Iran verso il nucleare, mentre continua a mandare armi ai terroristi Houthi in Yemen Cronaca di Francesco Semprini, una breve omissiva
Testata: La Stampa Data: 02 agosto 2019 Pagina: 11 Autore: Francesco Semprini Titolo: «Iran, le sanzioni di Trump contro Zarif. L'Europa si smarca: 'Lavoreremo con lui' - Attacchi dei ribelli sciiti con missili e droni»
Riprendiamo dallaSTAMPAdi oggi, 02/08/2019, a pag.11 con il titolo "Iran, le sanzioni di Trump contro Zarif. L'Europa si smarca: 'Lavoreremo con lui' ", il commento di Francesco Semprini; a seguire la breve "Attacchi dei ribelli sciiti con missili e droni".
Francesco Semprini informa sullo scenario in continua evoluzione in Medio Oriente, con la teocrazia iraniana in corsa verso il nucleare. La breve che segue rende conto della situazione in Yemen, dove è in corso da anni una sanguinosa guerra civile. Quello che manca sulla Stampa è la risposta alla domanda: "chi fornisce armi ai terroristi Houthi in Yemen?". La risposta è semplice: l'Iran degli ayatollah. Scriverlo aiuta a capire la vera politica del 'moderati' iraniani.
Ecco gli articoli:
Francesco Semprini: "Iran, le sanzioni di Trump contro Zarif. L'Europa si smarca: 'Lavoreremo con lui' "
Francesco Semprini
Nuova stretta dell'amministrazione Trump sul dossier iraniano, e questa volta a farne le spese potrebbero essere i timidi tentativi di dialogo avviati dietro le quinte tra Washington e Teheran. Un giro di vite attuato, come di consueto, a colpi di sanzioni rivolte questa volta a Mohammad Javad Zarif, il ministro degli Esteri di Teheran, colui che il governo degli Stati Uniti dovrebbe trovarsi di fronte quale interlocutore in caso di un'apertura negoziale su una crisi che sta avvitando in una escalation, politico-militare-commerciale. Certo, la misura del Tesoro americano ha un valore più simbolico che pratico, visto che il capo della diplomazia iraniana non ha beni o interessi all'estero come lui stesso ha tenuto a precisare: «Non hanno alcun effetto su di me o la mia famiglia, non ho alcuna proprietà o interesse fuori dell'Iran». Il valore simbolico risiede nel fatto che il ministro degli Esteri è stato il grande architetto dell'accordo sul nucleare del 2015 insieme al suo omologo americano dell'epoca, John Kerry. E perché la misura arriva in seguito all'aumento dell'arricchimento dell'uranio sopra i limiti previsti dal Jcpoa (nome tecnico dell'accordo del 2015) da parte dell'Iran con la minaccia di proseguire il cammino verso una proliferazione militare del progetto atomico. Ma le conseguenze potrebbero essere sostanziali.
Molti anni negli Usa «Zarif l'americano» negli Stati Uniti ha studiato e vissuto a lungo, ottenendo un dottorato in relazioni internazionali all'università di Denver, prima di avviare una carriera diplomatica che l'ha portato a New York come ambasciatore all'Onu. Una conoscenza ravvicinata dell'avversario che l'ha reso, a seconda delle stagioni a Teheran, negoziatore prezioso o sospetto. Così come temuto dai falchi del governo Usa, a partire da John Bolton. In sua difesa si è schierato Hassan Rohani che parla di sanzioni «infantili», mentre l'Ue esprime «rammarico». Accertata l'iniquità ad personam delle misure punitive varate dal segretario Steve Mnuchin, la loro lettura è tuttavia di un categorico rifiuto a un contatto negoziale con l'Iran.
Ostacoli al dialogo «La questione del dialogo è un aspetto controverso, il regime non è compatto, ci sono alcuni che hanno bisogno del dialogo e altri invece che hanno bisogno di dipingere gli Usa come il grande satana», spiegano a La Stampa fonti vicine al dossier. Il punto è che quando si colpisce un fautore del dialogo come Zarif, (sebbene in pubblico mantenga un atteggiamento diffidente e talvolta aggressivo) «è l'opzione del dialogo che viene colpita». In questo senso la mossa degli Usa appare contraddittoria specie se, in seno all'amministrazione, prevale la linea del cambio di atteggiamento del regime (e non del rovesciamento), sostenuta dal segretario di Stato Mike Pompeo e da Donald Trump stesso. «Se loro vogliono un cambio di atteggiamento del regime devono indebolire i Pasdaran e rafforzare l'opzione aperturista, quanto fatto dal Tesoro invece rischia di produrre un effetto contrario e potrebbe essere una ulteriore conferma dei contrasti che vigono in seno all'amministrazione sul dossier». Di questo è consapevole Zarif il quale, da abile diplomatico, ha giocato la carta del pragmatismo utilizzando di fronte agli ultraconservatori di Teheran le sanzioni come una medaglia, e inviando al contempo un monito ai falchi di Washington: «Grazie per avermi considerato una tale minaccia alla vostra agenda».
"Attacchi dei ribelli sciiti con missili e droni"
Terroristi Houthi con armi iraniane in Yemen
Sono almeno 49 i morti negli attacchi condotti dai ribelli sciiti a Aden, seconda città dello Yemen. Lo ha riferito il ministero della salute del governo de-facto riconosciuto dalla comunità internazionale. Uno degli attacchi è stato condotto di miliziani huthi con un drone e un missile balistico, e ha preso di mira una parata militare delle forze degli Emirati arabi uniti, Paese che il mese scorso aveva annunciato la riduzione del numero di soldati impegnati nella guerra in Yemen. Altri soldati sono morti in un attacco suicida a una stazione di polizia. Il conflitto nello Yemen, che dura da oltre quattro anni, ha creato una delle più gravi crisi umanitarie al mondo. Decine di migliaia di persone, tra cui molti civili, sono state uccise e 3,3 milioni sono ancora sfollati.
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