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La Stampa Rassegna Stampa
22.08.2019 Il Talmud di Daniel Bomberg, un capolavoro editoriale del '500
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 22 agosto 2019
Pagina: 27
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Astuzia e tenacia: così Daniel Bomberg stampò il Talmud, aggirando la censura»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/08/2019 a pag.27, con il titolo  "Astuzia e tenacia: così Daniel Bomberg stampò il Talmud, aggirando la censura", il commento di Elena Loewenthal.

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Elena Loewenthal


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Il Talmud di Daniel Bomberg 1519-1548

Quella del Talmud di Daniel Bomberg è una storia assai avvincente, piena di enigmi e colpi di scena: quasi una sofisticata pellicola in bianco e nero, tutta ambientata nella penombra di una antica tipografia. Daniel Bomberg nasce ad Anversa intorno al 1483, figlio di un ricco banchiere cristiano. Diventa mercante, uomo d'affari e antiquario, coltiva gli studi, impara l'ebraico: è naturale per lui approdare a Venezia, che all'inizio del XVI secolo è il centro mondiale tanto dei commerci quanto della neonata editoria. L'invenzione dei caratteri mobili, alla fine del Quattrocento, è stata una rivoluzione strabiliante: la riproduzione dei testi senza bisogno di una mano e di una penna ha cambiato non solo la cultura, ma il mondo intero. Prima di seguire il filo di questa storia vale la pena di gettare uno sguardo dentro la tipografia di Daniel Bomberg, per trovarsi di fronte una scena davvero unica: dotti ebrei ed ebraisti cristiani lavorano insieme al testo, dialogano, si confrontano a dispetto dell'aria che tira fuori. Proprio a Venezia nel 1516 viene infatti inaugurato il primo ghetto della storia. Fra il 1519 e il 1548 Bomberg produce con i suoi caratteri a piombo ben tre edizioni integrali dei 43 volumi del Talmud babilonese, la summa del pensiero d'Israele, l'immenso e disordinato commento alle parole del testo biblico che è il fondamento dell'ebraismo. Ma a quel tempo per stampare qualunque libro ci vuole una censura papale preventiva, come decretato dal papa Leone X nella sua bolla Inter sollicitudines, nel 1515: a maggior ragione per quelli in ebraico, decisamente più in odore di sospetto, eresia, blasfemia. Eppure Daniel Bomberg riesce a produrre senza alcuna censura le sue tre edizioni complete del Talmud, in rapida successione. Come abbia fatto è rimasto un enigma sino a oggi quando, grazie alla recente scoperta in un archivio e a una puntuale ricostruzione filologica che molto deve anche al lavoro del compianto professor Shlomo Simonsohn, lo studioso Angelo Piattelli ha trovato il bandolo della matassa e seguito passo a passo il cammino di Daniel Bomberg e del suo Talmud. Al cuore della storia si trovano l'amicizia e il lungo sodalizio tra il tipografo e Felice da Prato, un ebreo convertito diventato frate agostiniano, coltissimo, di cui si sa poco o nulla. E soprattutto si trova un testo fantasma, di cui nulla si sa se non che Bomberg ottiene il cosidetto «privilegio» papale per poter stampare il suo Talmud - a cui tiene moltissimo perché ne vede le potenzialità sul mercato - a patto di includervi anche un libello antigiudaico che avrebbe dovuto redigere Felice da Prato stesso. In che cosa dovesse consistere questo testo mai scritto non si sa: doveva essere un'invettiva da allegare in appendice ai volumi del Talmud? O una serie di glosse e note che additassero i contenuti «scabrosi», cioè blasfemi, del testo ebraico? Fatto sta che, presumibilmente per ragioni commerciali (i suoi potenziali clienti ebrei avrebbero avuto non poche esitazioni ad acquistare un corpus talmudico, e a caro prezzo, con tali interpolazioni), Daniel Bomberg riesce con tanta diplomazia e un poco di inganno ad aggirare puntualmente i vincoli di censura, trovando sempre delle buone scuse per far uscire il «suo» Talmud senza quella appendice cui a rigore era condizionato il «privilegio» per poterlo stampare: prima Felice da Prato che tardava nella consegna del testo, poi il sacco di Roma con i suoi inconvenienti... Angelo Piattelli ha ricostruito questa storia partendo da una raccolta di documenti venuti alla luce in un archivio privato di Zurigo e prodotti dalla Curia romana nel 1553 per valutare l'opportunità di condannare il Talmud al rogo. Ai fini della discussione, il segretario della commissione andò a fondo della faccenda e copiò dagli archivi vaticani anche i sei privilegi ottenuti da Bomberg fra il 1518 e il 1537, insieme a vari documenti e lettere che raccontano questa vicenda fatta di compromessi e di tenacia, di piccole e grandi manovre, ma anche e soprattutto di una strabiliante lungimiranza tanto commerciale quanto culturale. Il 9 settembre 1553 in Campo de' Fiori a Roma il Talmud andava a fuoco, proprio là dove mezzo secolo più tardi lo stesso destino toccherà a Giordano Bruno. Il Talmud di Daniel Bomberg, in compenso, con la sua storia straordinaria e a tratti rocambolesca, è ancora sugli scaffali di sinagoghe e librerie, ai quattro angoli del mondo.

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