Iran nucleare: Macron vuole un accordo a ogni costo, non interessa rovesciare il regime degli ayatollah Cronaca di Giordano Stabile, breve di OR
Testata:La Stampa - L'Osservatore Romano Autore: Giordano Stabile Titolo: «Macron offre 15 miliardi all'Iran: 'Rispetti l'intesa sul nucleare' - Diplomazia internazionale al lavoro per impedire lo strappo di Teheran»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/09/2019, a pag.17 con il titolo "Macron offre 15 miliardi all'Iran: 'Rispetti l'intesa sul nucleare' " il commento di Giordano Stabile; dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, il commento "Diplomazia internazionale al lavoro per impedire lo strappo di Teheran".
Emmanuel Macron vuole "salvare" a tutti i costi l'accordo sul nucleare iraniano voluto da Obama e dall'Europa nel 2015 a Vienna. Per questo ha offerto 15 miliardi a Teheran a patto che il regime faccia marcia indietro sull'arricchimento dell'uranio. In questo modo Macron si piega al ricatto degli ayatollah. OR va oltre, auspicando un compromesso tra Occidente e Iran, cioè una soluzione favorevole al regime fondamentalista sciita, che potrebbe tornare ad arricchirsi grazie alla vendita di petrolio e a scambi economici regolari con l'Occidente. L'obiettivo dovrebbe essere invece rovesciare il regime iraniano, ma questo non interessa al giornale della Santa Sede.
Ecco gli articoli:
Emmanuel Macron - Javad Zarif, Ministro degli Esteri iraniano
LA STAMPA - Giordano Stabile: "Macron offre 15 miliardi all'Iran: 'Rispetti l'intesa sul nucleare' "
Giordano Stabile
La Francia offre 15 miliardi di dollari all'Iran perché ritorni a rispettare in pieno gli accordi sul nucleare del 2015. E' questo il succo di una trattativa che è andata avanti tutta l'estate e che ha visto protagonista Emmanuel Macron. Il patto è arrivato a un passo dall'essere concluso, come hanno fatto trapelare l'Eliseo e la presidenza iraniana dopo il colloquio telefonico fra Macron e Hassan Rohani domenica sera. Lunedì è arrivata a Parigi una delegazione di funzionari dei ministeri delle Finanze e del Petrolio per limare i dettagli. Ma i leader francese e iraniano devono fare i conti con i falchi dell'Amministrazione Trump e gli oltranzisti del regime degli ayatollah. Parigi è rimasta abbottonatissima sull'operazione. Macron ne ha discusso in privato con Trump al summit dei G7 a Biarritz. Ha tentato anche il colpo con l'invito a sorpresa del ministro degli Esteri Jawad Zarif al vertice per aprire la strada a un incontro fra lo stesso Trump e Rohani e chiudere la partita. Il leader americano si è detto disposto ai negoziati diretti ma è stato frenato dal consigliere John Bolton che vuole mantenere «la massima pressione» per far cedere l'avversario. Sull'altro lato la guida suprema Ali Khamenei ha messo il veto sui colloqui e Rohani si è dovuto adeguare. Il presidente iraniano ha posto come condizione, ribadita ancora ieri in un discorso al Parlamento di Teheran, che Washington tolga «tutte le sanzioni» imposte dopo il proprio ritiro unilaterale dall'intesa del 2015. L'effetto delle sanzioni Sanzioni che hanno ridotto dell'80 per cento le esportazioni di petrolio e fatto crollare l'economia. Teheran ha risposto con la ripresa dell'arricchimento dell'uranio oltre i limiti accettati nel 2015. E da venerdì comincerà ad arricchire il combustibile al 20 per cento, un passo minaccioso. Rohani ha però precisato che è pronto a fermarsi se l'Europa «salverà l'accordo». Cioè se permetterà all'Iran di esportare greggio. Il meccanismo europeo Instex, studiato allo scopo, non ha funzionato. E allora Macron ha pensato a una linea di credito, entro l'anno, di 15 miliardi, metà della cifra che gli iraniani incasserebbero con vendite regolari di prodotti petroliferi. Secondo media iraniani, Teheran avrebbe accesso a una quantità di valuta forte in grado di compensare quella bloccata dalle sanzioni all'estero. Ma le banche europee che dovrebbero fornire la liquidità rischiano le sanzioni secondarie americane. La linea di credito ha bisogno del consenso di Washington. Da Trump non è ancora arrivata una risposta. L'alternativa è che la Banca di Francia o la Banca centrale europea si facciano carico del prestito. Una sfida fin troppo aperta agli Usa.
L'OSSERVATORE ROMANO: "Diplomazia internazionale al lavoro per impedire lo strappo di Teheran"
In vista della scadenza di venerdì prossimo dell'ultimatum iraniano sul nucleare, la diplomazia internazionale è al lavoro per impedire lo strappo di Teheran. Senza un'intesa sugli incentivi economici per compensare le sanzioni statunitensi, da venerdì l'Iran metterà infatti in atto la "terza fase" del suo programma di disimpegno dall'accordo siglato nel 2015 con i 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania). Un'intesa abbandonata 16 mesi fa dagli Stati Uniti. La prossima mossa di Teheran potrebbe portare a un ulteriore arricchimento dell'uranio fino al 20 per cento, dopo aver già superato a inizio luglio il limite del 3,67 per cento consentito dal Piano d'azione globale congiunto di quattro anni fa (Jcpoa) e avere sforato in precedenza anche la soglia ammessa di riserve di uranio a basso arricchimento e acqua pesante. Un passo in grado di accorciare di molto la strada verso l'atomica, che però l'Iran ha sempre negato di volere ottenere. Sul tavolo c'è anche l'ipotesi di riattivare le centrifughe proibite dall'accordo. Ma qualsiasi misura — hanno assicurato le autorità di Teheran — sarà comunque reversibile. Riguardo al Jcpoa, le posizioni di Iran e Francia (in prima linea come mediatore in questa fase cruciale) si sono nelle ultime ore molto avvicinate. La chiave per una de-escalation sta nella possibilità di tornare a esportare il petrolio iraniano e riceverne i proventi. Una delegazione di economisti della Banca centrale iraniana, guidata dal vice ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, è a Parigi per cercare di sbrogliare la matassa del metodo di pagamento. Servirà, però, un allentamento delle sanzioni economiche statunitensi contro l'Iran, magari con esenzioni temporanee, come quelle già concesse fino a maggio scorso.
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