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Solo in Medio Oriente…l’attentato di Kfar Azoun Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Kfar Azoun È successo la settimana scorsa. Un buon padre di famiglia israeliano, che vive a Beersheva, decide di andare dal dentista con suo figlio di 17 anni. Piccolo dettaglio: il dentista è arabo ed vive in Cisgiordania. Più precisamente nella zona "B" posta, secondo gli accordi di Oslo, sotto regime misto, ovvero amministrata dall'Autorità Palestinese ma sotto il controllo di sicurezza israeliano. Gli israeliani non sono incoraggiati ad andarci ma non è proibito. Le cure odontoiatriche in Israele sono costose e talvolta è grande la tentazione di andare a farsi curare dall'altra parte, dove puoi trovare professionisti eccellenti. Questo è quel che è successo quel sabato. Padre e figlio arrivano nel villaggio di Kfar Azoun. Se lo hanno scelto, è perché il dentista, che ha studiato in URSS, parla il russo come loro; parte della sua clientela d’altronde proviene da israeliani originari di quella che allora era l'Unione Sovietica. Terminata la visita, si dirigono verso la loro auto, quando un adolescente arabo si ferma davanti a loro e chiede se sono ebrei. Rispondono affermativamente e il giovane si lancia su di loro con un grosso coltello. Il padre è ferito alla mano; caduto a terra, suo figlio riceverà non meno di sei coltellate alla schiena. Attratto dai rumori, il dentista scende precipitosamente, si intromette e chiama l’ambulanza, mentre presta le prime cure al giovane che è gravemente ferito. "Gli ho salvato la vita", dirà in seguito. Le forze dell’ordine e l’ambulanza arrivano, trasportano i due israeliani all'ospedale Meir di Kfar Saba, situato non lontano da lì. Intanto il ragazzo col coltello è scappato per rifugiarsi presso gli uffici dell'Autorità Palestinese nella speranza che non lo consegnino alla giustizia israeliana. Il dentista afferma che intende andare a visitare i suoi pazienti ricoverati e che ha solo fatto il suo dovere. Questa non è l'opinione di tutti. Riceve minacce di morte mentre i social network arabi si scatenano contro "il traditore che ha salvato dei coloni.” E che non si dica loro che Beersheva non è esattamente una "colonia". Nel loro intimo, i palestinesi considerano tutti gli israeliani dei coloni. Inoltre, non hanno mancato di ricordarsi che, chiamando le vittime degli attacchi “coloni”, avrebbero neutralizzato le critiche dei media occidentali, che non possono così trovare nulla da eccepire nell’uccisione di uomini, donne e bambini , compresi i neonati, quando vengono, a torto o a ragione, etichettati come “coloni.” Ma siamo in Medio Oriente e questa storia non sarebbe completa senza alcuni dettagli sorprendenti sul coraggioso dentista che dichiara tranquillamente di non avere paura. Non solo è membro di Fatah – elemento dominante dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina - ma ha trascorso quattro anni nelle carceri israeliane proprio per le sue attività all’interno del movimento.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron". |
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