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La Stampa Rassegna Stampa
21.08.2019 Russia: il regime di Putin alleato di Assad, Iran, Cina
Cronache di Giordano Stabile, Giuseppe Agliastro

Testata: La Stampa
Data: 21 agosto 2019
Pagina: 13
Autore: Giordano Stabile - Giuseppe Agliastro
Titolo: «Soldati russi al fianco di Assad. Bombe sui turchi in Siria - Russia e Cina: i missili Usa sono un rischio per la sicurezza»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/08/2019 a pag.13, con il titolo "Soldati russi al fianco di Assad. Bombe sui turchi in Siria" il commento di Giordano Stabile; a pag. 14, con il titolo "Russia e Cina: i missili Usa sono un rischio per la sicurezza", la cronaca di Giuseppe Agliastro.

Ecco gli articoli:

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Vladimir Putin

Giordano Stabile: "Soldati russi al fianco di Assad. Bombe sui turchi in Siria"

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Giordano Stabile

Soldati russi e turchi sono vicinissimi, quasi si guardano negli occhi, nella battaglia di Idlib che ha preso nelle ultime 48 ore un'improvvisa accelerata. Ma non sono dalla stessa parte. Le forze speciali di Vladimir Putin hanno un ruolo decisivo negli assalti notturni che hanno frantumato le linee di difesa dei ribelli a Sud della provincia siriana, e permesso ai governativi di accerchiare ed espugnare Khan Sheikhoun, una delle loro roccaforti meglio fortificate. I militari turchi, arrivati nell'autunno del 2018 per sorvegliare una zona cuscinetto ormai in pezzi, sono finiti intrappolati, e ora Mosca e Ankara cercano una soluzione per tirarli fuori senza incidenti, e senza far perdere la faccia a Recep Tayyip Erdogan. L'intervento in prima persona dell'esercito russo è stato rivendicato lunedì da Putin, nel suo colloquio con Emmanuel Macron. E ribadito ieri dal ministro degli Esteri Serghei Lavrov: «I nostri uomini sono schierati sul terreno», ha spiegato. E ha aggiunto: «La Turchia è stata informata in anticipo dell'imminente attacco contro gli jihadisti. Ha avuto tutto il tempo per prevenire ogni incidente». È il punto di vista russo. Il governo turco è convinto invece che sia stato Bashar al-Assad a violare i patti e lo ha avvertito a «non scherzare con il fuoco», cioè a non mettere in pericolo le vite dei suoi soldati. I due Paesi non hanno relazioni diplomatiche, ma i servizi di intelligence sono in contatto. Anche perché lunedì si è sfiorato lo scontro armato. I jet di Assad, con il consenso russo, hanno bombardato un convoglio turco carico di rifornimenti e rinforzi per i ribelli. Un raid di avvertimento che ha bloccato la colonna poco prima che arrivasse a Khan Sheikhoun. Secondo fonti siriane a un certo punto si sono levati in volo gli F-16 turchi, ma sono stati intercettati e costretti a virare dai Su-35 russi. Ieri un comandante delle forze speciali Nimr, «Tigri», ha avuto toni più concilianti: «Se i soldati turchi al posto di osservazione di Morek vogliono restare, che restino. Se vogliono andar via assicureremo un corridoio sicuro». Il tempo stringe e il rischio di incidenti è alto. A Khan Sheikhoun restano cellule di ribelli jihadisti in un dedalo di tunnel e fortificazioni. Mentre il gruppo moderato Jaish al-Izza, ha ritirato tutti i suoi uomini, gli eredi dell'Al-Qaeda siriana hanno deciso di resistere a oltranza, per rallentare l'avanzata verso Idlib. La campagna è cominciata il 30 aprile e a frenare le forze del raiss finora è stato il terreno difficile e la determinazione degli islamisti che considerano Idlib incedibile, anche perché non hanno altri posti in Siria dove ritirarsi. La Turchia ha lasciato passare armi e rinforzi per impantanare i siriani, ma nelle ultime settimane i governativi hanno cambiato tattica. Sono stati dotati dalla Russia di visori a raggi infrarossi in abbondanza e attaccano di notte, con l'aiuto degli Spetsnaz. I guerriglieri anti-Assad non possono più usare i missili anti-tank, mentre jet ed elicotteri russi li colpiscono 24 ore su 24. Di qui la caduta di Khan Sheikhoun, già colpita da un controverso attacco chimico nell'aprile del 2017 che comportò la prima rappresaglia di Donald Trump contro Damasco. Ora la strada per Idlib è quasi sgombra. A meno che anche i turchi non decidano di entrare in prima persona nella battaglia.

