Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/07/2019, a pag.26, con il titolo "Da New York a Tel Aviv spazi non convenzionali teatro di esposizioni bonsai" il servizio di Fabiana Magrì
Fabiana Magrì tra i musei di Tel Aviv
Micro le dimensioni, macro le aspirazioni, non convenzionali gli spazi. Un montacarichi di New York, un sottoscala a Tel Aviv, cabine telefoniche in Inghilterra, la vetrina del palazzo più antico di Monza: sono gli spazi espositivi - musei o gallerie d’arte - più piccoli del mondo, perché una mostra può contenere il suo messaggio anche in 2, 5, massimo 4 metri quadrati di superficie.
Cabine telefoniche
Nel 2009 in Inghilterra la compagnia telefonica British Telecommunications lanciò la campagna «Adopt a Kiosk»: con l’avvento della comunicazione mobile le iconiche cabine rosse inglesi erano diventate un simbolo senza funzione, da preservare come elementi della tradizione britannica. Alcune sono state riconvertite in biblioteche, altre in internet caffè ma tante, in tutto il Regno Unito, sono rinate come gallerie d’arte. È forse questa l’origine del fenomeno che oggi ha esempi anche in America, Israele e Italia. Se i musei sono spazi di ritrovo, luoghi in cui indugiare e smarrirsi, le micro-gallerie, al contrario, sono punti di passaggio, in cui nemmeno si entra ma su cui ci si affaccia. Il Mmuseumm di New York, nel montacarichi in disuso di un vecchio magazzino di tessuti in Cortlandt Alley a TriBeCa, ha «uno stile di narrazione del mondo moderno» - come si legge sul sito - che propone «un giornalismo degli oggetti». Il curatore, unico membro dello staff, Alex Kalman (33 anni) ha raccontato al New York Times il suo approccio più da direttore di una rivista o di un giornale, alla ricerca di storie rilevanti in oggetti apparentemente ordinari ma incredibilmente rivelatori. Come, attualmente esposta, la scatola del take-away di un falso fast-food americano in Iran, dove McDonald’s è bandito ma la catena di hamburger locale McMashallah gli strizza l’occhio e sfida l’establishment. «È la storia di come l’amore universale per un cheeseburger - dice Kalman - possa sopraffare gli embarghi internazionali».
La galleria minuscola
Nella strada simbolo della street art israeliana, nel quartiere fringe al sud di Tel Aviv in Florentin Street, Murielle Cohen (35 anni), originaria di Montreal, ha installato la Tiny Tiny Gallery per dare visibilità, letteralmente, agli artisti locali. Una volta al mese, con il passaparola o un post sulla pagina facebook della galleria, la comunità è invitata a una nuova inaugurazione, una cerimonia che ricorda il gesto del dono: l’artista di turno, che durante l’allestimento oscura la vetrina sulla strada con i giornali, rimuove la carta e, come fosse un pacco regalo, svela la mostra. «Il senso di questa galleria - spiega Cohen, street artist lei stessa - non riguarda le vendite. La gente passa e guarda, anche nel bel mezzo della notte, e non si sente a disagio come può accadere quando si entra in una galleria commerciale». Seduti sulla panchina accanto alla galleria sembra di far parte del muro alle spalle, coperto di graffiti e oggetti lasciati da ciascun artista che espone alla Tiny Tiny.
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