Di politica, nell’età dei tweet e delle maratone, non c’è più modo – e non è neanche più il caso – di parlare. Come diceva Totò, ci dobbiamo rassegnare. È tutto cambiato. Non c’è più traccia d’idee, e tanto meno di Weltanschauung, o di «visioni del mondo», come si diceva una volta. Al posto delle idee, i talk show, i «giri d’opinione» e le dirette facebook. Un tempo c’erano le segrete stanze, dove grandi giornalisti penetravano con l’astuzia (o con la complicità di qualche talpa) cercando storie da raccontare. Nobili o ignobili, erano storie di politici razionali in un paese razionale, e si ascoltavano con profitto. Oggi Bianca Berlinguer, Enrico Mentana, Giovanni Floris, Corrado Formigli e i loro inviati dalle pubbliche piazze del potere (nemmeno le anticamere delle segreterie, ma i marciapiedi davanti ai Palazzi, e da qualche tempo anche i dehors dei ristoranti adiacenti ai Palazzi) raccontano ciò che passa per politica interpretando gli sguardi, le mezze parole, le malizie, i depistaggi e le battute da osteria di quanti, in mancanza di meglio, oggi passano per potenti. Costoro non hanno idee da difendere né programmi da illustrare. Ma amano fare ciao-ciao con la manina a platee sempre più striminzite (gli ascolti dei talk show politici calano a vista d’occhio, come le percentuali degl’italiani votanti). Esclusivamente di questi ciao-ciao con la manina oggi s’alimentano le cronache politiche. Braccati, microfono alla mano, da cronisti paripatetici che anelano un cenno, una parola, un buongiorno o un buonasera, i grand’uomini della repubblica sorridono, protestano d’avere fretta: «Devo andare, sono atteso, scusate ma proprio non mi posso fermare…» e alla fine «sì, va bene, vi concedo un minuto-ma-un-minuto-solo-che-di-più-è-impossibile» (naturalmente, drogati di ciao-ciao con la manina, sono passati di lì apposta per farsi pregare di rilasciare una dichiarazione, «anche solo telegrafica», come implorano, svergognandosi, i gazzettieri). Ridotte a poche battute di 500 caratteri massimo, anche le interviste si trasformano in tweet. Frasi a effetto, messaggi obliqui, facezie imbarazzanti, parole grosse. A mezzogiorno tweettano una cosa, un’altra alle quattro del pomeriggio, tutt’altra la sera e un’altra ancora a mezzanotte. In una giornata di «maratone» e d’informazione a tambur battente gli «scenari» cambiano ogni cinque minuti (e le banalità dilagano) tra il tripudio degli opinionisti vocianti. Sostituite, come negli incubi del primo Novecento, dal carisma dei leader soi-disant napoleonici e dagli appelli alle masse, oggi anche dai sondaggi Über Alles e dal birignao dei giornalisti eternamente «ospiti in studio», le idee perdono sostanza e – invece di contribuire a immaginare o almeno a descrivere il mondo – diventano ossessioni: le diseguaglianze, la sovranità, «l’onestà-onestà», il popolo, l’accoglienza, «la rete-la rete» e altra fuffa ansiogena. Ciascuna di queste bandiere, a differenza per dire delle bandiere rosse o scudocrociate d’un tempo, non rimanda a niente di preciso e non dice niente di concreto. Sono ubbie e fissazioni, come le fantasie dei nevrotici, e non garriscono al vento, ma pendono flosce dal pennone di salotti televisivi ormai semidimenticati. Signori, l’Italia del 2019: fobie, allucinazioni e chimere. Mentre nel mondo, dove si sbrigano gli affari globali, la grande politica gioca a scacchi, muovendo le torri e gli alfieri su una scacchiera grande come il pianeta intero, da noi i demagoghi carismatici, poco più che scartine di briscola, giocano a rubamazzo nell’indifferenza generale.
Diego Gabutti Già collaboratore delGiornale(di Indro Montanelli), di Sette(Corriere della Sera), e di numerose testate giornalistiche, corsivista e commentatore di Italia Oggi, direttore responsabile della rivista n+1 e, tra i suoi libri: "Un’avventura di Amedeo Bordiga" (Longanesi,1982), "C’era una volta in America, un saggio-intervista-romanzo sul cinema di Sergio Leone" (Rizzoli, 1984, e Milieu, 2015); "Millennium. Da Erik il Rosso al cyberspazio. Avventure filosofiche e letterarie degli ultimi dieci secoli" (Rubbettino, 2003). "Cospiratori e poeti, dalla Comune di Parigi al Maggio'68" (2018 Neri Pozza ed.)