Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 14/08/2019, a pag.20, con il titolo "La Nakba dal punto di vista palestinese" il commento di Riccardo Michelucci
Non ne discutiamo il contenuto, è una invenzione dalla prima riga all'ultima, una interpretazione che anche chi non è un esperto di storia mediorientale riconosce come una falsificazione.
Seguendo il criterio che ha spinto la direzione di Avvenire di pubblicare questa manipolazione della storia, ci permettiamo di suggerire una operazione simile, dal titolo: " La Shoah dal punto di vista nazista " affidandone la stesura allo stesso Michelucci, lui sì che se ne intende.
Ecco il pezzo 100% fake news:
Negli ultimi dieci anni il ministero della Difesa di Tel Aviv ha fatto sparire centinaia di documenti relativi ai crimini commessi dalle milizie paramilitari sioniste e dallo Stato di Israele durante la "Nakba" (la catastrofe) del popolo palestinese. Dagli archivi, secondo quanto rivelato poche settimane fa dal quotidiano israeliano "Haaretz", sono state cancellate le prove dell'espulsione di massa di quasi un milione di persone dal 1948 in poi. Con l'obiettivo di minare la credibilità degli studi sulla questione dei rifugiati palestinesi. Il tema della rimozione del trauma collettivo causato dalla "Nakba" è al centro del saggio di Cecilia Dalla Negra, Si chiamava Palestina. Storia di un popolo dalla Nakba a oggi (Aut, pagine 328, euro 16), che offre una lettura dei fatti dalla parte dei palestinesi. Andare alla ricerca delle tracce di quella rimozione è, secondo Dalla Negra, «un continuo tornare tra le pieghe della storia, della memoria, di tutto quanto è stato omesso e nascosto, sradicato e riscritto. Ma significa al tempo stesso riconnettersi con il dolore individuale, intimo e lacerante custodito nel cuore di ogni palestinese nel mondo. E anche con il dolore collettivo, che con il passare degli anni è cresciuto diventando elemento fondante dell'identità individuale di quel popolo». Tutto ebbe inizio alla fine del XIX secolo con la nascita del sionismo politico, e trovò poi compimento nella famosa Dichiarazione Balfour con la quale i12 novembre 1917 l'impero britannico promise al popolo ebraico la creazione di un «focolare nazionale» in Palestina. Gli assetti geostrategici dell'area ridisegnati dalle potenze vincitrici della Grande Guerra dopo la caduta dell'impero ottomano sfociarono poi, al termine del secondo conflitto mondiale, nella nascita di Israele sancita dall'Onu. Ma a segnare uno spartiacque definitivo nella storia recente è stata la guerra dei Sei giorni del 1967, quando Israele superò il confine stabilito vent'anni prima e occupò militarmente la porzione di territorio che si estende dalla "Linea verde" fino al confine con la Giordania. Da allora i palestinesi lamentano di essere stato costretti in aree sempre più ristrette. Giornalista esperta di questioni mediorientali, Dalla Negra non lesina critiche neanche alla dirigenza palestinese, ritenendola non esente da cruciali responsabilità storiche nei confronti del suo stesso popolo, innanzitutto per aver represso ogni forma di dissenso popolare che rischiasse di mettere in discussione la sua egemonia. Anche in anni recenti, spiega, l'Anp e le strutture partitiche tradizionali hanno dimostrato di essere più interessate al mantenimento dello status quo che ad ascoltare le istanze di rinnovamento avanzate dal popolo. Ma Dalla Negra ci tiene a ribadire che la "catastrofe" iniziata 71 anni fa non è mai finita, con la politica degli insediamenti che prosegue ancora ai giorni nostri. Per contribuire a colmare questo processo di rimozione storica, il suo libro racconta anche piccoli ma significativi frammenti di umanità e di vita vissuta. Come alcune storie di palestinesi di oggi riportate in appendice. Per ribadire che la "Nakba" non è un semplice evento ma rappresenta un processo in corso, un elemento ormai strutturale della storia di quella terra
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