L'Arabia Saudita avverte sul rischio iraniano, mentre continua la guerra in Yemen Commenti di Giordano Stabile, Daniele Raineri
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Giordano Stabile - Daniele Raineri Titolo: «Bin Salman avverte l'Occidente sull'Iran: 'Fermatelo, o il prezzo del petrolio schizzerà' - L’Arabia Saudita ha appena preso una botta pazzesca dagli yemeniti»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/10/2019, a pag.11 con il titolo "Bin Salman avverte l'Occidente sull'Iran: 'Fermatelo, o il prezzo del petrolio schizzerà' " il commento di Giordano Stabile; dal FOGLIO, a pag. 4, l'articolo di Daniele Raineri "L’Arabia Saudita ha appena preso una botta pazzesca dagli yemeniti".
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Giordano Stabile: "Bin Salman avverte l'Occidente sull'Iran: 'Fermatelo, o il prezzo del petrolio schizzerà' "
Giordano Stabile
Mohammed Bin Salman
Il prezzo del petrolio potrebbe arrivare a livelli «inimmaginabili» se il mondo non fermerà l'Iran. L'avvertimento arriva dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, il principale avversario nel Golfo della Repubblica islamica. Ma suona anche come un richiamo contro una guerra aperta, che avrebbe conseguenze devastanti per l'economia mondiale. Mbs ne ha parlato in un'intervista all'americana Cbs, in occasione del lancio mondiale del turismo in Arabia Saudita, una delle riforme della sua Vision 2030. Bin Salman ha puntualizzato come nel Golfo venga prodotto il «30 per cento dell'energia mondiale e il 4 per cento del Pil». Se «tutto ciò» venisse bloccato ci sarebbe «il collasso dell'economia globale, e non soltanto dell'Arabia Saudita o dei Paesi mediorientali». L'intervista è la prima presa di posizione dopo gli attacchi alle infrastrutture petrolifere saudite del 14 settembre, che hanno tagliato il 5% della produzione mondiale di greggio. Sono stati rivendicati dai ribelli sciiti Houthi, ma Washington e Riad considerano responsabile Teheran. Mbs non ha però calcato la mano contro gli ayatollah. Si è anche detto disposto a una «soluzione politica» della guerra in Yemen, dove da quasi cinque anni la coalizione sunnita guidata da Riad è alle prese con i guerriglieri sostenuti dall'Iran. Poi ha affrontato il passaggio più difficile, l'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, scomparso nel consolato saudita a Istanbul lo scorso 2 ottobre. «Mi prendo la piena responsabilità – ha detto – in quanto leader dell'Arabia Saudita, e in special modo perché l'omicidio è stato commesso da impiegati del governo». Ha però negato di aver ordinato l'assassinio, commesso da un commando di 19 persone, 11 delle quali sono adesso a processo. Il caso Khashoggi resta una macchia agli occhi dell'opinione pubblica occidentale. Le intercettazioni turche e della Cia mostrano che fra le persone coinvolte c'è anche Saud al-Qahtani, il più stretto consigliere del principe, che finora è sfuggito alle accuse. E l'ombra di Khashoggi è riapparsa nei giorni scorsi per la morte in circostanze poco chiare del generale Abdulaziz al-Faghem, capo delle guardie del corpo di Re Salman. Sarebbe stato ucciso «per motivi personali» durante una lite nella casa di un amico a Gedda ma rumors insistenti parlano di un fallito attentato. Al-Faghem si sarebbe sacrificato per evitare che re e principe ereditario venissero colpiti. Tanto più che ieri è emerso come un'altra guardia, Faisal Al-Shuaibi, sarebbe deceduta lo stesso giorno.
IL FOGLIO - Daniele Raineri: "L’Arabia Saudita ha appena preso una botta pazzesca dagli yemeniti"
Daniele Raineri
Roma. L’Arabia Saudita in questi giorni ha subito una sconfitta militare pesantissima in casa propria. Il gruppo yemenita Ansar Allah, l’Esercito di Dio, quindi la forza armata aiutata dall’Iran che spesso viene indicata sui media come “ribelli houthi” anche se ormai controlla metà dello Yemen da quattro anni, ha superato il confine ed è entrata nella regione saudita del Najran e a partire dal 25 agosto ha aggredito le forze saudite con risultati disastrosi – per gli aggrediti. In questi giorni gli yemeniti hanno fatto uscire le immagini dell’operazione, chiamata inevitabilmente “La Vittoria che viene da Dio”, e in effetti si vedono centinaia di prigionieri sauditi marciare con le mani dietro la testa e decine di mezzi corazzati, alcuni dei quali acquistati dagli Stati Uniti, in fiamme. E’ probabile che il comunicato di Ansar Allah gonfi molto il successo sul campo e per esempio parla di duemila prigionieri e di tre brigate saudite che si sono arrese dopo essere state circondate. Ma il significato politico-militare è molto chiaro. Dopo quattro anni di raid aerei e di guerra a terra e a dispetto di un blocco navale, le forze che combattono contro Ansar Allah e che sono armate, sostenute e appoggiate dai sauditi e fino a poco tempo fa da un altro peso massimo del Golfo, gli Emirati Arabi Uniti, non riescono a prevalere e anzi sono costrette a incassare sconfitte umilianti. E’ il fallimento di quell’asse saldissimo che si è creato tra il principe Mohamed bin Salman nella capitale saudita Riad e il clan di Donald Trump a Washington. Bin Salman di questa guerra è l’ideatore e il grande sponsor, ma non riesce più a uscirne. Non soltanto non vince, ma da due anni Ansar Allah ha cominciato a lanciare missili balistici contro bersagli sauditi e compie anche incursioni terrestri che durano settimane, come questa che ha appena prodotto video e immagini così dure. Il comunicato di Ansar Allah per rivendicare questa vittoria è molto dettagliato e molto diverso da quello usato per annunciare il bombardamento due settimane fa delle raffinerie saudite – in cui anche il numero dei droni era sbagliato, gli yemeniti dicevano “dieci” quando invece fu usato un misto di missili cruise e di droni carichi di esplosivo che provocò almeno diciassette punti di impatto contro i bersagli. In quel caso, è successo che Ansar Allah ha dato copertura diplomatica a un’operazione che in realtà è stata organizzata e lanciata dall’Iran. Se c’è un senso in questo ultimo mese di guerra, è che c’è una degenerazione progressiva e sempre più veloce della situazione in quel quadrante.
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