Roberto Giardina ricorda Theodor Adorno Un ritratto affascinante che cattura il lettore
Testata: Il Giorno Data: 04 agosto 2019 Pagina: 23 Autore: Roberto Giardina Titolo: «Adorno e Napoli, filosofia del destino»
Riprendiamo da Il GIORNO/LA NAZIONE/IL RESTO DEL CARLINO di oggi, 04/08/2019 con il titolo " Adorno e Napoli, filosofia del destino" il ritratto di Adorno di Robero Giardina
Robero Giardina
Un ritratto bellissimo di Adorno e del suo mondo, una lettura affascinante
Theodor Wiesengrund Adorno
Ecco l'articolo:
La vita di Adorno tra due vacanze in estate. Mori cinquant'anni fa, tra le montagne della Svizzera, a Visp, stroncato da un infarto il 6 agosto del 1969. Il medico gli aveva vietato le escursioni a alta quota, eppure il giorno prima si spinse oltre i tremila metri. Aveva il cuore debole, scrisse la Neue Zürcher Zeitung, ma era forse anche una malattia psicosomatica. Il cuore di Adorno non resse alla contestazione dei giovani. Era stato un loro idolo, e non accettava di essere considerato un reazionario. Nel 1925, settembre, compì 22 anni e partì da Francoforte per Napoli. Un regalo di compleanno del padre Oscar Wiesengrund, agiato commerciante ebreo di vini.
Il giovane Theodor era attratto dall'Italia, il paese da cui proveniva la famiglia della madre, Maria Calvelli-Adorno, cantante lirica che gli trasmise l'amore per la musica. Theodor divenne anche un pianista di talento, e un compositore, allievo di Alban Berg. Da adulto, pur marxista convinto, lo stuzzicava l'idea di avere radici nobiliari. Gli Adorno erano un'antica famiglia di Genova. Napoli lo sorprese e lo sconvolse, come avvenne per molti viaggiatori e pensatori del nord. SUL GOLFO finiva, di solito, il Grand Tour dei giovani d'Europa. Non osavano spingersi oltre, si fermavano sull'orlo dell'abisso, tentatore e spaventoso. Un altro mondo. A Napoli cominciò a formarsi la filosofia di Theodor, scrive Martin Mittermeier in Adorno in Neapel, un capitolo sconosciuto della filosofia europea, pubblicato da Feltrinelli. Peccato che sia una edizione ridotta, 192 pagine contro le 304 dell'originale, la traduzione di Flavio Cuniberto è ottima.Esigenze editoriali LA SCUOLA DI FRANCOFORTE Fu uno dei fondatori, non capì il '68 e fu sconvolto dagli attacchi Scrisse a Beckett: io, un reazionario? IL GIOVANE di Francoforte a Napoli conosce tre compagni che diventarono amici per la vita, Siegfried Kracauer, di 14 anni più grande, e che si innamorò di lui, Walter Benjamin, nato nel 1892, Alfred Sohn Rethel, nato nel 1899, senza dimenticare Asja Lacis (1891-1979), l'attrice lettone che divenne l'amante di Benjamin. E in realtà scrisse poco su Napoli, ma commentò e discusse quanto scrissero i compagni. Benjamin e Asja pubblicarono un lungo saggio, che condivise solo in parte. Napoli è una città femmina, che finge di essere come desidera il viaggiatore che si lascia sedurre. Tutto è il contrario di tutto, una bellezza a volte orrida, umana e mostruosa, europea e orientale. Gli uomini sono un riflesso della natura, osserva Benjamin, Napoli è edificata sul tufo, una città porosa. L'allegria è ingannevole. Analizza la struttura urbana che è lo specchio di questa realtà. Palazzi imponenti eppure fragili, un intrico di strade razionale che si trasforma in un groviglio in cui ci si perde. A NAPOLI, Adorno elaborò il suo pensiero, un sistema filosofico al cui centro c'è una catastrofe immanente. Tornò a Francoforte a fine settembre, 8 anni dopo Hitler giunse al potere. Theodor cercò di resistere, cambiò il nome Wisengrund ebreo con quello della madre, Adorno. Kracauer andò negli Usa. Adorno lo seguì nel '39, con la moglie, a Los Angeles, nella colonia degli esuli tedeschi, la "Weimar sul Paficico", vicino di Thomas Mann che divenne suo amico. Fu lui il suo consulente musicale per il romanzo Doktor Faustus. Si adoperò per aiutare altri fuggiaschi dalla dittatura nazista, non fece in tempo per Walter Benjamin. L'amico si tolse la vita nel 1940, sulla frontiera spagnola. E l'ultima lettera fu per Theodor. ADORNO tornò dopo la guerra, fu tra i fondatori della Scuola di Francoforte (la dialettica critica della società contemporanea per smascherarne le contraddizioni inevitabili). Non si può scrivere poesia dopo Auschwitz, affermò, «non c'è speranza di redenzione... l'arte è il messaggio di disperazione che sopravvive al naufragio». Fu contraddetto da Paul Celan, anche lui ebreo: la poesia, l'arte, non sono responsabili della barbarie. Affermarlo equivale a una resa.
Adorno divenne l'idolo dei giovani. Tornò per la terza e ultima volta a Napoli nel '66, e scrisse a Alfred Sohn Rethel, rievocando quel loro primo viaggio. La contestazione giovanile cominciava a radicalizzarsi. Non era d'accordo sui metodi: mai le molotov. QUALCUNO scrisse sulla parete della sua aula: se seguite Adorno il capitalisno vivrà per sempre. Nel gennaio del '69, tre studentesse a seno nudo salirono sulla sua cattedra e cosparsero il professore con petali di rose e tulipani. In primavera gli studenti occuparono il suo istituto. «E Adorno chiamò la polizia», commentarono i giornali ironici e stupefatti. Il filosofo irato e umiliato scrisse a Samuel Beckett: «Io, un reazionario?» Il cuore non resse. Perché si spinse troppo in alto sulle vette? Nell'ultimo giorno d'agosto tra i monti, pensò a quelle tre settimane vissute a Napoli?
Per inviare la propria opinione, telefonare: Il Giorno: 02/277991 Il Resto del Carlino: 051/6006111 La Nazione: 055/2495111 oppure cliccare sulla e-mail sottostante