sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
05.08.2019 Perché è indispensabile fermare la pirateria iraniana nel Golfo persico
Analisi di Gianni Vernetti

Testata: La Stampa
Data: 05 agosto 2019
Pagina: 19
Autore: Gianni Vernetti
Titolo: «L'Europa intervenga per arginare la pirateria iraniana nel golfo»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/08/2019, a pag.19, con il titolo "L'Europa intervenga per arginare la pirateria iraniana nel golfo", l'analisi di Gianni Vernetti.

Difficilmente il consiglio di Gianni Vernetti verrà tenuto in considerazione dall'Unione europea. Anche senza la complicità di Mogherini, non sia mai che venga presa una posizione ostile agli ayatollah. Bene ha fatto la Stampa a pubblicarlo, ci aguriamo che questa linea venga continuata.

Immagine correlata
Gianni Vernetti


Immagine correlata

Lo stretto di Hormuz fra la penisola omanita di Musandam e le coste della Repubblica Islamica dell'Iran è da sempre uno dei punti più «caldi» del pianeta: da lì passano ogni giorno migliaia di tonnellate di greggio proveniente dai produttori del Golfo per essere esportati lungo le rotte marittime di tutto il pianeta. E i Guardiani della Rivoluzione, noti anche come Pasdaran, il braccio armato più oltranzista del regime di Teheran, stanno usando in queste settimane lo stretto come un'arma di ricatto nei confronti di Usa e occidente. Il sequestro di ieri della petroliera con i suoi 700mila litri di greggio e l'arresto dei 7 membri dell'equipaggio (di cui non è ancora nota la nazionalità), ne è l'ennesima conferma. Sebbene l'agenzia ufficiale del regime, la Fars, abbia motivato l'operazione per contrastare il «traffico illecito di greggio» verso alcuni paesi arabi, in realtà si tratta di un atto di «pirateria di Stato», che viola decine di norme internazionali sulla libertà di navigazione. Il sequestro di ieri è l'ennesimo episodio di una pericolosa escalation che il regime degli Ayatollah ha messo in cantiere da quando, lo scorso 2 maggio, è entrato in vigore il nuovo regime di sanzioni nei confronti della produzione petrolifera iraniana da parte dell'amministrazione statunitense. Prima gli attentati e il sabotaggio alle quattro petroliere al largo del porto emiratino di Fujarah il 12 maggio; poi l'attacco alla petroliera norvegese Front Altair ed a quella giapponese Kokuka Courageous il 13 giugno; poi il sequestro delle petroliera panamense Mt Riah e della britannica Stena Impero il 13 e il 22 luglio. Infine l'ultimo sequestro che rappresenta una minaccia sempre più concreta per le forniture energetiche globali, per la stabilità dei mercati e per la sicurezza degli approvvigionamenti di molti paesi. L'azione di ieri risponde anche ad un disegno preciso di Teheran con motivazioni «esterne» ed «interne»: dimostrare all'occidente la sua capacità di azione militare destabilizzante nello stretto di Hormuz; dimostrare la «solidità» del regime oramai sempre più sotto il controllo delle componenti più oltranziste dei Pasdaran; ricattare l'occidente con la minaccia di una nuova «guerra del petrolio». Ma nelle azioni di pirateria di questi giorni c'è anche il bisogno per il regime di Teheran di richiamare il paese a una «unità nazionale» contro la minaccia esterna di Usa e occidente. Il paese è sempre più inquieto e il regime degli Ayatollah teme più di ogni altra cosa la possibile saldatura fra i ceti popolari, che diedero vita alla improvvisa «rivolta del pane» del 2018, e le classi medie di studenti e intellettuali. Ed un indicatore di questa inquietudine sono le migliaia di donne che ogni giorno sfidano la «polizia morale» levandosi il velo in luoghi pubblici e postando brevi video nei social network delle loro azioni simboliche. Ora però spetta ad Usa ed Europa definire una strategia comune per contenere l'azione di Teheran. L'amministrazione Trump ha proposto la formazione di una coalizione internazionale per garantire la libertà di circolazione nello stretto di Hormuz e per scortare le petroliere, sul modello di quanto già realizzato nel Corno d'Africa e nello Stretto di Bab el Mandab contro la pirateria più tradizionale. La Gran Bretagna è il primo paese europeo ad avere aderito alla «coalizione per la libertà nei mari» e per Boris Johnson sarà il primo test della sua tenuta in una crisi internazionale. Il vero assente è ancora l'Europa, che ha finora reagito alla proposta statunitense con silenzi e disinteresse da parte dei singoli paesi e che non può attendere oltre nel definire una nuova strategia sull'Iran dopo il fallimento dell'accordo sul nucleare.

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/ 65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT