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Il Mattino Rassegna Stampa
20.07.2019 'Skin', film di Guy Nattiv, in arrivo
Cronaca di Diego Dal Pozzo

Testata: Il Mattino
Data: 20 luglio 2019
Pagina: 37
Autore: Diego Del Pozzo
Titolo: «Dal corto al film grazie all'Oscar»

Riprendiamo dal MATTINO di oggi, 20/07/2019, a pag.37 con il titolo "Dal corto al film grazie all'Oscar" la cronaca di Diego Dal Pozzo

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                                                       Guy Nattiv

«Dal corto al film grazie all'Oscar», proiettato con successo ai festival di Toronto e Berlino, ispirato all'omonimo cortometraggio vincitore quest'anno dell'Oscar, «Skin» di Guy Nattiv è un ritratto durissimo delle comunità neonaziste sempre più radicate in ampie aree interne degli Stati Uniti. Ieri sera, ha emozionato e commosso la platea dell'«Ischia global fest», dove è stato proiettato in anteprima italiana sul grande schermo a picco sul mare nella baia naturale del Regina Isabella di Lacco Ameno. A presentare il film, assieme al quarantaseienne regista originario di Tel Aviv ma americano d'adozione, c'erano anche le produttrici Trudie Stylere Jaime Ray Newman.
Nattiv, quest'anno lei ha vinto l'Oscar tra i corti con «Skin». Com'è maturato il passaggio al lungometraggio?
«In realtà, l'idea originale, che risale a qualche anno fa, riguardava proprio un lungometraggio. Però, all'epoca, non riuscimmo a trovare nessun produttore americano interessato a un tema che fu ritenuto troppo duro. Eravamo alla vigilia del confronto elettorale tra Trump e Hillary Clinton e a Hollywood c'era la percezione che con l'elezione alla presidenza di Hillary temi come il razzismo sarebbero stati superati. Invece, come sappiamo, la Storia è andata da tutt'altra parte. Nel frattempo, però, abbiamo realizzato il cortometraggio, che appena fu visto da Trudie Styler e dal marito Sting li convinse ad appoggiarci nella produzione del film. L'Oscar a "Skin" tra i corti è stato un premio al nostro e al loro coraggio».
Che differenze ci sono tra i due lavori?
«Ad accomunarli è il tema del razzismo e dei neonazisti che proliferano sempre di più negli Stati Uniti di oggi, oltre naturalmente al fatto che entrambi sono ispirati alla storia vera di Bryon Widner, un esponente di spicco di una comunità neo- nazista dell'Ohio. Per il resto, invece, le trame dei due film sono molto diverse».
Di che parla, dunque, la versione lunga di «Skin»?
«Racconta la storia di questo ragazzo cresciuto, come tanti altri giovani senza famiglia, dai leader di un'organizzazione neonazista e trasformato in un essere spregevole, razzista, violento, ignorante, col volto interamente ricoperto da tatuaggi con simboli di odio. L'incontro con una ragazza della zona e con un attivista afroamericano, però, fa scattare qualcosa nell'animo del giovane, tanto da portarlo a rinnegare il suo passato fatto di violenza e razzismo. Simbolo tangibile di questo cambiamento è la scelta estrema di rimuovere chirurgicam ente i propri tatuaggi».
Il film si regge per buona parte sulla notevole performance del protagonista Jamie Bell, l'ex ragazzino prodigio di «Billy Elliott». Com'è andata sul set con lui nella costruzione di un personaggio così complesso? «Jamie è stato straordinario, perché ha studiato tantissimo per prepararsi al ruolo. Ha trascorso una settimana in compagnia del vero Bryon, ha guardato un documentario sulla sua vita, ha letto molto. Al momento delle riprese è arrivato sul set preparatissimo e si è calato completamente nel personaggio, attingendo anche al suo lato oscuro per tirar fuori le emozioni negative che dovevano arrivare sullo schermo. Io ho il merito di averlo scelto, ma poi è lui che è stato incredibilmente bravo, ispirandosi alla rabbia animalesca di uno squalo ferito».

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