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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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La Stampa Rassegna Stampa
15.09.2019 Dallo Yemen/Iran attacco all'Arabia Saudita
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 15 settembre 2019
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Attacco con i droni sul petrolio saudita»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/09/2019, a pag.10, con il titolo "Attacco con i droni sul petrolio saudita" la cronaca di Giordano Stabile

in altra pagina l'editoriale di Maurizio Molinari

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Giordano Stabile

La guerra dei droni in Medio Oriente ha toccato un punto di svolta ieri prima dell’alba, quando dieci velivoli lanciati dai ribelli Houthi dallo Yemen hanno raggiunto i più importanti siti petroliferi dell’Arabia Saudita. Un attacco al cuore dell’economia del Regno, condotto da una forza irregolare capace però di dotarsi di un’arma aerea sempre più sofisticata. Alle quattro della mattina, come hanno poi confermato le autorità di Riad, la prima ondata ha bombardato il centro di trattamento del greggio ad Abqaiq, vicino al Golfo Persico. E’ il più importante impianto di questo genere al mondo, in grado di processare 6,8 milioni di barili di petrolio al giorno. Fiamme alte decine di metri si sono levate sull’immenso complesso di tubature e cisterne e hanno illuminato la notte, visibili a chilometri di distanza e riprese con i cellulari dagli abitanti della cittadina. Poco dopo la seconda ondata di droni ha colpito la raffineria di Kharais, duecento chilometri più a Sud. Le squadre anti-incendio hanno lavorato per ore e a metà mattinata Riad ha annunciato che le fiamme erano infine «sotto controllo». Gli impianti non avrebbero subito danni irreparabili ma il danno all’immagine del Regno è molto più grave. Specie alla vigilia della prima quotazione in Borsa del gigante petrolifero di Stato, l’Aramco, proprietario di entrambi i siti. Gli Houthi hanno rivendicato gli attacchi in tarda mattinata, con la massima enfasi. Yahra Sari, il portavoce di Ansar Allah, la loro organizzazione politico-militare, ha precisato che «dieci velivoli senza pilota hanno colpito le raffinerie dell’Aramco dopo una operazione di intelligence molto precisa, con l’aiuto di uomini liberi all’interno del Regno saudita». Gli attacchi, ha ribadito «sono un nostro diritto e continueranno a espandersi» finché i sauditi «colpiranno obiettivi civili nello Yemen, come hanno fatto negli ultimi cinque anni». I ribelli sciiti, sostenuti da Iran e dall’Hezbollah libanese, nonostante un assedio quasi totale sono riusciti a sviluppare un arsenale missilistico e nuovi droni d’attacco, capaci di lanciare granate e missili, oppure di schiantarsi sull’obiettivo con il loro carico esplosivo. A luglio hanno presentato il nuovo Uav-X, con un’autonomia di 1.500 chilometri, capace quindi di raggiungere i siti colpiti ieri, che si trovano a circa 1200 chilometri dallo Yemen. Questo significa che Abqaiq (conosciuta anche come Buqaiq), il cuore della produzione petrolifera saudita, è adesso sotto tiro. Secondo fonti del «fronte della resistenza» sciita, la sua capacità sarebbe stata ridotta da 6,8 a 1 milione di barili al giorno, e ci vorranno settimane per ripristinarla. Se sarà confermato assisteremo a un aumento del prezzo del greggio, che potrebbe passare da 60 a 100 dollari a barile. Ma non basta. Abqaiq si trova ad appena 60 chilometri dalla principale città saudita sul Golfo, Dhahran, un altro snodo strategico dell’industria petrolifera mondiale, dove oltretutto vive un’importante minoranza sciita. E ad agosto i ribelli yemeniti hanno rivendicato un altro attacco all’impianto di liquefazione del gas a Shaybah, al confine con gli Emirati. L’energia del Golfo è insomma nel mirino di quelli che sono diventati un alleato fondamentale dell’Iran. Tanto che in serata il Segretario di Stato Usa Pompeo ha dichiarato: “Chiediamo a tutte le nazioni di condannare pubblicamente e inequivocabilmente gli attacchi dell’Iran. Lavoreremo con i nostri partner per garantire che i mercati dell’energia rimangano ben forniti”. Il presidente Donald Trump ha invece telefonato al principe saudita Bin Salman “per offrire il suo sostegno all’autodifesa dell’Arabia Saudita”.

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