18 anni dopo l'11 settembre Al Qaeda vuole colpire ancora Commento di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 11 settembre 2019 Pagina: 1 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Diciotto anni dopo l'11 settembre Al Qaeda prepara la nuova offensiva»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/09/2019, a pag.1-10, con il titolo "Diciotto anni dopo l'11 settembre Al Qaeda prepara la nuova offensiva" la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
La guerra infinita al terrore di Al Qaeda riprende da dove era cominciata, l'Afghanistan. Il clamoroso stop di Donald Trump ai negoziati con i taleban è suonato come un risveglio. Gli studenti coranici hanno negoziato per ragioni tattiche, ma senza mai ripudiare la loro ideologia jihadista. L'11 settembre è stato concepito da Osama bin Laden sotto l'ala protettrice del Mullah Omar. I suoi eredi esaltano ancora oggi la distruzione delle Torri Gemelle, uno «schiaffo in pieno volto all'America». a non è soltanto la sfrontatezza degli interlocutori a spiegare la decisione. Il comando centrale di Al Qaeda si trova ancora fra Afghanistan e Pakistan, in contatto con la Shura di Quetta, il massimo organo esecutivo talebano. Secondo il Counter Extremism Project i taleban continuano a fornire sostegno ad Al Qaeda. Il suo leader, Ayman al-Zahawiri, nel giugno 2016 ha riaffermato l'alleanza al nuovo «emiro» Haibatullah Akhundzada. Ma le montagne afghane, nella visione di Al Zawahiri, sono il punto di partenza per una nuova offensiva mondiale, che oggi conta su 50 mila combattenti sparsi dall'Atlantico all'Himalaya. Al Qaeda era allo stremo dopo l'uccisione di Bin Laden nel maggio 2011, seguita da quelle del propagandista Anwar al Awlaki. Poi è arrivata la primavera araba. Fra il 2012 e il 2013 Morsi, come nota l'analista Bruce Hoffman, «libera migliaia di combattenti qaedisti dalle prigioni egiziane». Sono uomini induriti dalle battaglie su tutti fronti jihadisti degli anni Novanta, «specializzati in terrorismo e sovversione». Al Zawahiri coglie l'occasione. I reduci vengono sparsi ovunque a sostenere le «rivoluzioni» e a trasformarle in jihad. Al Qaeda rinasce in Siria. Al Zawahiri fa tornare in patria dall'Iraq Mohammed al Joulani ("del Golan") per prendere la guida dalla guerra contro Assad. Al Joulani, pure braccio destro di Al Baghdadi, non segue il «califfo» ma la linea di Al Zawahiri: operare in sintonia con le forze locali, evitare attacchi in Occidente per non esporsi alla rappresaglia americana. Il Califfato viene spazzato via. Al Nusra, l'Al Qaeda siriana, resta. Oggi controlla la provincia di Idlib, conta su 20 mila miliziani, preoccupa a tal punto che gli Stati Uniti martellano i suoi centri di comando e nell'ultimo raid, il 31 agosto, eliminano 40 leader. L'altro «successo» di Al Zawihiri è la Somalia. Anche qui Al Qaeda si è adattata alle caratteristiche locali e ha cooptato gli Al Shabaab, che ora ha 9 mila combattenti. Alla stessa evoluzione a favore degli eredi di Bin Laden si assiste nel Maghreb e nel Sahel, dove l'Aqmi è di gran lunga leader fra i gruppi jihadisti. E lo stesso discorso vale per lo Yemen, dove l'Aqpa controlla un quinto del territorio e ha saputo inserirsi nella guerra contro i ribelli sciiti Houthi. Al Zawahiri ha però il problema della successione. A luglio il Pentagono ha confermato la morte di Hamza bin Laden, figlio trentenne del fondatore, «lanciato» come futuro leader in Rete. Prima di lui il successore era stato indicato in Nasir al Wuhayashi, capo dell'Aqap, ucciso da un raid americano nel giugno del 2015. Il nuovo prescelto, Abu Khayr al-Masri ha fatto la stessa fine.
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