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Deborah Fait
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Vita in kibbutz in attesa dello Stato 20.7.2003
Prosegue l'intervista a Miriam Bemporad:

Una testimonianza diretta di chi ha vissuto, come giovane sionista, il periodo della rinascita della moderna Israele.

Raccontando le paure, le emozioni, il sentirsi a casa in un paese fino a quel momento inospitale e occupato per secoli da forze straniere, questa testimonianza chiarisce bene il fortissimo legame con Erez, con la Terra degli Avi, mai sopito nel corso di duemila anni di Diaspora.



- Miriam, cosa accadde dopo il 27 novembre 1947?





Dunque, ci avevano accettati a Givat Brenner e entro un anno saremmo stati

membri effettivi ( haverim) del kibbuz-madre .

Avevamo concluso il periodo al kibbuz Regavim , vicino a Kfar Saba e ne fummo

dispiaciuti perche' sarebbe stato bello cominciare dal nulla ed essere i

fondatori di una realta' cosi' importante in Israele !



"" Miriam, sei di guardia, vieni a prender il fucile " mi disse il responsabile

dell' armeria, soprannominato Chaim-va-hezi ( Chaim uno e mezzo) perche' era

altissimo. Il servizio di guardia andò avanti un mesetto, poi una sera mi

dissero che non potevo piu' farlo perche' dall'infermeria era arrivato l'avviso di

esonerarmi: aspettavo un bambino!

Fui arrabbiatissima per quella che ritenevo una violazione della mia

privacy ma non ci fu niente da fare e mi assegnarono alla sala da pranzo

dove, in quanto futura mamma, ero sorvegliata speciale e oggetto di mille attenzioni :

"No! fermati, non alzarlo, lo

facciamo noi!" e correvano in tre a caricare l'enorme recipiente della minestra sul

carrello che avrei portato intorno alle 4 file di tavoli.

Avevo appena compiuto 20 anni, mi sentivo benissimo, ero forte, non capivo cosa volevano da

me.

Alla fine mi resi conto che avevano ragione:

Una mattina mi sentii male allora decisero che dovevo riposare di piu' e che il mio turno di lavoro sarebbe iniziato alle sette anziche' alle quattro del mattino.

Lavorando insieme entrammo in confidenza e un giorno le mie compagne mi

domandarono, con timore e delicatezza: " come hai fatto a salvarti?.."

intendevano la Shoa' ma non volevano pronunciarne il nome.

"semplice " dissi " non mi hanno preso! Sono stata fortunata".



- Sentivate gia' avvicinarsi la guerra, avevate notizie di quanto accadeva nel resto del paese?



Nella piccola oasi di pace che era Givat-Brenner la vita prese un andazzo

quasi normale per i tempi che correvano: il mio posto di lavoro era la

sala-pranzo, mentre quello di Kurt andava dagli aranceti alla carpenteria in

varie zone del

circondario per smantellare gli accampamenti che gl'inglesi cominciavano ad

abbandonare.

Raramente ascoltavamo la radio dato che ne esisteva una sola in tutto il kibuz ed era

situata in una baracchetta con panca per stare piu' comodi a metà strada tra la nostra

tenda e la sala-pranzo.

Vivevamo di nuovo in tenda, ma...di lusso, con elettricità e pavimento, che

non posando su sabbia, non diveniva albergo per scorpioni.

Cominciò l'inverno: piogge e venti fortissimi...e, una notte, la nostra tenda volò

via mentre noi , dai nostri letti, restammo paralizzati per la sorpresa a guardare il cielo sopra di noi.

Ci alzammo e la rimontammo, gridando e ridendo, lottando contro il vento e la pioggia.



Non ascoltavamo alla radio Kol Yerushalaim (Voce di Gerusalemme) ma leggevamo i giornali che portavano grossi titoli di Ebrei trucidati in varie parti del paese.



- Eravate spaventati?



No, eravamo preoccupati ma nessuno si perdeva d'animo: eravamo a casa, anche se, naturalmente,

ogni perdita era un dolore al cuore.

La guerra si avvicinava inesorabile e sapevamo che molti di noi sarebbero morti ancora.

