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Gentilissima Signora Fait, ho letto l’intervista del 29 settembre a Mons. Pizzaballa, Amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ed il relativo commento redazionale di IC. Mi permetto tre osservazioni: A) I negoziati in corso fra Santa Sede e Stato di Israele cui l’intervistato accenna sono quelli previsti dall’Accordo del 1993 con il quale furono allacciate le relazioni diplomatiche ed aventi ad oggetto lo status giuridico ed il regime fiscale delle istituzioni cattoliche in Israele. San Giovanni Paolo II, infatti, decise di sottoscrivere l’Accordo Fondamentale (che consta di pochi articoli, in massima parte ‘di principio’) senza attendere di raggiungere il consenso sulla definizione di tali aspetti pratici, molto importanti per la vita della comunità cattolica. Dell’accordo sullo status giuridico delle istituzioni cattoliche non so se sia mai stato raggiunto, ratificato ed attuato. Il trattamento fiscale è tuttora oggetto di trattative sul cui contenuto nulla è mai trapelato, sicché non si può affermare che la Santa Sede chieda l’esenzione da tributi di tutti i beni ecclesiastici, anche ad uso commerciale. La reazione dei Patriarcati latino, ortodosso ed armeno all’iniziativa del Municipio di Gerusalemme, nel febbraio 2018, di esigere il pagamento di imposte mai prima addebitate alle istituzioni religiose scaturì dalla volontà di difendere lo status quo che governa le relazioni fra pubblici poteri e confessioni religiose (e tra le confessioni cristiane fra loro, per vari aspetti): status quo che, naturalmente, verrebbe consensualmente superato, per le istituzioni cattoliche, dalla firma dell’accordo sul regime fiscale. B) Quanto all’osservazione di Mons. Pizzaballa sullo status quo (eredità ottomana), non è “perfidia” da parte sua dire che è uno stato di tregua e non di pace e che si deve mirare a relazioni riconciliate, nelle quali l’altro non sia sentito come una minaccia (minaccia reale, nel caso del terrorismo, ma anche minaccia più o meno consciamente percepita, per effetto della dolorosa eredità della storia). Status quo è anche, fra i tanti esempi, il divieto per gli ebrei di pregare sul Monte del Tempio: è forse giusto? C) Il “legame peculiare” fra Stato di Israele e popolo ebraico è, naturalmente, quello che risulta dalla Dichiarazione di Indipendenza di Israele e che l’anno scorso è stato codificato in un’apposita legge fondamentale israeliana; è un dato di fatto storico ed inoppugnabile, ma comporta anche delicati problemi nei rapporti con le minoranze non ebraiche, che assommano al 21 o 25% dell’intera cittadinanza (secondo come si considerano i famosi ‘altri’ delle statistiche demografiche) ed i cui componenti a volte si sentono considerati come singoli immigrati naturalizzati su base individuale, con tutti i diritti civili e politici, ma senza radici nel Paese, come se io ottenessi la cittadinanza estone. Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa, Rispondo volentieri alle sue osservazioni punto per punto: A) Dal 1993 a oggi è passata tanta acqua sotto i ponti, Israele ha vissuto terrorismo e ha avuto migliaia di morti. Nonostante tutti i nostri problemi di sicurezza, La comunità cattolica in Israele vive la vita più tranquilla del mondo, un vero paradiso, e sarebbe giusto che Mons. Pizzaballa pensasse ogni tanto anche alla non-vita che i cristiani sono costretti a fare nei paesi arabo-islamici ( compresi ANP e Gaza) dove vengono ammazzati come mosche, e dimostrasse un po' di riconoscenza. Israele chiede alla Santa Sede una sola cosa: di pagare le tasse sulle attività commerciali, come fanno tutti in questo paese. Se non sbaglio, a meno che le cose non siano cambiate, il Vaticano non vuole pagare le tasse nemmeno in Italia, mi riferisco alla quota ICI che da anni Roma chiede di regolarizzare senza successo. In Israele il trattamento fiscale è ancora oggetto di trattative proprio perché la Chiesa si rifiuta di pagare quello che deve. B) La perfidia c'è tutta e consiste nel non voler mai riconoscere come vivano bene i cristiani in Israele, come siano rispettati e protetti. Israele è uno stato, non una cosa aleatoria dove ognuno può fare quello che vuole. Uno stato ha delle leggi e chi vi abita deve rispettarle, se non lo fa ne subisca le conseguenze. C) Lo Stato di Israele e gli ebrei non hanno un legame peculiare! Questa è una ignobile cattiveria. Israele e il popolo ebraico sono l'uno la logica conseguenza dell'altro, sono un tutt'uno. Gli ebrei non sono ospiti in Israele, sono quelli che lo hanno creato oggi come 4000 anni fa. Quindi Monsignor Pizzaballa poteva evitare questa orrenda insinuazione. Lui vive in Israele, stato sovrano del popolo ebraico e a Gerusalemme sua capitale. La legge fondamentale di Israele non crea nessun problema alle minoranze dal momento che niente è cambiato e ogni cittadino di questo paese, sia ebreo, cristiano, islamico, bahai, druso, ateo o chiunque altro, gode di ogni diritto civile e politico purchè ne rispetti i doveri. Le radici uno se le crea se si sente tutt'uno con il paese dove vive senza pretendere trattamenti di favore in base alla religione che professa. Un cordiale shalom |
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