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Il Manifesto - L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
20.08.2019 Iran/Usa: il Manifesto si schiera con gli ayatollah, OR mette sullo stesso piano la più grande democrazia e un Paese criminale
La disinformazione di Michele Giorgio e di un redazionale

Testata:Il Manifesto - L'Osservatore Romano
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Tra Usa e Iran volano minacce. Ma poi Teheran apre al dialogo - La petroliera iraniana lascia Gibilterra»
Riprendiamo dal MANIFESTO, oggi 20/08/2019, a pag. 9, con il titolo "Tra Usa e Iran volano minacce. Ma poi Teheran apre al dialogo", il commento di Michele Giorgio; dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, la breve "La petroliera iraniana lascia Gibilterra".

La disinformazione sui quotidiani comunista e cattolico va a braccetto. Entrambi gli articoli difendono l'Iran degli ayatollah e descrivono gli Stati Uniti come l'elemento di destabilizzazione sullo scenario mediorientale. Il Manifesto, con il solito Michele Giorgio, fin dal titolo fa riferimento al "dialogo", voluto dall'Iran, descritto quindi come un Paese pacifico e disponibile al compromesso. Apparentemente più equilibrato, il pezzo di OR è di fatto altrettanto disinformante perché fa riferimento a un "braccio di ferro" tra Usa e Iran, che dunque vengono messi sullo stesso piano, "dimenticando che da una parte c'è la più grande democrazia del mondo, dall'altra un Paese terrorista e criminale.

Ecco gli articoli:


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L'Iran sempre più vicino al nucleare: ecco perché bisogna fermarlo

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Tra Usa e Iran volano minacce. Ma poi Teheran apre al dialogo"

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Michele Giorgio

Mohammad Javad Zarif ribadisce i punti saldi della posizione iraniana ma non chiude la porta a una possibile ripresa del dialogo con Washington, interrotto da quando Donald Trump è alla Casa bianca.

IERI, DURANTE la conferenza stampa a Helsinki con l'omologo finlandese, Pekka Haavisto, il ministro degli esteri iraniano ha ricordato che Tehran portò avanti «proficui e lunghi colloqui» con l'amministrazione Obama che sfociarono nell'accordo sul programma nucleare iraniano del 2015 (Jcpoa). Ha perciò esortato gli Stati uniti a rispettare quelle intese da cui sono usciti poco più di un anno fa e sottolineato che non è stato l'Iran ad abbandonare il Jcpoa. Potrebbe però farlo ora. La posizione di Tehran è nota: l'Europa deve avviare al più presto un meccanismo per aggirare le sanzioni economiche di Trump o l'Iran abbandonerà i suoi impegni. «(Con Pekka Haavisto) Abbiamo discusso di quello che l'Unione europea deve fare per salvare il Jcpoa e difendere il suo interesse nella libertà di navigazione», ha scritto in un tweet Zarif. Proprio libertà di navigazione e `guerra delle petroliere» restano i punti più scottanti e pericolosi dello scontro in atto tra gli Usa e l'Iran. Tehran ha ammonito gli Stati uniti contro qualsiasi blitz volto a sequestrare la petroliera iraniana Grace 1, ribattezzata Adrian Darya 1, che ha lasciato nelle scorse ore Gibilterra: «Ci sarebbero brutte conseguenze. Se tale azione sarà intrapresa, o anche se sarà solo dichiarata verbalmente e non eseguita, sarà considerata una minaccia contro la sicurezza marittima in acque internazionali», ha avvertito ieri il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Abbas Mousavi. Si è riferito alle voci di un sequestro della Adrian Darya 1 da parte degli Usa dopo la decisione delle autorità di Gibilterra di rilasciare la petroliera fermata il 4 luglio scorso perché sospettata di portare petrolio alla Siria in violazione delle sanzioni europee contro Damasco.

ORA IL REGNO UNITO mette la retromarcia. «In base al diritto europeo, non possiamo fornire l'assistenza richiesta dagli Usa», ha fatto sapere il governo di Gibilterra in risposta alla richiesta di fermo presentata da un tribunale americano sostenendo che la nave fosse coinvolta nel sostegno a presunte spedizioni «illecite» in Siria. L'avvertimento di Mousavi è giunto assieme all'annuncio fatto da Tehran che il sistema di difesa anti-aereo e antimissile Bavar 373, autoprodotto in Iran sulla base del sistema S-300 russo, è pronto per entrare in servizio e per difendere il paese da attacchi aerei e missilistici dei suoi nemici. Le forze armate iraniane diffondono spesso comunicati sullo sviluppo degli armamenti in loro possesso. Non è chiaro però quanto questi progressi potrebbero permettere all'Iran di reggere un possibile, per qualcuno probabile, scontro militare con gli Stati uniti e Israele.

L'OSSERVATORE ROMANO: "La petroliera iraniana lascia Gibilterra"

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La petroliera iraniana Grace ha lasciato Gibilterra nella notte, dopo che le autorità locali hanno respinto la richiesta degli Stati Uniti di mantenere il sequestro della nave. La nave era stata fermata lo scorso 4 luglio con l'accusa di contrabbando illegale di petrolio iraniano verso la Siria — con presunti benefici per il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, indicata dall'amministrazione Trump come organizzazione terroristica — e ciò in violazione delle sanzioni imposte dall'Unione europea nei confronti del regime di Damasco. Nel frattempo la petroliera ha cambiato nome e ha abbandonato la bandiera panamense. Secondo fonti della televisione di stato iraniana, si chiamerà Adrian Darya 1 e isserà la bandiera dell'Iran. Le autorità di Gibilterra hanno spiegato di non potere accogliere la richiesta dell'Amministrazione di Washington in quanto le sanzioni statunitensi contro l'Iran non sono state recepite dall'Unione europea. Il governo di Gibilterra ha spiegato, infatti, che il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha emesso quest'ordine sulla base di sanzioni imposte da Washington a Teheran dopo il ritiro dall'accordo sul nucleare, ma che non state invece reinserite dalla Ue. Per questo, «le autorità di Gibilterra non possono applicare l'ordine di sequestro richiesto, considerate le differenze di attuazione del regime delle sanzioni che esistono tra gli Stati Uniti e la Ue», si legge in un comunicato ripreso dal quotidiano «Gibraltar Chronicle». In particolare, «l'autorità centrale di Gibilterra non può chiedere un ordine alla Corte suprema per fornire l'assistenza richiesta dagli Stati Uniti». L'ambasciatore di Teheran a Londra, Hamid Baeidinejad, ha confermato che la petroliera si trova in acque internazionali dopo 45 giorni di sequestro a Gibilterra. Citato dall'agenzia di stampa iraniana Irma, Baeidinejad ha voluto sottolineare «l'importanza politica, legale e a livello internazionale della decisione presa a questo riguardo» dalle autorità di Gibilterra. Sulla nave si gioca il braccio di ferro fra gli Stati Uniti e l'Iran dopo l'uscita, decisa da Donald Trump, dall'accordo sul nucleare di Teheran siglato da Barack Obama. Il rilascio della nave dovrebbe spianare la strada a quello della petroliera britannica Stena Impero, sequestrata dall'Iran il mese scorso. La petroliera è a Bandar Abbas, mentre Londra si è detta pronta a una risposta «ponderata ma forte» se non sarà rilasciata.

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