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Il Manifesto Rassegna Stampa
13.07.2019 Il parco è aperto per i soli cittadini di Afula
Ma per Giorgio diventa vietato ai palestinesi

Testata: Il Manifesto
Data: 13 luglio 2019
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Parco pubblico israeliano vietato ai palestinesi»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 13/07/2019, a pag.9 con il titolo "Parco pubblico israeliano vietato ai palestinesi" l'articolo di Michele Giorgio

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Ecco l'avviso, che smentisce le menzogne di Giorgio: il parco è aperto soltanto per i cittadini di Afula

Scriviamo 'articolo' invece di commento o analisi, per evidenziare la totale mancanza di attendibilità in questo pezzo di Michele Giorgio, per la verità non molto dissimile da altri, comunque il peggiore.
Afula è una piccola città in Galilea - 40.000 abitanti circa - dove la municipalità, per mantenere il parco cittadino in condizioni che ne permettano la vivibilità (era diventato  un luogo frequentato  anche dai cittadini di paesi vicini, che non vivendo a Afula non si curavano delle condizioni in cui lo lasciavano) aveva deciso di limitare la presenza ai soli abitanti, che con le tasse comunali ne rendevano possibile la pulizia).
Infatti la targa all'ngresso del parco avvisa che l'ingresso è riservato ai soli abitanti di Afula.
Che fa Giorgio? Trasforma un regolamento civile di buon senso e di buona amministrazione in una voluta azione discriminante verso i palestinesi, ignorando che il permesso di entrata è rivolto ai 'cittadini', senza alcuna altra qualifica se non abitare a Afula.
Sulle altre 'informazioni'- proprio per l'inattendibilità del cronista - seguiremo la vicenda. 
In quanto all'avvocato dello Stato Mandelblit - sempre che risponda al vero la sua denuncia del sindaco - ricordiamo i suoi attacchi contro Netanyahu con accuse rivelatesi tutte senza alcuna prova, mirate a screditarne la leadership.

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Michele Giorgio

Domani sarà una domenica decisiva per Adalah. Gli avvocati della ong, impegnata nella tutela legale della minoranza araba (palestinese) in Israele, spiegheranno ai giudici i motivi della denuncia che hanno presentato contro l'amministrazione comunale di Mula, città ebraica della Galilea che dal 26 giugno vieta ai non residenti di entrare nel parco pubblico della città. I SON RESIDENTE, sono i palestinesi che vivono nei villaggi arabi vicini. La presenza dei non residenti, spiegano il sindaco Avi Elkabetz e il suo entourage, limita il «pieno godimento» del bene pubblico da parte dei cittadini di Afula che contribuiscono alla cura del parco con le tasse comunali. Da qui la «necessità» di porre restrizioni. Una giustificazione che non convince nessuno e i palestinesi che vivono nella zona ripetono che si tratta semplicemente di «razzismo». Il divieto, sottolineano, è stato emanato dopo un'esplicita promessa elettorale fatta dal sindaco di agire contro la «conquista del parco da parte degli arabi». Elkabetz inoltre ha invitato i cittadini ebrei a «issare con orgoglio bandiere israeliane in tutto il parco». A oggi non si hanno notizie di ebrei non residenti a cui sia stato negato l'ingresso nel parco. A inizio luglio una rappresentante di Adalah, Nareman Shehadeh-Zoabi, è andata a verificare di persona quanto accade. All'ingresso del parco ha trovato un grande cartello con la scritta: «Aperto solo agli abitanti di Mula». Quando ha provato, con il suo bambino, a entrare è inter venuta una guardia di sicurezza che ha chiesto i documenti di riconoscimento. L'uomo ha bloccato il passo di Shehadeh-Zoabi dopo aver verificato che risiede a Nazareth, la più grande delle città arabe in Israele. «Mi sono sentita profondamente umiliata — ha raccontato la donna — Mentre rispondevo alle domande (della guardia di sicurezza) i residenti ebrei di Mula avevano libero accesso al parco. Io non potevo farlo solo perché vivo nell'araba Nazareth». AD AFULA NEGANO che il provvedimento abbia un contenuto razzista. Ma il sindaco Elkabetz qualche giorno prima dell'approvazione del divieto aveva preso parte a una protesta di centinaia di abitanti contro la vendita di case a famiglie palestinesi. Ed il consiglio comunale eletto lo scorso ottobre si è impegnato a «preservare il carattere ebraico della cita». L'Avvocato dello Stato Avichai Mandelblit si è espresso per una sospensione immediata del divieto deciso da Elkabetz. Ma non basta a far sparire la discriminazione che deve affrontare la comunità palestinese in Israele, circa un milione e 800mi1a persone, il 20% della popolazione. AFULA NON È UN CASO isolato. Nel marzo 2018 la cittadina di Kfar Vradim ha sospeso la venditadi terreni edificabili poiché oltre il 50% delle famiglie che li avevano acquistati erano palestinesi. Altre decine di piccole comunità hanno istituito «commissioni di ammissione» incaricate di autorizzare l'acquisizione di abitazioni sulla base di criteri di «idoneità sociale». In sostanza devono tenere fuori gli arabi. Il motivo principale per cui i palestinesi in Israele — chi può permetterselo e sono una piccola minoranza — cercano di comprare casa nelle comunità ebraiche è che i loro centri abitati nella maggior parte dei casi non hanno servizi adeguati e dove espandersi ed edificare a causa delle confische di terre arabe attuate massicciamente dallo Stato di Israele dopo i11948. Per Adalah il quadro è chiaro. «Le pratiche discriminatorie come quella ad Mula — scrive l'ong in un comunicato — sono il riflesso diretto della legge fondamentale approvata un anno fa dalla Knesset che descrive Israele come lo Stato della nazione ebraica e che all'articolo 7 promuove l'insediamento ebraico come un valore nazionale offrendo sostegno costituzionale a decenni di discriminazioni nelle politiche abitative». Limitare l'ingresso al parco pubblico di Mula, aggiunge l'ong, «è il sintomo di una inquietante tendenza alla segregazione fisica». IL GIORNALISTA Meron Rapaport ha scritto sul portale d'informazione Middle East Eye che «il razzismo in Israele è sempre esistito e non esclusivamente verso gli arabi. Ma quando il razzismo diventa accettabile nella sfera pubblica ed è percepito come mezzo efficace per ottenere voti in campagna elettorale, allora si arriva a un punto molto pericoloso. E questo è esattamente dove attualmente si trova Israele».

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