Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi, 27/07/2019, a pag.2 con il redazionale dal titolo "L'Anp annuncia il ritiro dagli accordi con Israele "
Andrea Monda, direttore
Più che redazionale dovremmo scrivere 'velinona' visto che riporta paro paro la versione palestinista, avendo cura di censurare la dichiarazione della Corte Suprema israeliana (alla cui guida c'è un arabo israeliano!) che spiega con chiarezza come illegale fosse il luogo scelto per costruzione degli edifici, non avendo rispettato la distanza obbligatoria dalla linea di sicurezza.
Ma di tutto questo che importa al quotidiano vaticano?
Suggeriamo ai nostri lettori cattolici di chiedere conto al direttore, la e-mail è a fondo pagina, e di farci avere poi copia della risposta.
TEL Aviv, 26. L'Autorità nazionale palestinese ha deciso di sospendere tutti gli accordi sottoscritti con Israele. Lo ha annunciato il presidente Abu Mazen al termine di una riunione urgente convocata negli uffici della Muqata di Ramallah, in seguito alla demolizione da parte di Israele di una dozzina di edifici a Gerusalemme est, situati in aree definite autonome dagli accordi di Oslo (1993). Con quel gesto, afferma l'Anp, Israele non solo ha compiuto un «crimine» e una «pulizia etnica» ma ha anche infranto unilateralmente quegli accordi. Secondo l'agenzia di stampa ufficiale Wafa, il meccanismo adeguato per attuare la sospensione di quegli accordi sarà comunque definito da una apposita commissione. Finora non è noto quando tale commissione dovrebbe sottoporgli le proprie conclusioni. Ieri il premier dell'Anp Mohammed Shtayeh ha incontrato ambasciatori e consoli accreditati per far loro presente la gravità della crisi. Riferendosi al congelamento da parte di Israele di tasse e ai dazi doganali destinati all'Anp, Shtayeh ha accusato il governo di Benyamin Netanyahu di aver lanciato «una guerra finanziaria» nei confronti dell'Anp. Ma non ha escluso che una soluzione possa ancora essere trovata. Nei giorni scorsi dirigenti dell'Olp avevano avvertito che la rottura con Israele era vicina per le demolizioni avvenute nel rione di Sur Baher (Gerusalemme est), per la moltiplicazione dei progetti di insediamento ebraico in Cisgiordania, e per l'approfondimento di iniziative israeliane volte ad affermare il carattere ebraico di Gerusalemme, in particolare nella Città Vecchia. «Non ci piegheremo di fronte alle imposizioni israeliane e alla politica del fatto compiuto, in modo particolare a Gerusalemme», ha detto Abu Mazen (Ansa) Abu Mazen. «Le nostre mani — ha assicurato — restano tese come in passato, al fine di conseguire una pace giusta, generale e durevole. Ma ciò non significa che accettiamo lo status quo». Abu Mazen ha di nuovo respinto il cosiddetto "Accordo del secolo" (elaborato dall'amministrazione Trump, ndr): «La Palestina e Gerusalemme — ha ribadito — non sono in vendita». Quindi ha avvertito che nella regione e nel mondo non ci possono essere «né pace, né sicurezza, né stabilità» fino a quando i palestinesi non avranno recuperato i propri diritti. Sul piano pratico, la Commissione incaricata da Abu Mazen di attuare il ritiro dagli accordi dovrà inizialmente muoversi lungo due direttive: quella economica e quella della sicurezza. Nella previsione di un allentamento dei legami con Israele il premier Shtayeh si è recato questo mese in Iraq, in cerca di aiuti
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