Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/09/2019, a pag. 7, con il titolo "Lotta tra Movimento e Pd per le ultime poltrone. Ressa di nomi tra i grillini", la cronaca di Carlo Bertini.
Esponente di spicco grillino è Manlio Di Stefano, che adesso corre per la riconferma al posto di Sottosegretario agli Esteri, noto per le dichiarazioni contro Israele. Conoscendo la totale ignoranza di Di Maio, sarà Di Stefano a dettare la linea. Manlio Di Stefano è uno dei più scatenati odiatori di Israele in Italia. Continueremo a seguirlo con attenzione, trattandosi di una delle figure rampanti del Movimento 5 stelle, un partito già in partenza schierato contro Israele e la democrazia. Ecco chi è Di Stefano, IC ne ha scritto spesso: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=74798
Ecco l'articolo:
Carlo Bertini
Manlio Di Stefano
Come spesso avviene in questi casi, da quando il Senato è divenuto il Vietnam di tutti i governi, la partita dei sottosegretari verrà usata per puntellare meglio la maggioranza. Che sulla carta conta 162 voti al Senato, al netto dei senatori a vita e dei gruppi minori e senatori spuri che hanno votato la fiducia. Quindi su 42 poltrone, più di venti ai 5stelle, meno di venti al Pd, oltre a Rosella Muroni per Leu (che al Senato conta 4 preziosi voti), verrà dato spazio anche agli esponenti delle autonomie e degli italiani all'estero. Qualche new entry di spicco: per i 5stelle quella di Giancarlo Cancelleri, già candidato governatore in Sicilia, vicino a Di Maio, numero due della De Micheli alle Infrastrutture. E quella di Giorgio Trizzino, medico palermitano, al fianco di Roberto Speranza alla Sanità. Mentre per i Dem rispunta Pierpaolo Baretta all'Economia, in quota Franceschini. Ma c'è un tema enorme, le deleghe pesanti del Mise: Telecomunicazioni ed Energia. Il Pd punta su Antonello Giacomelli e Gian Paolo Manzella. I grillini su Dario Tamburrano, mentre Patuanelli vorrebbe tenere l'Energia. Se verranno spartite, la delega per l'Editoria andrebbe al Pd in capo ad Andrea Martella, coordinatore della segreteria di Zingaretti. Il premier manterrà la delega ai Servizi, il sottosegretario alla presidenza Fraccaro reclama le Riforme (che il Pd darebbe a Roberto Cociancich capo dei comitati per il sì alla riforma Boschi-Renzi).
Problema quote rosa Anche per il "sottogoverno" c'è un problema quote rosa. Nel toto-nomi dei grillini, il gruppo che conta più donne elette, un nome al femminile è quello di Laura Castelli, al Mef. Altre potrebbero esserci ma sono in forse. E non è il solo scoglio. Dario Franceschini e Andrea Orlando per il Pd, Luigi Di Maio e Vincenzo Spadafora per i 5stellle, sono convocati a palazzo Chigi da Giuseppe Conte prima del consiglio dei ministri che oggi dovrebbe dare (condizionale d'obbligo) il via libera alle nomine. Con cui il premier intende blindare il Senato, confermando un ruolo di sottosegretario ad un esponente del Maie (italiani all'estero), forse concedendolo anche ad esponenti delle autonomie, che però sono divisi tra loro.
La ressa in casa 5Stelle Il travaglio nei due partiti va avanti per ore. Nei 5stelle, le rose di nomi chieste da Di Maio alle commissioni parlamentari scatenano un putiferio. Una ressa di autocandidature, al punto che la rosa di cinque papabili della Attività Produttive lievita fino a venti nomi, spendibili per vari dicasteri. Alcune commissioni segnano punteggi accanto ai nomi, altre no, insomma un caos. La Affari Costituzionali produce dodici candidati invece di cinque. Di Maio nel pomeriggio riceve le liste, ma chiede più tempo a Conte per risolvere le grane pendenti. Al Mef la Castelli è insidiata da Villarosa e Stefano Buffagni, che combatte per avere una delega alle società Partecipate, solitamente sempre in capo al ministro. Dal Mise traslocherà al Mit Andrea Cioffi. Alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, agli Esteri, Manlio di Stefano. Per il Viminale spicca la Trenta come viceministro, ma gira anche il nome di D'Uva; per il Lavoro Cominardi, per la pubblica amministrazione, Mattia Fantinati.
Due milanesi vice sono troppi Ma anche tra i Dem la confusione regna sovrana. I renziani, divisi in due correnti (quelli di Giachetti e quelli di Base riformista di Guerini e Lotti riuniti ieri con sessanta parlamentari), lanciano sette nomi: Ascani, Marattin, Cociancich, Fiano, Malpezzi, Margiotta, Dario Stefano. Ma qualcuno gli fa notare che per minoranze si intende anche Maurizio Martina e va fatto spazio pure a loro. Di prima mattina si apre un problema di campanili: due viceministri di Milano, Fiano e Malpezzi, sono troppi, uno deve rinunciare alla casella di vice. C'è pure un caso "regioni rosse", sottostimate rispetto al peso che hanno nel Pd: nelle liste non figurano cognomi da Emilia e Toscana e non va bene. Fatto sta che a sera, i nomi proliferano: da Lorenza Bonaccorsi a Marina Sereni, da Maurizio Martina viceministro a Debora Serracchiani. Per il Mef sono in corsa pure Antonio Misiani e Luigi Marattin. Ma la notte è lunga.
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