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Deborah Fait
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Inaugurazione del Museo Yad vaShem 16-03-05
Si aggiravano, i capi di stato e i dignitari del mondo, con aria un po' imbarazzata per le sale del Museo Yad vaShem celebrando, attraverso il nostro ricordo, la loro vergogna.

I grandi del mondo, con il segretario dell'ONU Kofi Anan in testa, sono venuti a Gerusalemme per l'inaugurazione del nuovo Museo della Shoa', una galleria di 180 metri sospesa come una lancia e incastonata nella montagna sopra Gerusalemme, ideata dal grande architetto israeliano Moshe Safdie:

"Per non rovinare il panorama di Gerusalemme ho voluto tagliare la montagna e costruire dentro di essa il Museo".

Una ferita nella montagna, una ferita al cuore di Israele, una ferita che durera' fino alla fine del mondo.

Guardavano, ascoltavano, leggevano i capi di stato e ministri di quegli stessi paesi che avevano dato la caccia agli ebrei solo 60 anni fa, si fermavano davanti ai vagoni, alzavano gli occhi per guardare la cupola coperta di volti, i volti delle vittime che si riflettevano in uno specchio d'acqua.

"Ogni uomo ha un nome" ha scritto la poetessa Zelda Mishkovsky, tutti, le vittime e i carnefici, tutti hanno un nome e nei computer del Museo se ne possono leggere gia' piu' di tre milioni, gli altri entro un anno.



Alla fine della visita ha avuto inizio la cerimonia di inaugurazione e tutti i capi di Stato, i ministri, i dignitari del mondo, in piedi e a capo scoperto, nonostante il vento freddo della sera gerosolimitana, hanno ascoltato l'Inno Nazionale di Israele, la Speranza. HaTikvah.

E' sempre una grande soddisfazione vedere i capi di Nazioni dove spesso si nega il diritto di Israele ad esistere, starsene in piedi e ascoltare col dovuto rispetto l'Inno Nazionale Ebraico.

Davanti ai loro occhi stupefatti si sono susseguite le immagini tragiche dei campi della morte, degli arresti, dei bambini, un milione e mezzo di bambini ebrei.

"Israele e' l'unico postro al mondo dove gli ebrei possono difendere se stessi" Ha ricordato Ariel Sharon al Mondo la' rappresentato.



"La Shoa' non e' stata la bestialita' degli uomini contro altri uomini. No, la Shoa' e' stata la bestialita' dell'uomo contro gli ebrei. Gli ebrei non sono stati uccisi perche' erano esseri umani. Agli occhi dei loro assassini essi non erano umani ma ebrei".

Cosi' ha detto Elie Wiesel, con fatica, quasi in un sussurro, poi ha piegato sul petto il suo volto tragico di sopravvissuto.

Ogni ruga di quel volto e' un urlo di disperazione del bambino che era quando ad Auschwitz aveva sentito i singhiozzi di vergogna del padre che gli aveva rubato una crosta di pane ammuffito o quando aveva visto la mamma e le sorelle morire nel gas o quando, davanti a tre bambini impiccati perche' avevano tentato di scappare, aveva sentito dietro di se' una voce chiedere "dove e' Dio?" e un' altra voce rispondere piano "Dio e' morto".



Due ore intense di dolore urlato attraverso i filmati e le fotografie e le testimonianze, due ore di canti tristissimi, di lacrime inghiottite, di tensione.



"Mai piu'" ha detto il Presidente Katzav.

"Mai piu'" ha detto Ariel Sharon.

"Mai piu'" ha detto Elie Wiesel

"Mai piu'"



Alla fine della Cerimonia, la canzone "Yerushalaim shel Zahav-Gerusalemme d'oro", inno d'amore alla Capitale di Israele, poi l'immagine bellissima della fine della Galleria che, da buia dolorosa ferita incastonata come una lancia nel cuore della montagna, si apre alla luce del panorama sottostante, che e' l'unica grande e miracolosa risposta alla Shoa':

Gerusalemme, Israele, il Sionismo.

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