Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 28/09/2019, a pag.13, con il titolo "Difenderò l'Afghanistan come voleva mio padre. I talebani? Decide il voto" l'intervista di Fausto Biloslavo a Ahmad Massoud
Ahmad Massoud, 30 anni, figlio del leggendario «leone del Panjsher» ucciso da al Qaida nel 2001
Fausto Biloslavo
Ahmad Massoud, classe 1989, sembra il padre da giovane. Viso affilato, barba curata, naso pronunciato, capelli corvini e inseparabile pacul, il copricapo di lana del leone del Panjsher. Ahmad Shah Massoud, il leggendario comandante afghano che ha combattuto contro sovietici e talebani, è stato ucciso nel 2001 da due terroristi di al Qaida travestiti da giornalisti. Il giovane leone, il «predestinato» come lo chiamano nella valle del Panjsher, vuole continuare la battaglia del padre.
I talebani torneranno a Kabul?
«Il popolo non ha nessuna voglia che un gruppo estremista ricominci a controllare il paese. Pensano di tornare a Kabul? Che vengano pure, ma devono accettare prima di tutto la democrazia. Se vogliono conquistare il potere possono farlo unicamente attraverso il voto».
Il negoziato con i talebani è stato interrotto dalla Casa Bianca.
«Il modo in cui è stato gestito il processo di pace, la segretezza, le trattative dirette fra americani e talebani, senza che le autorità afghane fossero coinvolte, era inaccettabile. Ci siamo opposti a questo metodo, ma non abbiamo mai detto che siamo contro la pace».
Una delle condizioni dei talebani era rinominare l'Afghanistan
«Emirato» al posto di Repubblica. Cosa ne pensa?
«Nessun negoziato o super potenza a cominciare dagli Usa e neppure il governo hanno il potere di cambiare il nome del paese, ma solo il popolo attraverso un referendum. Non accetteremo mai che un accordo di pace, una decisione governativa o straniera trasformi la Repubblica afghana in Emirato».
Cosa pensa delle elezioni presidenziali di oggi?
«Queste elezioni hanno sollevato fin dall'inizio numerosi dubbi. Non penso che saranno libere e corrette, ma spero, almeno, che siano migliori delle precedenti parlamentari».
Il voto avrebbe dovuto essere rimandato per favorire i colloqui di pace. Andare alle urne sia una buona idea?
«Per me la pace ha sempre la priorità rispetto a qualsiasi elezione. Solo la pace può dire la parola fine al bagno di sangue in Afghanistan. Preferisco un voto corretto e libero dai brogli in una situazione pacifica piuttosto che avere, come ora, una elezione fraudolenta, che può creare ulteriore caos».
La soluzione alla crisi del paese è il federalismo o la nascita di due nazioni separate?
«Il decentramento dei poteri in Afghanistan risolverebbe molti problemi. La guerra con i talebani e le rivalità fra i gruppi etnici sono in gran parte causati dall'accentramento del potere. Un sistema federale deve essere portato avanti».
Suo padre aveva previsto l'11 settembre organizzato da Al Qaida. Adesso in questo paese è spuntato pure lo Stato islamico. Il terrorismo dall'Afghanistan può minacciare di nuovo l'Occidente?
«Allora si trattava di Al Qaida e adesso si chiama Isis, ma è la stessa minaccia con nomi diversi. La comunità internazionale deve prestare attenzione e non dimenticarsi del pericolo. Specialmente il mondo islamico dovrebbe mobilitarsi ed emettere una fatwa di tutti i paesi musulmani per sradicare l'ideologia del terrore una volta per tutte».
Sulle sue spalle ha un'importante eredità. Cosa si propone con la fondazione del nuovo movimento «il Sentiero di Ahmad Shah Massoud»?
«L'Afghanistan è sempre più diviso: terrorismo, corruzione, contrasti etnici e religiosi. Mio padre voleva un Afghanistan indipendente, forte e pacifico, dove non si consumino più guerre per procura di altri paesi e soprattutto democratico. Questo movimento è il simbolo di un Afghanistan unito che si batte per un paese pulito, di leader onesti, libero dalla corruzione. Non solo: mio padre ha sempre combattuto e protetto l'Afghanistan dall'invasione straniera e dai gruppi totalitari. Se accadrà di nuovo sono pronto a proteggere il paese raccogliendo la sua eredità».
Le truppe della Nato devono rimanere in Afghanistan?
«Non abbiamo bisogno delle truppe straniere, ma di supporto logistico. Alcuni paesi provano a intimorirci minacciando ripetutamente il ritiro. Se vogliono andarsene che lo facciano. Siamo sopravvissuti al comunismo, al terrorismo e ai talebani. Gli errori compiuti dalla comunità internazionale in Afghanistan negli ultimi 18 anni di intervento sono la vera ragione che ha fatto riemergere i talebani».
Ha mai pensato di venire in Italia?
«Amo l'Italia e mi piacerebbe visitare anche il Vaticano. Vorrei avere l'opportunità di incontrare quest'ultimo Papa, che segue la vera strada di Gesù, che la pace sia con lui».
Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante