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La Stampa Rassegna Stampa
20.07.2019 Germania: Il 20 luglio di von Stauffenberg
Commento di Gian Enrico Rusconi

Testata: La Stampa
Data: 20 luglio 2019
Pagina: 26
Autore: Gian Enrico Rusconi
Titolo: «Il 20 luglio di von Stauffenberg»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/07/2019, a pag.26 con il titolo " Il 20 luglio di von Stauffenberg" il commento di Gian Enrico Rusconi

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Gian Enrico Rusconi      Claus von Stauffenberg

Il 20 luglio 1944—settantacinque anni fa — fallì l'attentato a Hitler, ideato e condotto da Claus von Stauffenberg, colonnello dello stato maggiore tedesco. All'annuncio della morte del dittatore , sarebbe dovuto seguire un colpo di stato a Berlino. Ma il fallimento dell'attentato portò non solo all' uccisione di von Stauffenberg e degli altri congiurati da parte degli hitleriani ma allo scatenamento di una sanguinosa repressioni di centinaia di sospettati. L' operazione culminò con una mobilitazione di consenso al regime. Impressionante fu il sostegno praticamente unanime della casse militare mentre la stragrande maggioranza della popolazione considerò l'attentato un «tradimento» verso il popolo tedesco. Dopo la fine della guerra, la figura di von Stauffenberg fu ignorata o guardata con estremo sospetto. Soltanto nel 1954 il presidente dello Stato, Theodor Heuss, affermò che «la vergogna che Hitler aveva gettato su noi tedeschi fu cancellata dal sangue» dei protagonisti del 20 luglio. Ma ci vollero ancora molti anni perché von Stauffenberg fosse riconosciuto nei suoi meriti, e soltanto con la fine degli anni sessanta e gli anni settanta diventò un modello etico-politico e un «eroe». Almeno nella cultura politica dominante. Ma la sua personalità politica rimane tutt'oggi motivo di dibattito e controversie, a proposito delle sue intenzioni politiche e prospettive istituzionali. Von Stauffenberg non era un «democratico» nel significato che noi diamo a questo concetto e lui stesso oggi si sentirebbe estraneo al sistema dei partiti esistente. La sua era una visione nazional-conservatrice, certamente priva di tratti dittatoriali, ma organicista non pluralista, e non esente da elementi autoritari (quantomeno nella fase di passaggio dal nazionasocialismo al nuovo regime ). Insomma, nella sua impostazione etico-politica sono difficilmente riconoscibili i tratti che portano alla democrazia costituzionale di oggi. La «resistenza» antinazista di questo tipo era motivata innanzitutto dalla visione cristiana della dignità dell'uomo, della giustizia e libertà della persona da ogni violenza politica e costrizione sociale. L'azione di rivolta che ne seguiva — sino all'estremo della soppressione fisica del dittatore ( idea per altro non condivisa da tutti) - nasceva dalla constatazione che il regime nazista era ( o era diventato) l'opposto di tutti questi valori. Quello di von Stauffenberg è stato dunque essenzialmente un gesto morale , un «atto etico»? Non è esattamente cosi. Ma prima di capire la sua qualità politica, che va collocata nel suo contesto storico, dobbiamo prendere atto di un altro fatto di attualità, solo apparentemente paradossale. In realtà inquietante. Esponenti di spicco della nuova destra tedesca antisistema — Alternative für Deutschland - fanno di von Stauffenberg un loro modello di riferimento. «Gli uomini del 20luglio hanno dato un esempio di ethos dell'ufficiale patriota. ll limite dell'obbedienza è stato raggiunto quando la guida dello Stato agisce in modo criminale — leggiamo sulla autorevole rivista della nuova destra Junge Freiheit — Anche grazie all'atto di von Stauffenberg noi tedeschi oggi possiamo andare a testa alta». La tesi è esplicita : quando il governo agisce in modo sbagliato (addirittura criminale) , la disobbedienza è un dovere. Facendo di von Stauffenberg un eroe della disobbedienza tedesca , la nuova destra mira ad appropriarsi del concetto di «resistenza», che diventa così uno slogan urlato nelle piazze contro il governo e controil sistema politico. Un abuso così clamoroso della figura di von Stauffenberg discende ovviamente dalla assurda equiparazione fatta dalla AfD del sistema nazionalsocialista con il «sistema dei partiti» attuale. Ma questa assurdità riporta al discorso fatto sopra sui limiti intrinseci della«resistenza antihitleriana» del gruppo attorno a von Stauffenberg. A questo punto occorre però ricordare che, con tutti i suoi limiti, questo gruppo si è differenziato decisamente dalla stragrande maggioranza dei vertici militari rimasti fedeli al nazionalsocialismo, nonostante fossero a conoscenza dei crimini commessi durante la guerra di sterminio, condotta con l'invasione dell'Unione sovietica. Nonostante vedessero con i loro occhi che la guerra sconfinava nel genocidio, nella soppressione indiscriminata della popolazione civile, perdendo così ogni legittimità morale e politica. Eppure occorre attendere gli anni Novanta perché venisse definitivamente smentito il mito delle SS criminali e della Wehrmacht che combatteva duramente ma correttamente. A questo proposito proprio von Stauffenberg, che inizialmente aveva salutato e sostenuto il nazionalsocialismo, aveva constatato che la guerra condotta da Hitler non era affatto la versione più radicale della guerra nazional-imperiale «tradizionale» tipica delle grandi potenze, ma una guerra razziale di annientamento . I vertici militari, nonostante qualche cauto dissenso di alcuni, non si sono opposti. Che l'attentato del 20 luglio fosse il segnale e la prova della ostilità dei vertici militari era una ossessione personale di Hitler che non aveva riscontro nel loro atteggiamento effettivo, presentato come esclusivo impegno totale dei soldati tedeschi. Da qui il tragico equivoco di combattere sino all'ultimo per la salvezza della Germania a fianco del nazionalsocialismo anziché capire che la salvezza della Germania dipendeva proprio dalla scomparsa e dal rifiuto dell'hitlerismo. In questa ottica l'azione di von Stauffenberg non è stato semplicemente un nobile «gesto etico», ma un atto politico.

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