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La Repubblica Rassegna Stampa
06.09.2019 Repubblica sempre più estrema: pubblica un intervento di Saeb Erekat che invita a criminalizzare e boicottare Israele
Questa è la linea della 'moderata' Anp

Testata: La Repubblica
Data: 06 settembre 2019
Pagina: 34
Autore: Saeb Erekat
Titolo: «Palestina chiama Europa»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/09/2019, a pag. 34, con il titolo "Palestina chiama Europa", l'intervento di Saeb Erekat, presentato come "segretario generale e capo negoziatore dell’Olp".

Saeb Erekat, come vuole il copione dei rappresentanti della "moderata" Anp di Ramallah, demonizza e criminalizza lo Stato di Israele, ritenuto responsabile di violenze di ogni genere contro i "poveri palestinesi". Come se non bastasse, Erekat invita esplicitamente l'Europa ad aderire in blocco al boicottaggio di Israele mosso da BDS, un movimento che vuole isolare lo Stato ebraico in stile nazista. Le parole di Erekat, anche se estreme, non stupiscono: è questa la linea dell'Anp di Abu Mazen. Quello che è grave è che Repubblica pubblichi senza introduzione il suo commento che trasuda odio da ogni riga. E' inoltre ironico che Erekat venga presentato come "capo negoziatore dell'Olp", visto che gli arabi palestinesi - Abu Mazen e Erekat in testa - rifiutano da anni ogni negoziato e qualsiasi dialogo. Sempre più estrema la linea in politica estera del quotidiano diretto da Carlo Verdelli, proprietà famiglia De Benedetti.

Ecco l'articolo:

Risultati immagini per Saeb Erekat
Saeb Erekat

Alla fine del mese l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ricomincerà i suoi lavori: considerando che la pace e la sicurezza del mondo sono il principale scopo di questa organizzazione, non potrà essere una seduta come le altre, di fronte a quello che sta succedendo in Palestina. Le politiche di annessione di Israele, incoraggiate e coordinate dagli sforzi dell’amministrazione Trump per normalizzare i crimini e le violazioni dello Stato ebraico, minacciano di stabilire nuovi precedenti che dissolveranno interamente il concetto di costruzione della pace. Ma il mondo ha ancora tempo per prendere iniziative decise per salvare le prospettive di una pace giusta e duratura. Se avete dubbi su quello che dico, guardate il discorso di Jason Greenblatt, inviato di Trump e nuovo volto della diplomazia statunitense, al Consiglio di sicurezza dell’Onu lo scorso luglio. Le sue parole erano chiare: il diritto internazionale è irrilevante, la legittimazione internazionale inutile e le risoluzioni dell’Onu obsolete. Le sue parole hanno innescato una reazione forte da parte dei rappresentanti europei nel Consiglio, che hanno evidenziato la gravità di questa affermazione. Non è soltanto un esercizio retorico: l’amministrazione Trump ha tradotto il suo profondo disprezzo per il sistema internazionale in azioni concrete. Il riconoscimento della sovranità israeliana su Gerusalemme e le alture del Golan ha stabilito un precedente molto pericoloso di acquisizione di territori attraverso l’uso della forza. Perfino questo pilastro elementare del diritto umanitario internazionale, una lezione appresa dopo guerre combattute proprio per la conquista di territori e sfociate in milioni di morti, poteva essere manipolato ulteriormente. La domanda è: che cosa si sta facendo per affrontare questa situazione?

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Abu Mazen

L’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno riaffermato i principi di riferimento per il buon esito di un processo di pace, e questi principi includono le risoluzioni dell’Onu relative al conflitto israelo-palestinese e la soluzione di due Stati nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale della Palestina, e anche una soluzione definitiva, basata sul diritto internazionale, a tutte le questioni sul tappeto. Questa è anche la posizione ufficiale della Palestina, che rappresenta un’adesione da parte palestinese ai principi internazionali. Ma l’intransigenza israeliana, fondata su una cultura dell’impunità, consente a chi sostiene un regime di apartheid in Palestina di prevalere. Siamo a conoscenza delle comunicazioni pubbliche e private inviate all’amministrazione Trump da varie parti interessate sull’importanza dei principi internazionalmente riconosciuti. Ma non è stato sufficiente a fermare la follia che sta avvenendo sul terreno, con prospettive di una nuova esplosione di violenza. Bisogna prevenire questo scenario. Voglio essere chiaro: fintanto che l’Europa, il maggiore partner commerciale di Israele, continuerà a consentire gli scambi commerciali con gli insediamenti israeliani e la cooperazione fra aziende europee e aziende che hanno sede nelle colonie, Israele non sarà incentivata a fermarsi. I Paesi europei non hanno più scuse per compiere questo passo e assumersi, in parte, le loro responsabilità. E non ci sono più scuse neanche per non mettere al bando i prodotti degli insediamenti e non adottare misure legali e amministrative per impedire il finanziamento delle attività imprenditoriali delle colonie israeliane illegali da parte di aziende che versano soldi a presunte «associazioni di beneficenza». Le aziende europee che lavorano con le aziende degli insediamenti coloniali israeliani non devono essere protette, ma esortate a smettere di essere complici di crimini di guerra. Negli ultimi tre anni stiamo portando avanti una battaglia diplomatica senza precedenti, ma qui non si parla solo di Palestina. Il presidente Abbas ha presentato la nostra visione della pace al Consiglio di sicurezza, dove abbiamo chiesto un impegno multilaterale. Se falliremo, i principi fondamentali del sistema internazionale falliranno con noi. Ma fallire non è un’opzione. Alcuni si chiedono ancora quando si decideranno ad agire. La nostra speranza è che non sia troppo tardi.
Traduzione di Fabio Galimberti

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