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Deborah Fait
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Da Cipro a Eretz Israel - 6.7.2003
L'intervista a Miriam Bemporad mi ha fatto capire quanto sia importante parlare del periodo glorioso dei nostri pionieri, di quelle persone coraggiose e determinate che, reduci dai lager e dalle leggi razziali e persecuzioni, venivano in Palestina per poter vivere e far vivere i loro figli nella Terra dei Padri aggiungendosi agli ebrei del posto che qui vivevano da sempre, arroccati nelle Citta' Sante dell'ebraismo come Gerusalemme, Hebron, Yavne, Safed, Tiberiade. Ebrei che studiavano il Libro e che pregavano, cosi' diversi dai nuovi arrivati che avevano creato nella sabbia del deserto comunita' di ebrei decisi a vivere con dignita' senza dover piu' scappare o nascondersi.

Negli ultimi vent'anni alcuni intellettuali di estrema sinistra definitisi post-sionisti hanno tentato in tutti i modi di sporcare il ricordo di quei tempi trovando terreno fertile nel mai sopito antisemitismo europeo e offendendo senza ritegno la memoria dei caduti per Israele e di coloro che, vivissimi come Miriam, ricordano con orgoglio, amore e fierezza di aver contribuito alla rinascita di Israele in Erez Israel.



- Miriam, raccontami cosa e' accaduto a Cipro.



Nel campo di prigionia di Cipro accettai l'invito dei conoscenti del kibbuz Givat Brenner, incontrati sulla spiaggia dopo il nostro arrivo a nuoto, e andai a vivere nella loro tenda. Nel campo non perdemmo tempo: corsi di lingua ebraica, io insegnavo l'italiano a dei nativi di kibbuz che sarebbero stati mandati in Italia per accompagnare altre navi di ebrei verso la Palestina. Imparammo la lotta col bastone 'kap-ap che mascheravamo da giochino innocente quando passavano i militari inglesi.

Un anno prima gli inglesi fermarono nel porto di La Spezia le due navi Fede e Fenice e piu' di mille persone fecero lo sciopero della fame con il sostegno di tutta la popolazione della citta', compresi i portuali italiani finche' fu loro permesso di partire. Grazie a questo fatto che fece fare una figuraccia all'Inghilterra , alle pressioni dell'Agenzia Ebraica e del movimento dei kibbuzim, il governo mandatario fu costretto a rimandarci indietro ma prima pretese di sottoporci a un nuovo interrogatorio.

Sistemarono un tavolo di fronte al cancello del campo e mentre attraversavo il cancello qualcuno mi offri' un'arancia enorme e , affamata com'ero, incominciai ad addentare gli spicchi creando confusione nel campo, un gran gesticolare, "non e' rispettoso mangiare davanti al maggiore inglese" mi fecero capire.

Questa poi! Dobbiamo anche essere beneducati, pensai, lanciando sguardi infuocati ai miei compagni e, poi, rivolta verso il tavolo dei militari esclamai ad alta voce " Per quello li' non dovrei mangiare?" . L'interprete ebreo si fece prendere da un attacco di tosse e vidi il maggiore inglese arrossire e impallidire varie volte.

Risposi pero' alle domande in modo tale che mi fu concesso il rimpatrio verso Erez Israel.

Il viaggio di ritorno su una corvetta fu veloce, i marinai erano gentili ed educati non gli arroganti carcerieri della nave dei prigionieri che ci aveva portati a Cipro.

Avvicinandoci al porto di Haifa un gruppo dei nostri ragazzi formo' una piramide umana in cima alla quale sventolarono un piccolo vessilo bianco e blu. Non cantammo l'inno ma una canzonetta ironica che diceva pressapoco " ti sistemeremo per le feste Governo britannico" . I marinai inglesi ci sorridevano benevolmente forse pensando che li stavamo ringraziando.

A Haifa fummo accolti da un'enorme folla in festa e salimmo subito sugli autobus che ci aspettavano per portarci alle varie destinazioni.

