'Storia senza perdono', di Walter Barberis Recensione di Ernesto Ferrero
Testata: La Stampa Data: 30 settembre 2019 Pagina: 28 Autore: Ernesto Ferrero Titolo: «Shoah, la memoria è importante ma da sola non basta»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/09/2019, a pag. 28, con il titolo "Shoah, la memoria è importante ma da sola non basta", l'analisi di Ernesto Ferrero.
Ernesto Ferrero
La copertina (Einaudi ed.) e l'autore Walter Barberis
Non si è mai tanto parlato di memoria come in questo tempo appiattito su un presente confuso, senza bussole e senza vera memoria. La si invoca come un amuleto salvifico, come un esorcismo fai-da-te in grado di restituire una coscienza civile ai troppi che non l'hanno mai avuta, ai giovani che se la devono formare e alle moltitudini acquattate nella «zona grigia», che non vogliono essere disturbate. La memoria è importante, ma da sola non basta. È stato Primo Levi a ricordarci che è uno strumento «meraviglioso ma fallace», che tende a raccontarsi le cose un po' come vuole. Non si fidava nemmeno della propria, e fino all'ultimo l'ha sottoposta a continue, stringenti verifiche. Le cose poi si complicano quando il dovere della memoria investe l'interpretazione di una catastrofe come la Shoah, cioè di un fenomeno estremamente complesso che mette in discussione la natura profonda dell'Homo sapiens. Perché abbiamo dovuto attendere la fine degli anni 50 per cominciare a farci seriamente i conti? Quali rimozioni, complicità e persino ragioni di Stato sono intervenute a depistare, lenire, sopire? E perché e in quali modi dobbiamo continuare l'investigazione e trasmetterla a chi verrà, ora che l'età dei testimoni diretti si sta concludendo? È a questo tema che uno storico come Walter Barberis, da sempre sensibile alle ricadute etiche del suo mestiere, dedica il suo nuovo libro, Storia senza perdono (Einaudi, pp. 90, € 12). Memoria e storia non sono la stessa cosa, ci ricorda Barberis, anche se l'una viene spesso intesa come sinonimo dell'altra. La memoria fornisce tracce, indica delle piste di indagine. La storia deve risolvere il caso, identificare i colpevoli, svelarne i moventi. Non dobbiamo diffidare del testimone ma nemmeno accogliere le sue parole come le uniche in grado di spiegare. Anche perché si è verificato il fenomeno imprevedibile delle millanterie e dei falsi testimoni (Javier Cercas ha raccontato un caso esemplare nel suo L'impostore). Ma possono tornare utili persino le testimonianze degli aguzzini, perché illustrano dall'interno meccanismi abietti. L'ultima cosa da fare è invocare il perdono e l'oblio. Una società, e tanto più quelle assai malandate di oggi, ha tutto da perdere dall'occultamento di un passato efferato. Ma si sa: la Storia, quando è buona storia, è un'ottima maestra. Sono gli uomini a essere dei pessimi allievi, diceva già Gramsci.
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