Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/08/2019, a pag.1/23, con il titolo "Se Hong Kong guarda a Occisente" l'editoriale di Maurizio Molinari
Ma finora l' Occidente non guarda a Hong Kong, come ricorda Maurizio Molinari nel suo editoriale.
Nella pagina successiva la cronaca di Francesca Paci
I giovani di Hong Kong che chiedono a Gran Bretagna e Stati Uniti di proteggere i loro diritti chiamano in causa le responsabilità dell'Occidente per evitare una nuova Tienanmen. Le immagini di Chater Square coperta da un tappeto umano - costellato da cartelli in inglese-cinese - hanno portato prepotentemente nelle nostre case le richieste della maggioranza degli abitanti di Hong Kong a Pechino. Chiedono non solo che la legge sull'estradizione in Cina venga definitivamente stracciata - e non solo congelata - ma soprattutto che sia garantito il rispetto degli accordi Londra-Pechino del 1984 in base ai quali nel 1997 Hong Kong venne consegnata alla Cina. Si tratta di una "Basic Law" che garantisce i diritti umani fondamentali dei cittadini - espressione, fede, stampa, associazione, dissenso - e impone a Pechino di non usare le forze armate sul territorio locale se non per "compiti difensivi in caso di conflitto". Ciò significa che la protesta di Hong Kong esprime due timori convergenti. Primo: la possibilità che Pechino adoperi la violenza per reprimere la protesta iniziata a febbraio. Secondo: il rischio che nel 2047, quando gli accordi anglo-cinesi arriveranno a scadenza, lo status dell'autonomia si dissolverà estendendo su Hong Kong la legislazione cinese, di ben altro tenore in merito al rispetto dei diritti. poiché Londra è la co-firmataria di quelle intese e Washington resta la capitale del mondo libero, è a queste nazioni che il popolo di Chater Square guarda in cerca di protezione e speranza. Il brusco monito dell'ambasciatore cinese a Londra, Liu Xiaoming, sul fatto che "non resteremo a guardare se la situazione prenderà una strada pericolosa", i reparti blindati dell'Esercito popolare schierati a Shenzen, le pallottole di gomma usate dagli agenti e le gang criminali in tuta bianca adoperate per aggredire i manifestanti lasciano intendere che i timori degli hongkonghesi non sono infondati. D'altra parte se il 73 per cento degli abitanti chiede il formale ritiro della legge sull'estradizione ed il 79 per cento invoca un'inchiesta sugli abusi della polizia - secondo i dati pubblicati dal "Hong Kong Public Opinion Research Institute" - non è difficile intuire l'entità del sostegno per le manifestazioni durante le quali si vedono sventolare anche bandiere americane e dell'ex colonia britannica a conferma del desiderio di identificarsi coi valori della democrazia anglosassone. Da qui le responsabilità dell'Occidente perché la comunità delle democrazia ha la possibilità di tendere la mano ai gio-vani di Chater Square, puntando a trasformare Hong Kong in un'occasione di rafforzamento dei legami con la Cina. Da quando nel 2001 Pechino è entrata nell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) il suo ruolo nella globalizzazione è stato esclusivamente economico e finanziario. Ne è conseguita un'apertura ai mercati cresciuta al punto da generare la "Belt and Road Initiative" che punta a realizzare infrastrutture capaci di integrare l'Europa all'Estremo Oriente. Ma la libertà dei commerci è intrinsecamente legata alla libertà degli individui e più la Cina si avvicina all'Occidente più è destinata a fare i conti con il rispetto dei diritti umani. Spetta dunque alle capitali dell'Occidente - Roma inclusa - far presente a Pechino che la "Nuova Via della Seta" potrà nascere solo sulla base di un comune rispetto per le libertà fondamentali. E che la rivolta di Hong Kong offre al presidente Xi Jinping la possibilità di dimostrare di aver compreso che puntare ad essere il leader della globalizzazione ha anche un prezzo sul terreno dei valori. Da qui l'importanza delle parole del presidente americano, Donald Trump, nel chiedere a Xi il "dialogo con i manifestanti di Hong Kong". E' impellente che i leader europei trovino il coraggio e la saggezza di unirsi a tale richiesta, aggiungendo il tema dei diritti al delicato carnet delle relazioni con Pechino fatto per ora di dazi, investimenti e G5. Troppe volte nella Storia recente l'Oc *** cidente ha guardato cinicamente dall'altra parte mentre popoli in rivolta chiedevano aiuto anelando alle libertà: lo fece a Budapest 1956, Praga 1968 e Tienanmen 1989 così come lo ha ripetuto a Teheran 2009 ed in Siria negli ultimi otto anni. Hong Kong può essere ora il luogo dove l'Occidente ritrova la passione per ciò che più lo distingue e definisce: la difesa dei diritti degli individuali
Maurizio Molinari
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