Israele ha il diritto e il dovere di difendersi
Analisi di Antonio Donno
L’intensificazione degli attacchi dell’aviazione israeliana in vari punti nevralgici del Medio Oriente, attacchi che – si dice – in futuro, probabilmente, si estenderanno anche nello Yemen controllato dagli Houti filo-iraniani ha un significato che scavalca la necessità israeliana di colpire l’Iran e i suoi alleati terroristi in tutte le zone della regione in cui sono collocati i punti di offesa militare contro Israele. Certo, questa intensificazione ha una ragione militare precisa e urgente, al fine di eliminare quelle postazioni che potrebbero rafforzarsi nel tempo e costituire un radicato avamposto per colpire lo Stato ebraico. Ma vi sono anche altre evidenze sul terreno che fanno riferimento alle posizioni politiche di Israele nei confronti degli Stati Uniti e della stessa Russia e che rivestono un’importanza politico-diplomatica di grande significato. Washington, come nei casi precedenti, non ha eccepito nulla sull’intensificazione militare israeliana contro le milizie filo-iraniane; anzi, tutto questo rientra perfettamente nella politica di Trump contro il regime di Teheran. Ben più interessante è la posizione di Putin.
Lo scudo di difesa israeliano e quello dei terroristi al soldo dell'Iran
Il presidente russo ha taciuto sull’accaduto e, quando nel passato ha avuto parole di condanna nei confronti dei raid aerei israeliani, tali parole sono apparse, più che altro, una formalità. Perché? La ragione è nel significato che Putin attribuisce alla compartecipazione di Mosca e Teheran alla gestione attuale di parti strategicamente importanti del Medio Oriente, che vanno oltre l‘iniziale sostegno alla Siria di Assad. Ha un reale significato politico un’alleanza russo-iraniana nel Medio Oriente a lungo termine? Quali sono le ragioni che possono conciliare gli interessi di Russia e Iran in quella regione? Al di là dei motivi di politica di potenza vecchio stile che appaiono essere condivisi dalle due forze, la Russia ha bisogno delle risorse energetiche della regione per rimettere in sesto la sua traballante situazione economica e per avere uno sbocco sui mari del sud, già obiettivo fondamentale all’epoca degli zar. L’Iran, al contrario, al di là delle ragioni religiose (la sconfitta del sunnismo ad opera dello sciismo, un problema plurisecolare), tende a conquistare uno sbocco nel Mediterraneo, cosa che Mosca non potrebbe mai accettare. In realtà, Putin non ha alcuna intenzione di sbarrare la strada alle iniziative militari di Gerusalemme contro le formazioni filo-iraniane, perché l’indebolimento progressivo dell’impegno di Teheran nella regione, anche a causa della crisi economica iraniana causata dalle sanzioni di Trump, fa il gioco del progetto regionale di Mosca. L’intricata situazione mediorientale non ha riscontro in alcuna vicenda storica precedente nella regione. La fine della guerra fredda ha sconvolto lo status quo derivato dagli esiti della seconda guerra mondiale. Il Medio Oriente è sempre stato una regione che, per le sue caratteristiche strategiche ed economiche, ha risentito più di altre della fine del bipolarismo sovietico-americano. Fattori esogeni e fattori endogeni hanno ridisegnato la mappa della regione. Un solo elemento è rimasto immutato sul terreno: la volontà del mondo islamico di distruggere Israele. Certo, ora la questione ha subito mutamenti significativi, ma, allo stesso modo di prima, lo Stato ebraico lotta sempre per la sua sopravvivenza. Per fortuna, dopo gli anni di Obama, che hanno visto l’abbandono della storica alleanza israelo-americana da parte di Washington, con la presenza di Trump alla Casa Bianca l’alleanza ha ripreso e rafforzato i legami precedenti, il che rende Gerusalemme più sicura nella sua strategia di attacco continuo contro le formazioni terroristiche filo-iraniane. Questo dato è di estrema importanza. Mentre nel passato, la reazione delle forze armate israeliane doveva essere concordata con Washington, ora la politica di Trump di contrasto all’Iran consente a Gerusalemme di operare a largo raggio, poiché la sua azione si svolge in accordo con la politica di Trump nella regione. Fin dalla nascita di Israele, nel 1948, non si era mai avuta una sintonia così stretta, dal punto di vista politico e militare, tra Israele e gli Stati Uniti.
Antonio Donno