Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/08/2019, a pag.23, con il titolo "Vacanze Mossad" il commento di Francesca Caferri
Gad Shimron Francesca Caferri
«Ad Arous troverete le acque più limpide del mondo e una magnifica barriera corallina. A fine giornata potrete rilassarvi in un'atmosfera amichevole e godere di eccellenti cene a base di pesce». Recitava così il volantino giallo che all'inizio degli anni '80 invase i banconi delle agenzie di viaggio europee. Migliaia di turisti decisero di provare e partirono. Il volantino però nascondeva una sorpresa, che nessuno scoprì mai. L'incantevole villaggio vacanze altro non era che una base del Mossad. Per anni il servizio segreto israeliano inviò in Sudan, un Paese a maggioranza musulmana, che considerava quello ebraico uno Stato ostile, i migliori agenti per portare a compimento una delle sue più lunghe e azzardate operazioni: il trasferimento in Israele di migliaia di ebrei etiopi che, in fuga dalla guerra civile e dalla carestia, avevano trovato rifugio nei campi profughi del Sudan. Per quasi 40 anni, l'Operazione Fratelli, come era stata chiamata dal Mossad, è stata semi-dimenticata. A rompere il silenzio ci pensa oggi Red Sea DivingResort, film del regista Gideon Raff, uno dei nomi dietro alla serie Homeland, da 31 luglio disponibile su Netflix: grandi nomi, location da sogno fra la Namibia e il Sudafrica e una dose hollywoodiana di avventura, passione e pericolo ne hanno gia' fatto un successo. «Sono felice che tante persone abbiano la possibilità di conoscere quello che è accaduto», commenta Gad Shimron, ex agente della Mossad che dell'Operazione Fratelli fu protagonista. «Ma confesso che il film mi ha deluso: troppe libertà nel racconto e non ce ne era bisogno. Quello che abbiamo vissuto era già abbastanza incredibile». Shimron era uno degli agenti migliori del Mossad quando i suoi capi lo chiamarono per una missione che, gli annunciarono, sarebbe durata a lungo. Per anni insieme a un gruppo ristretto di uomini e donne fece la spola con il Sudan, di nascosto anche dai suoi familiari. Con i suoi colleghi riuscì a fare arrivare in Israele migliaia di ebrei etiopi. «È stata la missione più bella della mia vita», ride al telefono da Tel Aviv. «Di giorno gestivamo accompagnavamo i turisti alla barriera corallina o ci occupavamo dell'intrattenimento serale. Io insegnavo windsurf. Tre agenti donne facevano da manager, un ruolo delicatissimo, perché nessuno doveva sospettare. A turno, usavamo scuse per allontanarci e andavamo nel deserto: qui ci aspettavano gli etiopi. Li caricavamo sui camion e guidavamo verso il mare, attraverso un Paese ostile. Lì c'erano i gommoni e più a largo le barche inviate da Israele» . Andò avanti così per quasi due anni: poi una notte il gruppo di Shimron fu attaccato dall'esercito sudanese. «Sparavano sopra le nostre teste mentre spingevamo i gommoni a largo. Il mio collega si mise ad urlare e li convinse che eravamo istruttori sub e portavamo i turisti in escursione notturna... una scena indimenticabile», racconta. L'episodio spinse il Mossad a modificare l'operazione. Nei mesi successivi gli etiopi furono prelevati in segreto da aerei cargo nel deserto:17 viaggi organizzati e coordinati da Gad e compagni sotto il naso di vacanzieri tedeschi, britannici ed egiziani. Nessuno dei quali sospettò mai nulla. Solo una volta, scrive Shimron nel libro che ha scritto dopo avere lasciato il Mossad, un turista si rese conto *** che qualcosa non andava. «Mi disse che non potevamo essere europei. Che aveva visto il modo in cui tagliavamo le verdure e che solo gli israeliani tagliavano le cose in quel modo. Io risi e si chiuse II». Oggi che i riflettori su Arous si sono accesi, una cosa amareggia Shimron: «Le incongruenze nel film sono molte: ad esempio nessun etiope passò mai per il villaggio, come loro invece mostrano. E nessuna delle agenti che facevano la parte delle manager fu coinvolta nelle operazioni. Ma il punto vero è un altro: il film fa di noi degli eroi, ma i veri eroi sono stati gli etiopi. Per raggiungere Israele, la terra promessa degli ebrei, hanno attraversato per mesi pene e sofferenze che nessun europeo avrebbe sopportato. Questo avrebbe dovuto essere sottolineato. Come avrebbero dovuto essere sottolineati i motivi profondi dietro all'operazione. Uno Stato che impegna milioni di dollari e i suoi migliori uomini per anni per salvare migliaia di rifugiati. Oggi non lo farebbe nessuno».
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