Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/09/2019, a pag.20 la risposta a un lettore del direttore Maurizio Molinari dal titolo "La strategia di Trump con l'Iran è un contenimento aggressivo come fecero gli Usa con l'Urss".
Maurizio Molinari
Caro Antonioli, gli Stati Uniti sono una potenza planetaria e in quanto tali hanno interessi talmente estesi da poter apparire a volte in contraddizione. Nel caso specifico, gli Usa hanno l'interesse strategico di difendere le risorse petrolifere nel Golfo Persico – cruciale per la stabilità economica dei mercati – e dunque davanti ad un massiccio attacco dal cielo contro i maggiori impianti dell'Arabia Saudita – la prima nazione produttrice di greggio – hanno raccolto le informazioni dai satelliti arrivando alla conclusione che a lanciarlo non sono stati i ribelli houti dello Yemen bensì l'Iran, probabilmente da una sua base ai confini con l'Iraq. Quando il Segretario di Stato Mike Pompeo afferma che si è trattato di un "atto di guerra" sottolinea come la scelta dell'Iran di adoperare missili e droni per colpire un'infrastruttura strategica dell'Arabia Saudita costituisce una lampante violazione della legalità internazionale e come tale va trattata.
Da qui l'inasprimento delle sanzioni Usa all'Iran, il rafforzamento del loro dispiegamento militare nel Golfo ed anche l'ipotesi di una ritorsione da parte del Paese attaccato, l'Arabia Saudita. a la risposta americana non finisce qui, perché l'intenzione della Casa Bianca non si limita a sanzionare o punire l'Iran con singole misure bensì a sviluppare politiche capaci di disinnescare il pericolo iraniano per l'intero Medio Oriente. D'altra parte Trump ha incontrato il dittatore nordcoreano Kim Jong-il, che possiede un arsenale nucleare e minaccia di usarlo contro gli Stati Uniti, così come durante la Guerra Fredda altri presidenti Usa incontrarono i leader dell'Urss pur considerando il loro arsenale atomico una minaccia diretta all'esistenza degli Stati Uniti e dell'intero Pianeta. Ciò che accomuna quell'approccio negoziale all'Urss, che iniziò con la Conferenza di Helsinki del 1975, ai summit di Trump con Kim ed allo scenario di un possibile negoziato Usa-Iran è la strategia del contenimento. Ovvero, quando l'America si trova davanti ad un avversario dotato di armi di distruzione di massa punta anzitutto a contenerla, affiancando pressioni economico-militari ed un aggressivo negoziato diplomatico, nella convinzione che sia la tattica migliore per ridurre la pericolosità ed aggredire le debolezze della controparte. Si spiega così l'approccio di Trump all'ipotesi di un incontro con il ministro degli Esteri iraniano Zariff o con il presidente Rohani. L'obiettivo Usa è di arrivare a siglare con Teheran un accordo capace di impedirgli tanto di raggiungere l'arma nucleare che di continuare a minacciare i propri vicini, a cominciare da Arabia Saudita ed Israele. La vera differenza fra Trump e Obama è proprio su questo terreno: l'attuale presidente persegue un'intesa con gli ayatollah capace di impedir loro di destabilizzare il Medio Oriente mentre il predecessore nel 2015 firmò un testo che lasciava a Teheran ampi margini di manovra su più fronti, dal programma nucleare al riarmo balistico fino al sostegno per milizie armate all'estero.
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