Giuseppe Agliastro: "Russia e Cina: i missili Usa sono un rischio per la sicurezza"


Giuseppe Agliastro

Seppellito il trattato antimissili «Inf», il rischio di una nuova corsa agli armamenti si fa sempre più concreto. Gli Stati Uniti non hanno aspettato molto per sfidare Russia e Cina. Domenica scorsa, cioè neanche tre settimane dopo che Putin e Trump hanno fatto carta straccia dell'accordo, gli Usa hanno testato un nuovo siluro a media gittata: un'arma fino a poco tempo fa proibita dal trattato che 32 anni fa contribuì a mettere fine a decenni di Guerra Fredda. La mossa della Casa Bianca è stata accolta con aspre critiche sia da Mosca sia da Pechino. «Avrà gravi ripercussioni sulla sicurezza regionale e internazionale», ha dichiarato il portavoce della diplomazia cinese Geng Shuang. «Gli Usa evidentemente intendono aumentare le tensioni militari», è invece l'accusa lanciata oltreoceano dal vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov. Il test missilistico americano è stato effettuato al largo della California con «una variante del razzo da crociera Tomahawk». Il siluro - fa sapere il Pentagono - è stato sparato dalla remota isola di San Nicolas e ha colpito un bersaglio a 500 chilometri di distanza. Missione compiuta dunque e ovviamente simili esperimenti balistici potrebbero seguire a breve. Ormai nulla lo impedisce. Washington ha abbandonato definitivamente il trattato Inf lo scorso 2 agosto, dopo mesi di accuse reciproche con la Russia. L'accordo del 1987 vietava i missili nucleari basati a terra con gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri: i più pericolosi, perché in grado di colpire nel giro di pochi minuti. Gli Usa avevano sospeso la loro adesione al trattato già a febbraio accusando Mosca di aver violato i patti con un razzo capace di volare per 2.500 chilometri: il Novator 9M729. Per il Cremlino sono stati invece gli americani a non aver rispettato gli accordi con il loro Scudo missilistico in Europa orientale. Ieri la Russia ha rincarato la dose: il test di un missile a media gittata - ha detto il portavoce di Putin, Dmitry Peskov - dimostra che gli Usa si preparavano da tempo ad abbandonare il Trattato Inf che vietava questo tipo di armamenti. «Diverse settimane e persino mesi non sono sufficienti a preparare un test del genere», ha dichiarato Peskov. Mosca assicura che non schiererà nuovi missili se non lo faranno prima gli americani e che non vuole farsi trascinare «in una costosa corsa agli armamenti» nella quale avrebbe probabilmente la peggio. Per il Cremlino, il «razzo proibito» russo è stato solo un pretesto usato da Trump per abbandonare l'accordo. In realtà, cinque anni fa anche Obama aveva accusato la Russia di violare il trattato, ma l'allora presidente Usa decise di mantenere in piedi quella colonna portante del sistema mondiale di disarmo. Se Trump ha deciso di far morire l'accordo non è solo per le presunte infrazioni russe, ma anche per cercare di frenare Pechino, che non avendo le mani legate da nessun trattato continua a sviluppare il suo arsenale missilistico. Gli Usa adesso sostengono di puntare a un nuovo accordo a tre con Russia e Cina per contenere la proliferazione delle armi. Le tensioni internazionali e le reazioni di Mosca e Pechino al nuovo test missilistico americano fanno però pensare che l'intesa non sia proprio dietro l'angolo. È a rischio anche il New Start: l'accordo che limita le testate nucleari strategiche scade nel 2021.

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