'Ti rubo la vita', di Cinzia Leone Recensione di Giorgia Greco
Testata: Informazione Corretta Data: 29 agosto 2019 Pagina: 1 Autore: Giorgia Greco Titolo: «'Ti rubo la vita', di Cinzia Leone»
Ti rubo la vita
Cinzia Leone
Mondadori euro 20,00
La forza delle immagini lascia il posto alla potenza delle parole nell’ultimo libro di Cinzia Leone, giornalista e autrice di graphic novel. “Ti rubo la vita” è una potente saga familiare che intreccia la vita di tre donne Miriam, Giuditta ed Esther fra Europa, Turchia, Egitto, Stati Uniti e Israele spaziando dal 1936, con i pogrom di Giaffa, agli anni Novanta senza dimenticare le Leggi Razziali del 1938. E’ un’identità perduta, calpestata, rubata il filo conduttore che unisce le storie delle protagoniste ciascuna delle quali vivrà drammi e tragedie nel tentativo di riconquistare il diritto a scegliere cosa essere e come vivere. Il libro di Cinzia Leone che si presta a diverse interpretazioni di lettura inizia in modo drammatico. Avrahàm Azoulay commerciante di stoffe ebreo è massacrato insieme alla moglie e alla figlioletta da un gruppo di arabi durante il pogrom del 19 aprile 1936 a Giaffa. Assiste alla carneficina il socio in affari Ibrahim Ozal mercante turco che decide di impadronirsi dell’identità dell’ebreo per raggiungere una posizione sociale migliore e trasformarsi nell’uomo ricco e rispettabile che non è mai stato. Una decisione che ha un prezzo altissimo. Miriam, la moglie mussulmana obbligata a diventare ebrea, non accetta di essere depredata di un’identità che sente forte e si abbandona a un destino tragico mentre la figlia, pur con radici islamiche, crescerà nella fede ebraica e in età adulta abbraccerà il sionismo scegliendo di vivere in Israele lontano dal padre. Nella prima parte del romanzo Ibrahim è una figura centrale dalle mille sfaccettature e non si può non ammirare il talento dell’autrice nel raccontare lo sforzo continuo di quest’ uomo avido di denaro e di potere nel fingersi ebreo in ogni circostanza della vita quotidiana che lo porta da Giaffa a Gerba ad acquisire le tradizioni religiose ebraiche e ad assistere dalla neutrale Svizzera alla guerra che sta devastando l’Europa.
“Ebrea per caso, Giuditta era diventata ebrea a forza: l’abito in cui era nata, i fascisti gliel’avevano cucito addosso e l’avrebbe portato per sempre”. Con Giuditta, la donna cui è dedicata la seconda parte del romanzo, l’autrice ci porta in Italia fra Ancona e Roma all’epoca delle leggi razziali e delle persecuzioni quando per gli ebrei è impensabile condurre una vita normale. Giuditta e il fratello Tobia sono cacciati da scuola, il padre Davide Cohen, commerciante di tessuti e anarchico convinto, viene inviato al confino dai fascisti e per i ragazzi rimasti soli dopo la morte della madre inizia un lungo periodo di peregrinazioni che li porterà a nascondersi prima in un bordello poi presso alcuni contadini nelle Marche che sfrutteranno la situazione per ricavarne un profitto. Ebrea per nascita Giuditta, che non ha mai avvertito l’appartenenza alla religione ebraica, si innamora di un aviere cristiano con il quale si sposerà alla fine della guerra e avrà dei figli che convivranno con una doppia identità, educati alla libertà di espressione da una madre stravagante e ribelle. Esther, la figlia di Giuditta, è la protagonista dell’ultima parte del romanzo ambientata negli anni Novanta in cui si svela anche il nodo che unisce le vite di queste tre donne straordinarie. Il tema dell’identità tenacemente cercata si ripropone anche per Esther, ebrea da parte di madre e cristiana grazie al padre e al battesimo. Per tutta la vita ha cercato di conciliare questo binomio fino all’arrivo di Ruben Pardes, un affascinante ed enigmatico avvocato ebreo che le propone di sposarlo con un matrimonio regolato da un “contratto”. Potrebbe essere la soluzione giusta per Esther? Lasciamo al lettore il piacere di scoprire i legami che uniscono i vari personaggi e che l’autrice rivela con un autentico colpo di scena finale in un racconto dove l’apparenza inganna e dove l’identità occultata si riaffaccia prepotente. Quelle che Cinzia Leone propone nel romanzo sono storie familiari complesse, pervase da eventi oscuri, tradizioni religiose e consuetudini culturali diverse, diversità occultate in cui spiccano i destini incrociati di tre donne indimenticabili accomunate dalla forza, dal desiderio di libertà e dalla tenacia di difendersi dalle insidie della vita per rimanere sempre fedeli a se stesse. Con una scrittura magistrale e un autentico talento nel reggere le fila dell’intreccio Cinzia Leone descrive luoghi ricchi di fascino come la Turchia di Atatürk, inquieti come Israele prima della nascita dello Stato ebraico, drammatici come l’Europa delle persecuzioni razziali a attraverso il vissuto quotidiano dei protagonisti fa emergere la forza dei rapporti umani, le sofferenze della guerra, la speranza nel futuro di chi lotta per i propri diritti e per il rispetto della propria identità. “Ti rubo la vita” è un’opera che richiede un tempo lento di lettura e obbliga a interrogarsi sul significato della Storia e sull’influenza ineluttabile di alcune scelte o azioni sul destino di altre vite.