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Deborah Fait
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Tutto vero 06-07-03
Ricordo che tanti anni fa, in pieno processo di pace, avevo invitato Shimon Peres a un Congresso della Federazione Italia-Israele a Milano. L'emozione era fortissima, eravamo andati ad accoglierlo a Linate, era sorridente, al massimo della sua popolarita'. Orgoglioso artefice di Oslo, aveva appena scritto un libro intitolato "Il nuovo Medio Oriente" e durante la serata d'onore aveva tenuto un discorso che ci aveva commossi fino alle lacrime.

Al tavolo delle autorita', oltre a Shimon Peres, i membri dell'Ambasciata israeliana, il sindaco di Milano e varie personalita', ero seduta accanto all'ambasciatore egiziano in Italia, grande amico di Peres e grande e simpaticissimo bevitore di whiskey, liquore con cui pasteggiava allegramente.

Ricordo le battute scherzose e cordiali tra lui e Peres e ricordo con nostalgia le nostre risate, allegre risate di persone serene, senza piu' dubbi, senza brutti pensieri. Stavamo festeggiando il periodo stupendo dell'illusione della pace. Il guaio era che ancora non sapevamo fosse solo un'illusione.

Peres nel suo lungo discorso ci aveva parlato di sogni di un grande sviluppo economico tra Israele e il mondo arabo, scambi culturali, turismo, rapporti scientifici. Ecco le parole d'inizio del suo discorso che sono anche la presentazione del suo libro:

"Una nuova opportunita' di creare una nuova Eta' dell'Oro in Medio Oriente si e' presentata dopo la guerra del Golfo.

Tutti noi ne abbiamo bisogno. Possiamo gia' cominciare oggi a fare il primo passo sul ponte della reciproca comprensione e cooperazione tra i popoli del Medio Oriente. Il viaggio che ci aspetta sara' lungo ma la strada e' aperta."

Le sue parole furono coperte da una valanga di applausi. Eravamo tutti in piedi a spellarci le mani, compreso l'ambasciatore egiziano che, per l'occasione, aveva posato sul tavolo il suo bicchiere di whiskie.

Per anni in Israele le parole di Shimon Peres sono state la speranza, ingenua speranza verso un'impossibile pace.

L'eco di quelle parole fu cancellato dal gelo e dal terrore quando l'altra parte della medaglia di Oslo, Arafat, risorto a nuova gloria dopo la distruzione del Libano e l'esilio di Tunisi, decise di rompere le speranze dell'Eta' dell'Oro in Medio Oriente per farlo precipitare nel buio tragico e senza ritorno della guerra.

Tremila morti. Se ce lo avessero detto quella sera a Milano non lo avrebbe creduto nessuno!

"Abbiamo bisogno di viaggiatori coraggiosi" diceva Peres senza rendersi conto che rivolgeva quell' invito a un dittatore feroce e a un terrorista inguaribile.

Fino al processo di pace di Oslo Israele aveva vissuto decine di tregue, guerre, cessate il fuoco, altre guerre, tregue, terrorismo, ancora tregue e cosi' all'infinito fino alla grande illusione della pace, quella vera, con tutti i popoli arabi. E poi l'incubo.

Premesso tutto questo, per quale motivo dovremmo credere oggi a questa ennesima tregua?

Hudna e' un termine arabo che significa tregua usato da Maometto più volte nel Corano, sempre però con lo scopo di romperla alla prima occasione. Siccome significa onore ed e' un giuramento religioso, si cerca e si trova un "motivo" (scusa) per romperlo. D'accordo con la legge islamica, queste hudna, quando avvengono fra musulmani e infedeli devono essere sempre corte e mai permanenti. (dieci anni sono considerati il termine massimo) E' esplicitamente proibito accettarle a lungo perché contrarie allo scopo della conquista totale degli infedeli da parte dell'Islam.

La hudna tra palestinesi e Israele dovrebbe durare tre mesi e per avere 90 giorni di assenza di terrorismo loro chiedono varie cose:lo smantellamento degli insediamenti ebraici nei territori, la liberazione di tutti i terroristi, compreso Barghouti, la liberazione di Arafat dalla prigionia di Ramallah da dove continua a manovrare i suoi fedelissimi e a ricevere i suoi servi europei, il ritiro dell'esercito israeliano dalle citta' palestinesi, la chiusura di tutti i chek point.

In cambio acconsentono graziosamente a non venire a far saltare autobus e ristoranti.

Gli dovremmo credere? Mi viene da ridere, ridere per non piangere.

Ci chiedono il ritiro completo per potersi permettere di riprendere fiato e forza e poi ricominciare, come hanno sempre fatto.

Gli israeliani non credono alla tregua, lo scetticismo e' grande e palpabile tra la gente comune e anche tra i politici.

Come si fa a credere alla serieta' della tregua quando Abu Mazen rifiuta di smantellare i gruppi di terroristi, quando Arafat dice di aver fatto arrestare il terrorista che ha ucciso in un agguato un autista rumeno alla guida di un camion con targa israeliana e invece la stessa ANP dice che non e' vero, nessun arresto e' stato fatto!

Come non pensare che ci stanno prendendo in giro, noi, Bush, l'Europa come hanno sempre fatto? Come non renderci conto con rabbia che l'America chiede a noi di pagare ancora e sempre il prezzo di questa ennesima tregua?

Come si fa a credere alla buona volonta' di Abu Mazen e soprattutto alla sua liberta' di decisione all'interno di una dittatura come quella palestinese?

Hudna, tregua temporanea, suscettibile di rottura da parte palestinese quando e come vuole perche' credo sia chiaro che non e' la pace il loro obiettivo.

"L'ultimo di noi, se sara' vivo, spegnera' la luce e addio Israele" mi ha detto giorni fa un amico israeliano con grande tristezza e con una tale rabbia che gli tremava la voce.

Addio Israele? No, questo non succedera' mai. Questo e' un popolo che sa soffrire , che sa combattere per la sua terra e che sa avere il coraggio di sperare.

Purtroppo "i viaggiatori coraggiosi" di cui parlava un fantasioso Shimon Peres sono solo gli israeliani, che viaggiano incredibilmente soli, e tra gli arabi l'ultimo e' stato Sadat, assassinato da terroristi come Arafat per il suo coraggio di essere venuto a Gerusalemme Capitale a dire "Basta guerre".

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