l’equilibrio e la passione per la libertà (per quanto la Democrazia cristiana delle origini, ai tempi di Don Sturzo e di De Gasperi, un mezzo tentativo l’abbia fatto, non completamente fallito). Da parte dei moderni clericali, per quanto rinati, non c’è dunque da temere il peggio: il furto d’identità liberale. Un moderno papista non ha semplicemente modo di passare per libertario, salvo che in caricatura, naturalmente (come quando le alte, altissime gerarchie della chiesa, nell’illusione d’épater le bourgeois ostentano modi popolari, abiti dimessi e scarpe scalcagnate, oppure straparlano, urlando e smaniando,d’«ultimi» e d’«immigrati» in gergo modernista pop da talk show televisivo). Come il papismo d’antan, anche il clericalismo moderno, per sua natura illiberale, non conosce la moderazione: dio o il diavolo, con me o contro di me, guerra ai palazzi e pace alle capanne,papis meou barbarie.Svaporata la sinistra novecentesca, tramontate le sue infelici favole sociologiche, dal ruolo del proletariato ai miracoli dell’economia pianificata, restano le sue frivolezze,l’erre blesa di chi abbraccia solo buone cause e il birignao bigotto dei puri «de core»,che il clericalismo ha prontamente raccolto e subito vantato come propri. Morale: dal pulpito cattolicissimo, che soltanto cinquant’anni fa tuonava contro gli anticoncezionali e il divorzio, che intimava il vade retro al rock’n’roll, che condannava i lussuriosi alle fiamme dell’inferno e comandava ai devoti di votare DC, siamo passati al bacchettonesimo di sinistra, a Repubblica quando non addirittura al Fatto quotidiano, al moralismo tarocco e persino all’illuminismo da barzelletta (stile Eugenio Scalfari che sfoggia per lungo e per largo la sua stramba erudizione da liceo classico anni trenta). Ieri il clericalismo guerreggiava contro Darwin e il Big Bang mentre oggi è diventato «scientista».
Nel senso che, se continua a diffidare dell’evoluzione e immagina il Big Bang come una sorta di mortaretto esploso dall’Onnipotente in una notte di San Silvestro cosmica,strizza l’occhio ai NoVax e ai cultori delle scie chimiche. Esattamente come la sinistra depressa, anche il papismo si pronuncia cioè per le pseudo scienze, che sono poi le antiche superstizioni e ubbie religiose sub specie delirio e paroloni. Sono tempi insoliti e, se si vuole confutare e avversare il clericalismo, non c’è che andargli dietro. Anche l’anticlericalismo, che un tempo combatteva le madonne pellegrine, le apparizioni e visitazioni elettorali, le leggi sessuofobe, le guarigioni miracolose e altri bersagli classici, si è dovuto aggiornare. Mentre i papisti cambiavano cavallo, passando dal culto della Madonna Nera di Częstochowa all’abbraccio dell’Avana con Raúl Castro, cioè da una tecnica di manipolazione all’altra, anche gli anticlericali hanno cambiato pelle, attrezzandosi per le battaglie che si profilano. Finita (o quasi) l’età delle tradizionali ingerenze confessionali, è iniziata l’età delle nuove ingerenze papaline, governate da nemici altrettanto malevoli e grotteschi: i clerical chic (altezzosi, «gretisti», metafisicamente corretti).
Diego Gabutti
Già collaboratore del Giornale (di Indro Montanelli), di Sette (Corriere della Sera), e di numerose testate giornalistiche, corsivista e commentatore di Italia Oggi, direttore responsabile della rivista n+1 e, tra i suoi libri: "Un’avventura di Amedeo Bordiga" (Longanesi,1982), "C’era una volta in America, un saggio-intervista-romanzo sul cinema di Sergio Leone" (Rizzoli, 1984, e Milieu, 2015); "Millennium. Da Erik il Rosso al cyberspazio. Avventure filosofiche e letterarie degli ultimi dieci secoli" (Rubbettino, 2003). "Cospiratori e poeti, dalla Comune di Parigi al Maggio'68" (2018 Neri Pozza ed.)