"Sangue, pensavo, solo e sempre sangue"

e ricordai quello che ci dicevano in Europa oltre al gentile invito: "andate in Palestina, Ebrei!". Sapendo che compravamo le terre dagli effendi turchi e dai latifondisti arabi ci schernivano: “Soldi!! La

patria non si compra coi soldi; si compra col sangue"

E ne avremmo sparso tanto di sangue. Ci vendevano la terra e poi ci ammazzavano per riprendersela.

Volevamo stare in pace dopo tante sofferenze, volevamo spartire la terra ma avevamo fatto male i conti: l'odio per gli ebrei non si limitava all'Europa, gli arabi, alleati del nazismo, ci odiavano allo stesso modo quindi "A morte gli ebrei" lo gridavano qui in Erez Israel esattamente come in Europa.

Un ritornello conosciuto, un ritornello di sangue.





- Come vi preparaste alla guerra?



Intorno alla sala da pranzo ed in varie parti del kibbuz scavammo delle

trincee per poterci saltar dentro in caso di allarme. Intorno alle case dei

bambini furono costruiti dei bunker arredati con dei ripiani che dovevano servire da letti.

Non era ancora guerra ma il paese era letteralmente infestato da bande

armate, provenienti dai paesi arabi, vicini e lontani. La potenza mandataria nulla faceva per impedire loro di attaccarci.

Gerusalemme era assediata, senza viveri e senza acqua.

Partivano per la Capitale rifornimenti con carovane di camion, blindati alla buona, con

le armi per difendersi ben nascoste dato che venivano sempre fermati e perquisiti

dagl'inglesi, che, se impedivano a noi di difenderci, non

fermavano mai gli arabi assalitori.

A volte i convogli assaliti venivano incendiati e nulla arrivava alla Città

affamata ed assetata.

A Gerusalemme l'acqua era razionata e i suoi abitanti, messa da parte

quella da bere, lavavano prima la faccia poi i vestiti ed infine il

pavimento e se non arrivavano viveri dal resto del paese dovevano

mangiare l'erba che cresceva ai bordi delle strade.

Gli inglesi non ci aiutavano, anzi ci rendevano la vita difficile perche' avevano una tremenda paura degli arabi.



Il 27- 4-1948 il mondo chiuse i servizii postali : gli ebrei della Palestina

mandataria erano tagliati fuori dal mondo, completamente isolati.

Durò più di un mese! Non potevamo

avere nessun contatto ed eravamo in balia di arabi e inglesi.

Il cibo era razionato anche in kibbuz e non potevamo avere piu' di tre fette

di pane a testa. Non tutti erano d'accordo, la fame e' fame e a volte la fame era tanta che i compagni

protestavano per averne di piu' e se la prendavano con me che ero addetta al

carrello del pane.

A volte scherzavo ricordando loro la storia di Maria Antonietta e delle

brioches ma non funzionava: la fame distruggeva persino il loro sense of

humor.

Un giorno, mentre stavo entrando nella mia tenda, alla fine del mio turno di lavoro, mi sentii chiamare: "torna indietro, è arrivata un gruppo del

Palmach che è diretto nel Negev".



- Nel Neghev? Come mai andavano laggiu'?



Perche' tutto il sud del Paese era infestato da bande provenienti dai

paesi arabi circostanti che assalivano i piccoli

kibbuz della zona.

Noi dovevamo rifocillarli prima che proseguissero il viaggio. Si trattava di

una quarantina di persone, tutti giovani, da sfamare.



- Miriam, racconta cos'era il Palmach.





La nascita del Palmach risale agli anni 36-40 del secolo scorso, era un gruppo di truppe d'assalto che faceva parte dell'Haganah, l'organizzazione ebraica di autodifesa.

Bande arabe sabotavano l'oleoledotto che portava il petrolio dall'Irak alle raffinerie

ed al porto di Haifa: bisognava proteggerlo ed il capitano Wingate

dell'esercito britannico istituì ' i gruppi della notte ' su ordine del suo

governo.

