Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/07/2019, a pag.12 con il titolo "Luoghi sacri dei musulmani. A Gerusalemme l'America vuole un ruolo per l'Arabia" la cronaca di Rolla Scolari
Per ora è un 'si dice', occorrerà attendere la presentazione del piano ufficiale Usa - forse a novembre- per saperne di più. Potrebbe anche funzionare, visto che la Giordania, invece mantenersi neutrale nella gestione della Spianata, ne lasciava il completo dominio all'Abu Mazen di turno.
Rolla Scolari Monte del Tempio o Spianata delle Moschee
Interferire nello status quo che regola da quasi un secolo la gestione dei luoghi sacri musulmani di Gerusalemme potrebbe avere ripercussioni sugli equilibri e disequilibri della regione. Per ora si tratta soltanto di indiscrezioni, sufficienti però ad aumentare le tensioni di un conflitto decennale. Sono infatti mesi che sia la stampa israeliana sia quella araba raccontano di come l’annunciato piano di pace dell’Amministrazione Trump – quello cui lavorano il genero del presidente Jared Kushner e il mediatore per il Medio Oriente della Casa Bianca Jason Greenblatt – ipotizzerebbe l’introduzione di un ruolo dell’Arabia Saudita nella custodia dei luoghi sacri di Gerusalemme e della Spianata delle Moschee: al Haram al Sharif, il terzo luogo sacro per importanza nell’Islam dopo Mecca e Medina, e Monte del Tempio per gli ebrei. Le speculazioni sono state rafforzate dalle parole pronunciate alle Nazioni Unite pochi giorni fa dallo stesso Greenblatt, che ha evocato «soluzioni creative» per Gerusalemme in un momento in cui ogni dialogo è bloccato. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha minacciato giovedì di sospendere gli accordi sottoscritti con Israele e annunciato la creazione di un apposito comitato per rendere effettiva la decisione. È accaduto in seguito alla demolizione da parte di Israele di abitazioni palestinesi a Gerusalemme est. Il leader dell’Anp, inoltre, ha detto che i palestinesi non accetteranno l’«accordo del secolo», come è stato definito da Trump il misterioso piano di pace, che toccherebbe anche le simmetrie religiose della Città Santa. Lo status quo sui luoghi sacri così come lo conosciamo oggi mette in equilibrio attraverso la tutela giordana i sentimenti non soltanto di israeliani e palestinesi. A rafforzare l’ipotesi di un possibile ruolo saudita ci sono lo stretto rapporto tra l’Amministrazione Trump e Riad e la relazione personale tra Kushner e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Eppure, come ricorda il quotidiano israeliano Haaretz, mettere in forse la tutela che la Giordania ha sui luoghi sacri (musulmani e cristiani) di Gerusalemme dal 1924 – dal 1948 al 1967 Amman ha inoltre controllato la Cisgiordania, Gerusalemme est e la città vecchia - implicherebbe una rottura dei termini del Trattato di pace del 1994 tra Israele e il regno di re Abdullah II. Per gli osservatori una trasformazione degli antichi equilibri potrebbe avere ripercussioni rischiose sulla regione e nel mondo arabo quanto il riconoscimento da parte degli Stati Uniti di Trump di Gerusalemme come capitale di Israele. L’idea riaccende antiche tensioni e ne innesca di nuove. Se la monarchia giordana vede da decenni nelle donazioni saudite verso i luoghi sacri un tentativo di «internazionalizzazione» della gestione di Gerusalemme, che indebolirebbe il prestigioso ruolo di Amman, il precedente storico non manca. Fu infatti proprio la casa dei Saud a strappare alla dinastia hashemita degli avi di re Abdullah II il controllo della Mecca. Oggi, il sovrano giordano, confrontato a una crisi economica, alla gestione dei rifugiati siriani, al malcontento sociale dipende suo malgrado da aiuti economici di Riad. E ora teme di perdere influenza proprio a causa di Riad. Non mancano altri rivali: oltre all’Arabia anche Turchia e Marocco ambiscono da sempre a un ruolo a Gerusalemme.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante