Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/08/2019, a pag.18 con il titolo "Il presidente Hernandez sposta l'ambasciata a Gerusalemme" il commento di Giordano Stabile.
Complimenti all'Honduras, che ha deciso di seguire l'esempio di Donald Trump e di spostare l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, capitale di Israele. Ogni Paese, a cominciare da quelli europei che a parole si dichiarano amici di Israele, dovrebbero fare altrettanto. A cominciare dall'Italia.
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Il presidente honduregno Juan Orlando Hernandez con Benjamin Netanyahu
Anche l'Honduras riconosce Gerusalemme come capitale di Israele. Il presidente Juan Orlando Hernandez sarà domani in Israele per l'inaugurazione di un "ufficio diplomatico" nella Città Santa. Anche se non sarà chiamato "ambasciata", per il leader dello Stato centramericano ha lo stesso valore. E' un passo finora compiuto soltanto dagli Stati Uniti di Donald Trump e dal Guatemala. Il Brasile di Jair Bolsonaro ha promesso lo spostamento dell'ambasciata da Tel Aviv, ma finora non ha dato seguito all'annuncio. Hernandez ha spiegato in modo esplicito che la decisione rappresenta «il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele». La decisione era stata anticipata, con grande soddisfazione, dal premier Benjamin Netanyahu. La linea inaugurata da Trump E' la stessa linea di Trump, che ha inaugurato la nuova ambasciata americana il 15 maggio dell'anno scorso, in occasione dei 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele. Tre giorni dopo ha aperto quella guatemalteca. Tra i Paesi europei soltanto la Romania ha espresso la volontà di seguire le orme di Trump. Il resto della comunità internazionale resta prudente. Gerusalemme è considerata dall'Onu territorio conteso, e il suo status definitivo dovrebbe essere stabilito in un accordo di pace fra Israele e i palestinesi, che anche la rivendicano come capitale. Per Israele è «capitale unica e indivisibile» e l'intero territorio municipale è stato annesso nel 1980. Proprio lo status di Gerusalemme è uno dei maggiori ostacoli sulla strada verso la pace. L'inviato della Casa Bianca Jason Greenblatt ha detto che il piano americano, «l'accordo del secolo», non sarà presentato prima delle elezioni del 17 settembre. E se neanche stavolta Netanyahu dovesse conquistare la maggioranza è probabile che slitti ancora. L'amministrazione Trump ha modificato il paradigma che reggeva da 25 anni, dagli accordi di Oslo del 1993, e cioè che debba nascere uno Stato palestinese indipendente, a fianco e in pace con quello ebraico. Netanyahu punta a concedere ai palestinesi solo un'autonomia "rafforzata", per di più in una Cisgiordania amputata degli insediamenti ebraici e senza Gerusalemme Est. Il team della Casa Bianca, composto anche da Jared Kushner e dall'ambasciatore David Friedman, deve trovare un compromesso. Ha l'appoggio dell'Arabia Saudita e dell'Egitto ma non quello della Giordania, che vuole salvare i diritti speciali sulla Spianata delle Moschee. Con la Striscia di Gaza in fiamme e il fronte con Hezbollah che si è riaperto, non sarà facile.
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