Riprendiamo da GRAZIA con il titolo "Trenta secondi per Israele", l'analisi di Fiamma Nirenstein.
Fiamma Nirenstein
Se foste una mamma israeliana che in queste ore compra la cartella e i libri per i figli che cominciano il nuovo anno scolastico domenica mattina (qui è sabato il giorno di riposo), avreste in mente un pensiero solo: sarà sicuro mandare i bambini a scuola in questi giorni? I rifugi saranno in ordine? I maestri allenati all'allarme? Nella testa una mamma israeliana ha una strana parola d'ordine, ormai persino troppo consueta: "allarme rosso", tzeva adom. E' la formula che usano gli altoparlanti, le radio, le tv, per annunciare un missile o un altro proiettile esplosivo in arrivo dal cielo. L'anno scorso è capitato, soprattutto al sud da Gaza, migliaia di volte. Spesso il sistema antimissilistico riesce a fermare i proiettili. Ma anche al nord dal Libano e dalla Siria la minaccia è ancora più accurata e sofisticata: gli Hezbollah hanno centinaia di migliaia di missili pronti e puntati. Proprio ieri due droni israeliani sono stati abbattuti e la minaccia di guerra del capo storico degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, vibra nell'aria: "Aspettateci, stiamo arrivando". Israele non si impressione troppo: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha appena invitato, letteralmente, gli Hezbollah a "darsi una calmata". Israele è difesa e pronta a ogni attacco. Ma solo se si difende tutto il tempo, senza un attimo di tregua. Spesso l'avvertimento che dà trenta secondi di tempo per raggiungere il rifugio è sufficiente per ripararsi.
Una casa di Sderot colpita da un missile lanciato da Hamas
Ma sulle strade ci sono edifici distrutti, negli ospedali bambini feriti e traumatizzati per anni, innocenti uccisi. I soldati sui confini sono soggetti a continui agguati a tutte le latitudini. Questa è Israele oggi mentre i giornali e le tv danno l'annuncio dei suoi attacchi in Siria e in Iraq a strutture iraniane, in Libano a quelle degli Hezbollah, a Gaza a Hamas. Un Paese costretto a contenere senza tregua il disegno strategico di distruggerlo con un attacco concentrico ormai pilotato non dai palestinesi, ma dall'Iran, il vero "Stato Islamico", stavolta sciita, a differenza dell'ISIS sunnita. Nella notte di domenica scorsa una grande folla di famiglie di Sderot, vicino al confine con Gaza, si rilassava a un concerto estivo. I bambini ballavano, la gente si godeva il fresco. "Lenzuolo rosso" hanno cominciato a abbaiare gli altoparlanti a tutto volume: "aprite i cancelli, non accalcatevi, raggiungete i rifugi, se non ce la fate buttatevi per terra e copritevi la testa". Le mamme si sdraiavano sui bambini, molti non hanno trovato posto nei rifugi. Nel cielo, brillavano le scie dei missili, stelle cadenti perenni nel cielo di Israele e la fortunosa risposta di "Cupola di acciaio", il sistema che esplode i razzi colpendoli in aria: ma le famiglie sono tornate a casa scioccate e frustrate. La gente di Israele vive una condizione inimmaginabile per un europeo: da una parte la determinazione anche gioiosa di godere di una situazione in cui l'economia, la democrazia, la vitalità di giovani si esprimono, per esempio in un tasso di natalità altissimo, in una quantità di eventi culturali e sociali inusuale, dall'altra la determinazione dura a andare avanti stringendo i denti di fronte a attentati terroristici che ogni giorno falciano giovani coi mezzi più vari, spari, coltellate, travolgimenti di veicoli, mentre sui confini l'attacco si fa sempre più serio. Questo avviene da quando il tentativo dell'Iran di stabilirsi stabilmente sui confini è diventato presenza quotidiana e da quando Hamas e la Jihad Islamica godono dei suoi finanziamenti. La linea di Netanyahu criticata da destra e da sinistra, è quella di evitare qualsiasi scontro che non sia indispensabile, valutare con il Mossad per l'estero e lo Shin Bet all'interno e nei territori palestinesi, quando si deve per forza colpire. Se la tanaglia ha denti acuminati, là Israele deve agire rapidamente per evitare tragedie sue, e di tutta la zona. L'esplosione è dietro l'angolo. Il tessuto dello scontro è apparso al microscopio degli eventi di questi giorni. Da Gaza, il concerto di Sderot veniva attaccato da Hamas che domina Gaza e dalla Jihad Islamica, che è totalmente finanziata e addestrata con soldi Iraniani, mentre i soldi del Qatar, nelle stesse ore in cui Israele sabato notte ha deciso per fermare un micidiale attacco proveniente, invece dal nord. Ii generale delle Guardie della Rivoluzione Iraniane, Qasem Soleimani, il carismatico capo militare di uno Stato religioso basato sulla distruzione di Israele, dopo avere curato la loro preparazione a Teheran, ha fatto portare in volo due hezbollah libanesi a Damasco perchè guidassero il lancio e il volo di un attacco di droni esplosivi su Israele. Un compito molto delicato, vicino all'obiettivo quando Israele ha bombardato il commando ad Aqraba vicino a Damasco. Le identità e i movimenti dei terroristi sono stati registrati e mostrati al pubblico con video stupefacenti: si vedono obiettivi, aeroporti, personaggi in movimento con i pezzi dei droni verso il lancio quando vengono colpiti da Israele. Intanto veniva distrutto a Beirut, nel quartiere di Dahia degli hezbollah (che con l'Iran tengono la postazione della Siria e del confine Libanese) una struttura tecnologica di messa a punto di missili di precisione. Sono subito seguite le minacce di distruzione totale a Israele da parte di Nasrallah che con l' intimidazione tiene prigioniero il governo libanese impedendo ogni mossa di pace e espone i suoi concittadini a tutte le tempeste, comprese le perdite in vite umane in Siria. L'Iran infatti, oltre alla presenza fissa in Libano e a Gaza, al di là dell'impegno di Soleimani per stabilire un confine fisso con Israele a 1000 chilometri di distanza da casa sua, domina la Siria, è una presenza preponderante in Iraq (anche qui Israele distrugge convogli di armi e strutture del fronte sciita), in Yemen combatte tramite gli Houti una battaglia frontale con i mussulmani Sunniti: per la Repubblica Islamica, essi sono ambigui verso l'Occidente, un nemico da battere per stabilire un impero islamico che vada fino in fondo nella distruzione di Israele e nella conquista del mondo. La struttura ideologica iraniana prevede questo: la venuta del Mahdi, ovvero l'era messianica auspicata dal mondo sciita, sarà accompagnata da uno scontro fra le forze del bene e del male in cui la vittoria è sicura. Chi oggi immagina che le aperture di Trump per un colloquio con l'Iran possano diventare un processo di pace, ignora che l'Iran, al fondo, non può accettarne alcuno. Teheran dovrebbe abbandonare l'arricchimento dell'uranio per le sue ambizioni atomiche; lasciare da parte gli attentati contro gli USA, Israele e i loro alleati; smettere di sviluppare i missili balistici di lunga gettata, che poi sono veicoli per la bomba atomica; accettare l'esistenza dello Stato Ebraico; magari smettere di impiccare gli omosessuali, e di perseguitare i dissidenti e le donne. Ma questo non è all'orizzonte. Israele quindi deve affrontare una lunga battaglia guidata dall'Iran. Finchè l'Iran guiderà lo scontro, i palestinesi seguiteranno a pensare che non la trattativa ma il terrore potrà realizzare la loro ambizione di vedere Israele sparire.
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