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La Repubblica Rassegna Stampa
22.07.2019 Ultraortodossi in Israele: un articolo disinformante di Davide Lerner
Il titolo di Repubblica rincara la dose

Testata: La Repubblica
Data: 22 luglio 2019
Pagina: 15
Autore: Davide Lerner
Titolo: «Tra gli ortodossi d’Israele che ora dettano legge. E il Mossad li vuole 007»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/07/2019, a pag.15 con il titolo "Tra gli ortodossi d’Israele che ora dettano legge. E il Mossad li vuole 007", il commento di Davide Lerner.

Davide Lerner esagera il peso della componente ultraortodossa in Israele, descrivendo un intero Paese ostaggio di una minoranza. Secondo Lerner, le possibilità per Israele di una modernizzazione complessiva senza assistenzialismo, con servizio militare obbligatorio per tutti e inserimento di ogni gruppo nel mercato del lavoro "con 16 deputati ultra-ortodossi alla Knesset non si può realizzare". Lerner "dimentica che alla Knesset siedono 120 parlamentari, di cui 16 è poco più del 10%. Quindi se c'è la volontà politica si possono cambiare molte cose. La redazione di Repubblica rincara la dose titolando "gli ortodossi d'Israele che ora dettano legge". Viene completamente ignorato il fatto che sempre più ultraortodossi partecipano al servizio militare e alla vita economica del Paese, anche se la strada da fare è ancora molta.

Ecco l'articolo:

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Davide Lerner

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«Tel Aviv è a dieci minuti da qui ma non ci metto piede, per carità, là le donne vanno in giro mezze nude. Chi si espone a quel mondo lì poi torna in yeshivà e non capisce più niente degli studi religiosi» dice Elad Kuper, ultraortodosso israeliano di 27 anni, passeggiando nell’enclave haredi di Bnei Brak. Kuper abita con la moglie e i suoi primi tre figli (la media per gli ultraortodossi è di circa sette) in una stanza e mezza affittata in uno stabile sgangherato e circondato di spazzatura, vicino alla sovraffollata arteria di “Rabbi Akiva”. Vive del sussidio della yeshivà, la scuola religiosa, che ammonta a 2.000 shekel al mese (490 euro), in buona parte prelevati direttamente dalle casse dello stato. Studia di notte – «solo col buio si raggiunge la massima concentrazione secondo l’importante rabbino Shimon Bar Yochai» – e durante il giorno aiuta un vecchio per raggranellare qualche altro shekel. Ma nella comunità ultraortodossa sono piuttosto le mogli che, non “obbligate” a studiare le scritture ininterrottamente, sono autorizzate a fare qualche lavoro: in molte, come la ventiquattrenne Avigail, moglie di Kuper, fanno le maestre a scuola o negli asili part-time. Agli sforzi del governo per cerare di spingere più ultraortodossi a integrarsi nella società “mondana” si è di recente aggiunto niente meno che il Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana. «Abbiamo cominciato ad assumere personale ultraortodosso dopo lunghi percorsi propedeutici specializzati», ha detto il direttore del Mossad Yossi Cohen all’inizio del mese, citando una collaborazione con la ong Pardes che si pone l’obiettivo di conciliare la vita religiosa degli haredim con quella lavorativa, finanche nel settore della difesa. Kuper è un caso particolare nella comunità ultraortodossa: è un hoser leteshuva’ (colui che ritorna alla chiamata), cioè ha vissuto da laico fino a circa vent’anni, compreso il servizio militare, prima di scegliere il lungo cappotto nero e il cappello a larghe tese dei religiosi. Ma per i suoi figli la strada è segnata. Kuper scandisce: «Dai 3 ai 13 anni talmud torah, poi yeshivà fino al matrimonio, che verrà organizzato da un “shachdan” o agente matrimoniale e approvato dai genitori, poi continueranno a studiare al kollel, la scuola religiosa per uomini sposati. Qui le vite sono semplici, è tutto pre-ordinato: non bisogna mai prendere decisioni», dice. «Ovviamente useranno cellulari kasher, che possono fare solo telefonate. E quando a 18 anni arriverà lo “zav rishon”, la chiamata dall’esercito, ci faremo dare un certificato d’esenzione dalla yeshivà», spiega. Proprio sul risentimento verso i super-religiosi, visti come parassiti che eludono il servizio militare e vivono di sussidi statali da molti israeliani, si sono incagliati i negoziati per formare il quinto governo del primo ministro Benjamin Netanyahu. Ed è probabile che la stessa impasse si riproponga dopo le nuove elezioni del prossimo settembre: Avigdor Lieberman, che ha impugnato la causa dei laici, ha già detto che non farà sconti per andare in coalizione coi religiosi. E, secondo recenti sondaggi della televisione israeliana, senza Lieberman Netanyahu, ancora una volta, non sarà in grado di formare un governo. Secondo l’Ocse, entro pochi decenni la componente haredi della società israeliana (attualmente circa un milione) potrebbe raggiungere il 30 per cento della popolazione, con gravi conseguenze su economia e politica del Paese. «È fondamentale che vengano rivisti i curriculum delle scuole haredi inserendo materie più classiche, dalla matematica alle scienze all’inglese, se si vuole favorire la loro integrazione nel mercato del lavoro», ha detto Peter Jarrett dell’Ocse al giornale economico israeliano The Marker . «È una battaglia contro il tempo», ha aggiunto. C’è anche chi, come il noto scrittore israeliano Yuval Noah Harari, autore del bestseller “Sapiens,” interpreta la questione degli ultra-ortodossi in chiave positiva. In un mondo in cui l’automazione rendesse i mestieri dell’uomo sempre meno utili, teorizza nel suo ultimo libro “21 lezioni per il XXI secolo” (Bompiani editore), le persone godranno di un reddito di cittadinanza e dovranno realizzarsi facendo a meno del lavoro. Ecco allora che gli ultraortodossi, secondo diverse ricerche appagati da una vita fatta di soli rituali, sarebbero un’avanguardia da imitare invece che una zavorra di cui disfarsi, relegandola al passato remoto. Ma, per ora, la preoccupazione principale in Israele rimane quella di come favorire una loro integrazione alla luce del crescente peso demografico ed elettorale. Al contrario della minoranza araba, anch’essa poco emancipata nella società israeliana, le autorità religiose haredi mandano i propri discepoli a votare come soldati. «Sappiamo che avere peso politico conta parecchio, anche se la nostra società vive separata », spiega Kuper. Per misurare il peso politico degli ultraortodossi basta prendere in mano le prime pagine goliardicamente distopiche dei giornali “haredi” all’alba dell’ultima consultazione elettorale: “Matrimoni civili in arrivo,” “Trasporti pubblici di Shabbat (sabato) nella maggior parte delle città del Paese,” e ancora “Coscrizione obbligatoria per tutti”. Nessuno di questi scenari, con 16 de putati ultra-ortodossi alla Knesset, si possono realizzare.

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