Non ricordo la Haifa di allora anche perche' vidi solo il porto ma ricordo molto bene il viaggio verso sud e nel mio ricordo prevale il colore giallo: sabbia sabbia sabbia.

Quella sabbia era destinata a scomparire dopo poco tempo per diventare una gioia per gli occhi:

Case , giardini, campi, coltivazioni a perdita d'occhio, e il colore giallo si e' trasformato in un verde meraviglioso e ogni filo d'erba e' stato piantato da noi, abbiamo traformato veramente il deserto in giardino.



- Tu sai che oggi molti filopalestinesi contestano questa verita'?





Certo, lo so, e mentono forti del fatto che sono passati tanti anni e nessuno piu' ne parla. Ma io parlo e io dico che qui c'era sabbia, solo sabbia e che gli unici punti verdi della Palestina mandataria erano quelli dove gli ebrei avevano fondato le loro piccole comunita'.



- Andasti a Givat Brenner? e cosa trovasti la'?



Ricordo casette piccole, a uno, in alcuni casi a due piani, ricordo la grande sala da pranzo comune in cima alla collina, una costruzione in legno con una cucina ben attrezzata, tutto intorno tre file di tende e due file di baracche lungo la strada che portava alla fabbrica di succhi e marmellate di agrumi. Il Kibbuz esportava gia' allora i suoi prodotti in Inghilterra e li vendeva all'esercito inglese.

Mi mostrarono con grande orgoglio la casa dei bambini dove i figli del kibbuz vivevano seguiti e protetti da una compagna della comunita'. All'epoca i bambini vedevano i genitori un paio d'ore al giorno, il resto del tempo giocavano, studiavano e i piu' grandicelli, dopo lo studio, aiutavano anche un po' nel lavoro. Tutto era bello, pulito, ordinato "sembra un film" esclamai. Ero ammirata!

Si facevano due turni di guardia, il primo gruppo sorvegliava la casa dei bambini e un secondo gruppo di sorveglianti armati controllava che non si infiltrassero ladri a rubare il bestiame e le macchine agricole. Chiesi meravigliata chi fossero i ladri e mi risposero "i cugini", intendendo gli arabi.

Uno dei sorveglianti che parlava arabo ed era amico degli arabi fu trovato sgozzato una mattina:" i cugini" avevano approfittato della sua fiducia per ammazzarlo.

Poco tempo dopo partecipai a un progetto a Kfar Saba cittadina a nord di Tel Aviv e fui assegnata ai turni di guardia in un centro di preparazione per giovani che dovevano abituarsi a vivere in comunita': erano giovani ebrei nord africani e italiani che si erano riuniti per fondare un nuovo kibbuz e fu in quell'occasione che vidi, per la prima volta dal mio arrivo in Erez Israel, dei nuclei di abitazioni arabe, nel villaggio di Kalkilia a qualche chilometro da noi e una specie di baraccopoli chiamata Kfar Saba araba .

La Kfar Saba ebraica era allora una cittadina che poteva ricordare il Far West, era piccola, una miniatura ma le strade erano gia' state asfaltate e vi ferveva una grande attivita' lavorativa.

Vivevamo sotto le tende ma c'era, oh come se c'era, la gioia di essere a casa e sapevamo che la casa andava difesa senza scendere a patti.

Nel 1920 la Palestina fu tolta alla Turchia e assegnata dalla Societa' delle Nazioni alla Gran Bretagna come Mandato per Palestina e Transgiordania. Dai due mandati furono formati, con i voti delle Nazioni Unite, non certo abusivamente, gli stati di Israele (stato ebraico) e di Transgiordania (stato arabo) oggi Giordania. E adesso vorrebbero portarci via tutto?



Quando era ragazza e vivevo in Italia sentivo dire con disprezzo e ironia "ebrei andate in Palestina" perche' all'epoca la Palestina era deserto, paludi e malaria, oggi che e' un angolo di paradiso vogliono portarci via casa nostra e chiuderci in gabbia. Anche i nazisti lo facevano ma noi non lo permetteremo piu'. Mai Piu'!








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