Da non dimenticare: l'alleanza Stalin-Hitler Commento di Carlo Nordio
Testata: Il Messaggero Data: 10 agosto 2019 Pagina: 23 Autore: Carlo Nordio Titolo: «L'intesa scellerata fra regimi totalitari»
Riprendiamo dal MESSAGGERO di oggi, 10/08/2019, a pag.23 con il titolo "
L'intesa scellerata fra regimi totalitari", il commento di Carlo Nordio"
Carlo Nordio
Il 10 Agosto 1939, esattamente ottanta anni fa, il governo britannico inviava a Mosca una missione diplomatica guidata dall'Ammiraglio Drax per negoziare con il rappresentante di Stalin, maresciallo Voroscilov, un'eventuale alleanza contro i nazisti. Ma nello stesso momento, con uno spregiudicato doppio gioco, Stalin accettava di ricevere un inviato tedesco: era il primo di una serie di incontri che si sarebbe conclusa due settimane più tardi con la conclusione del patto Ribbentrop-Molotov, l'accordo tra l'Urss e il Terzo Reich che avrebbe dato il via libera alle mire di Hitler e all'inizio della seconda guerra mondiale.
La Storia conosce, e conoscerà sempre, esempi di regimi ostili che si alleano nella contingenza del momento, e paradossalmente son proprio i dittatori che trattano con maggior disinvoltura e migliori risultati immediati. Nondimeno, in quel torrido Agosto, nessuno immaginava che in pochi giorni l'abisso di odio creatosi negli anni precedenti tra i due più svergognati macellai del pianeta sarebbe stato colmato con un' alleanza suggellata da brindisi di beneaugurante e quasi fraterna amicizia. Ma come si arrivò a quel "patto" famigerato? LA RASSEGNAZIONE Hitler aveva già violato tutti i trattati che vincolavano la Germania dopo la sconfitta del 1918. Aveva rimilitarizzato la Renania, invaso l'Austria, annesso i Sudeti e occupato - stracciando l'accordo di Monaco - il resto della Cecoslovacchia. Da qualche mese aveva sollevato il problema di Danzica, città effettivamente a maggioranza linguistica tedesca, ma polacca a tutti gli effetti. Francia e Gran Bretagna, che fino a quel momento si erano passivamente rassegnate alle iniziative del Führer, avevano ora dato alla Polonia la garanzia dell'integrità territoriale. Una scelta moralmente encomiabile, ma militarmente avventata, perché quel Paese era indifendibile davanti alle moderne divisioni tedesche. In questo quadro complesso, l'Urss non era rimasta a guardare. Preoccupato dell'espansionismo hitleriano, Stalin aveva offerto un'alleanza alle democrazie occidentali, subordinandola a un preventivo "aiuto militare" alla Polonia. Il che, in poche parole, significava l'Armata Rossa a Varsavia. Era un'idea giusta dal punto di vista operativo, perché la Polonia costituiva lo stato cuscinetto tra Germania e Russia, ma era impraticabile dal punto di vista politico. Il governo polacco, che non sapeva se temere di più l'aggressione nazista o il soccorso rosso, naturalmente rifiutò, affermando che "i tedeschi mettono in pericolo la nostra libertà, i russi il nostro spirito". Deluso da queste esitazioni, e stimolato dalla ghiotta occasione di arricchimenti territoriali, Stalin licenziò il suo ministro degli esteri Litvinov, odiato da Hitler in quanto ebreo e filo-occidentale, lo sostituì con Molotov, plumbeo ma efficiente burocrate, e lo spedì a concludere l'affare con il suo equivalente tedesco Joachim von Ribbentrop. Il 23 agosto fu firmato il patto "di non aggressione", tra i due Paesi, con un protocollo segreto aggiuntivo che prevedeva, di fatto, la spartizione della Polonia e l'annessione all'Urss di Lettonia, Estonia e Lituania. Così rassicurato, Hitler, dopo una settimana, invase la Polonia da occidente. Il 17 settembre l'Armata Rossa la invase da oriente. Alla fine del mese, i due dittatori si erano divisi il bottino. LE CONSEGUENZE Le conseguenze del "Patto" non furono però esclusivamente militari. L'accordo tra i rappresentanti di due regimi gemellati nell'infamia ma opposti nell'ideologia ebbe importanti ripercussioni negli ambienti politici europei. L'opinione pubblica liberaldemocratica inorridì davanti a un tale esempio di disinvolto cinismo, che sotto l'ipocrisia di formule tortuose preludeva inevitabilmente alla guerra, ed in un certo senso la legittimava. L'effetto positivo fu che, tranne alcuni inguaribili pacifisti, tutti capirono che bisognava reagire compatti e risoluti contro l'inevitabile aggressione nazista. Ben diversa fu la crisi che coinvolse i marxisti di varia estrazione. Socialisti e altri gruppi progressisti ne furono sorpresi e sdegnati, e anche qualche comunista manifestò un timido dissenso. Ma l'apparato dei partiti satelliti di stretta osservanza stalinista si adeguò con disciplina alle direttive del dittatore. Questa reazione si notò poco tra i comunisti italiani, quasi tutti clandestini, esuli, o isolati in galera o al confino. Ma si vide significativamente in Francia, - dove il Pcf era forte ed era stato al potere - con l'adesione servile dei dirigenti e dei quadri. Togliatti, inviato a Parigi dal Comintern, prostituì la sua indiscussa intelligenza inneggiando all'accordo, mentre Raymond Guyot, l'intermediario moscovita, denunciava "la guerra imperialista" della Francia contro la Germania hitleriana. Maurice Thorez disertò, e raggiunse il suo compare Marty a Mosca. Il governo francese, considerando giustamente il PCF una congrega di disfattisti traditori lo sciolse, e lo mise fuorilegge. Per tutta risposta i comunisti raggruppatisi sotto altri movimenti, incitarono i francesi all'ostruzionismo, e addirittura al sabotaggio. Alcuni di loro, arrestati in flagrante, furono fucilati. Fu necessario aspettare l'invasione dell'Urss nell'estate del 1941 perché i comunisti, con un "revirement" altrettanto spregiudicato, incitassero alla lotta contro l'occupante nazista. Una pagina di vergogna indelebile nella storia di quel partito. SIMILITUDINI Visto retrospettivamente, sotto un profilo non solo politico ma logico e culturale, il patto Ribbentrop- Molotov non desta in realtà molta sorpresa, perché i due regimi avevano così tante caratteristiche comuni da essere assimilabili. Non solo l'insindacabile capriccio del tiranno, ma la struttura burocratica del potere, la terminologia e la simbologia, il braccio alzato e il pugno chiuso, il "tovarish" e il "kamerad", la Gestapo e la Nkvd, i gulag e i lager, le celle della Lubianka e quelle della Prinz-Albrecht Strasse, Beria e Himmler, via via fino all'arte figurativa, con le colossali mostruosità del realismo socialista e di Arno Breker, tutto militava per gemellare entrambi i dittatori nel disegno comune di un sanguinario potere. Un consorzio che si sciolse solo quando uno dei due, non più malvagio ma certamente più pazzo dell'altro, gli si rivolse contro in una guerra apocalittica.
Per conto nostro, guardando ora con raccapriccio e sgomento a quelle due ideologie, condannate dalla Storia e responsabili di decine di milioni di morti, possiamo almeno consolarci davanti alle angustie e alle difficoltà della nostra imperfetta democrazia, ricordandoci che, come disse Churchill, è sicuramente il regime peggiore, dopo tutti gli altri.
Per inviare al Messaggero la propria opinione, telefonare: 06/4721, oppure cliccare sulla e-mail sottostante