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Deborah Fait
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La TV israeliana 27-10-03
La Televisione israeliana e' molto professionale e molto seria. Non esiste il fenomeno del divismo, i giornalisti, uomini e donne, dei telegiornali e dei programmi politici sono professionisti poliglotti che si rivolgono indifferentemente ai loro ospiti stranieri in inglese, francese, tedesco, arabo, senza bisogno di traduzioni simultanee.

Le giornaliste sono vestite sempre in modo molto sobrio ed elegante, quasi severo, truccate in modo perfetto, grandi professioniste che, al pari dei loro colleghi maschi, sono in grado di organizzare e condurre durante il telegiornale, in diretta, delle tribune politiche in collegamento con tutto il mondo passando dall'ebraico all'inglese o al francese con la massima disinvoltura.

Tutto questo mi aveva molto colpito al mio arrivo in Israele, abituata com'ero alle giornaliste italiane che si presentavano davanti alle telecamere abbigliate come se fossero in discoteca, all’incapacità' dei giornalisti, maschi e femmine, di parlare, se necessario, a braccio almeno in inglese.

Mi aveva colpito anche la severità' dei giornalisti israeliani nei confronti dei politici e mi divertiva molto l'espressione quasi di timidezza del ministro o politicante di turno davanti alle telecamere dove, con estrema scioltezza e un pizzico di delizioso sadismo , veniva trattato spesso a pesci in faccia, senza timore di censure.

Una goduria infinita per chi, come me, aveva assistito per decenni in Italia a un giornalismo servile e di parte, preoccupato di compiacere il mondo della politica, della Chiesa, dei partiti.

Una sensazione piacevole di libertà' di espressione che da' la parola a tutti, amici e nemici di Israele, senza temere le parole e le opinioni e rispettando questi valori di libertà anche in tempo di guerra a dimostrazione di cosa sia la vera democrazia.

Forse anche grazie a giornalisti di questo calibro il pubblico israeliano e' molto controllato, ironico, non si fa coinvolgere troppo e probabilmente per questo motivo le dichiarazioni del primo ministro Mahatir Mohamad hanno provocato, sì molta indignazione ma sono state accolte anche con quel leggero sense of humor che non manca mai da queste parti.

Le parole del ministro malese: "noi abbiamo di fronte un popolo che pensa."

Sono sopravvissuti a 2000 anni di pogrom non restituendo i colpi ma pensando. Hanno inventato il socialismo, il comunismo, i diritti civili e la democrazia in modo che perseguitarli possa sembrare sbagliato...... questa piccola comunità ha preso il potere nel mondo....."

hanno provocato anche qualche scoppio di ilarità e di amara autoironia... "magari" ha esclamato qualcuno intervistato per la strada e giù' a ridere.

Il ministro malese ha anche detto che:

"Un miliardo e trecento milioni di musulmani devono unirsi contro qualche milione di ebrei che controllano il mondo....."

questo non ha fatto tanto ridere anche perché e' la verità e quel miliardo e trecento milioni di musulmani sono uniti da decenni contro questo pugno di ebrei che, secondo quelli come Mahatir Mohamad (non sono pochi), controlla il mondo.

Israele e' un paese in cui si legge molto e io credo che chi conosce Emilio Salgari avrà capito che in Malesia ormai le tigri si sono estinte per lasciare il posto alle iene esportate dalla Lega Islamica anche in Francia e in Grecia.

Gli israeliani sanno perfettamente che Mahatir Mohamad non e' Sandokan e Chirac non e' Janez, sono solo due miseri amatori di iene.

Dalle iene bisogna guardarsi con molta attenzione e intelligenza perché' attaccano al buio.

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