Questi gruppi, formati da ebrei del Palmach e inglesi, penetrarono anche in Siria e

collaborarono con gli alleati.

Fu qui che Moshè Dayan perse il suo famoso occhio.

Venne anche l'ordine dall'Inghilterra di sabotare le raffinerie di Beirut per disturbare la Francia di Vichì e quindi la Germania.

Una motobarca con a bordo 23 ebrei e un ufficiale britannico scomparve in mare e

nessuno ne ebbe piu' notizia.

Il capitano Wingate fu chiamato l'Amico, tanto s'immedesimò nel problema

ebraico e proprio e proprio a causa di questa sua amicizia e simpatia per gli ebrei, il suo Governo gli tolse l'incarico e fu mandato sul

fronte birmano dove l'aereo che lo trasportava precipitò inspiegabilmente nella jungla.

Nessuno mai seppe se fu incidente o sabotaggio.



Il Palmach, che al principio fu sovvenzionato dagli inglesi, si trovò

qualche anno dopo senza fondi quando questi ultimi non ne ebbero piu' bisogno.

Le autorità ebraiche, non avendo possibilità di mantenere le forze speciali del Palmach,diedero

l'ordine di disfarlo.

Uno dei comandanti consiglio' allora di continuare le

esercitazioni riunendo i giovani del Palmach nei kibbuz dove sarebbero stati anche una forza lavoro.

I kibbuz accettarono ma non avevano calcolato.... i danni ai pollai!!!

Questi ragazzi erano giovani e affamati, avevano bisogno di proteine e i polli ne fecero le spese.



-E cosa accadde al gruppo che si reco' nel Neghev?



Morti! Tutti morti!

Che colpo fù per tutto il kibuz, ma specialmente per noi, che li avevamo accolti e sfamati prima del viaggio verso il Neghev!

Non esagero se ti dico che ancora

oggi, se ci ripenso, me li rivedo davanti agli occhi, belli, giovani, allegri e sorridenti che ci ringraziavano scusandosi per averci fatto lavorare fuori turno!



- Intanto vi stavate avvicinando alla data fatidica: 14 maggio 1948!



Venerdì 14 maggio 1948, finito il lavoro ci trattenemmo in 3 ragazze intorno a una piccola radio gracchiante. Tra meno di

un'ora sarebbe entrato il sabato ( secondo il calendario ebraico al tramonto comincia l'indomani ) e l'indomani, 15 maggio 1948, sarebbe finito il mandato !



A questo punto il ricordo di Miriam diventa cosi' forte che incomincia a raccontare usando il presente come se vivesse oggi, adesso, l' emozione provata 60 anni fa!



Una voce che parla , poi un pò di musica e,

improvvisamente, la voce di Ben-Gurion.

Siamo tese come le corde di un violino, io rimango seduta, impalata, senza cambiare posizione.

" Miriam !! " mi sento chiamare con tono quasi isterico " guarda che scappa!"

"Cosa?" domando con voce seccata per il disturbo.

" l'erede ! " abbasso lo sguardo e vedo il mio pancione muoversi minacciosamente.

Sono talmente tesa da non accorgermi di niente.

Ben Gurion sta per proclamare la nascita dello Stato di Israele, nella terra degli avi.

Stiamo vivendo la storia e la mia emozione si trasmette al mio bambino che scalcia impaziente quasi conscio del momento atteso per 2000 anni.

Gli ebrei di Erez Israel sono tutti attaccati alle radio, altri corrono per la strada dove sono stati sistemati gli altoparlanti.

Tutto il paese sprofonda di colpo in un terribile silenzio, una tensione incredibili che poi sarebbero esplosi in un grido e in un pianto liberatori: avevamo Israele. Avevamo Israele.

Noi, sopravissuti all'odio e alla morte, eravamo qui e David Ben Gurion ci stava dicendo che avevamo la nostra Israele.

Penso a mio nonno, alla mia famiglia distrutta e penso al futuro:

mio figlio sarebbe nato cinque settimane dopo e sarebbe stato un sabra nella sua terra.

Vent'anni dopo volava sui Fantom dell'Aviazione Israeliana.

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