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Gli iracheni si stanno riapproppriando con la violenza di quello che con la violenza gli era stato rubato in quasi trent'anni di dittatura e non hanno fine le scene del saccheggio in ogni citta' del paese gia' liberata dagli anglo-americani. Rubano tutto, rubano dagli alberghi ai Palazzi del potere, persino dagli ospedali, rubano mobili, frigoriferi, pezzi di pavimento, statue, ho visto correre uomini con le mani colme di fiori di plastica come se fossero un tesoro inestimabile, hanno distrutto le ville dei figli del tiranno, di Tarek Aziz, dei vari ministri e generali del regime. Rubano, rubano a man bassa e felici, donne velate che scappano con le braccia colme di masserizie che probabilmente non sapranno come usare, seguite da nugoli di bambini un po' straniti e spaventati ma ognuno con qualcosa tra le mani. L'immagine che mi ha fatto piu' tenerezza e' stata quella di un ragazzino di circa dieci anni che usciva da un palazzo governativo con il suo bottino di bambino : un pezzo di legno in cui erano infilate decine di bandierine e correndo verso la televisione che lo riprendeva, rideva gridando :"Okey, okey Bush, no Saddam, no Saddam". Mi ha turbata invece il furto del bellissimo cavallo bianco del figlio del dittatore, lo portava un ragazzo e il cavallo gli trotterellava allegramente accanto, ignaro della tragedia che maturava intorno a lui. Mi auguro che non ne abbiano fatto bistecche. La fine di una dittatura violenta porta inevitabilmente a una reazione violenta e piena di furore incontenibile, e' un'esperienza che abbiamo vissuto anche in Italia quando e' caduto il fascismo . Abbiamo assistito in questi giorni, con reverenziale timore, allo scoppio di una bomba il cui esplosivo era un popolo intero, e' bastato accendere la miccia e il tuono e' stato incontenibile e prorompente. Mordechai Ben Porat, ex ministro israeliano e attuale direttore del Centro Culturale degli Ebrei Babilonesi, nativo di Bagdad, in un'intervista a Arutz Sheva racconta la sua vita in Iraq prima della fuga avvenuta nel 1945 quando aveva 22 anni. Ricorda con nostalgia le nuotate nel Tigri e la musica degli ebrei sulle rive del fiume , gli odori di spezie e di pesce alla griglia. La vita era bella, dice, e la memoria e' piacevole fino al 1941 quando vi fu il grande pogrom e centinaia di ebrei furono assassinati, centinaia di donne violentate e uccise con i loro bambini. Fu come un terremoto per la comunita' ebraica completamente distrutta. In Israele vivono 250.000 ebrei di origine irachena, il 30% di essi e'nato in Iraq e segue quindi con grande gioia ma anche con preoccupazione le notizie della liberazione dalla tirannide. Prima della guerra c'erano 40 ebrei e una sinagoga a Bagdad ma non si sa ancora niente di loro, nessuno ne parla e non ci sono informazioni al riguardo, si puo' solo sperare che stiano tutti bene. Le memorie di Bagdad di Mordechai Ben Porat profumano di nostalgia e di gioventu' ma anche del piacere di aver potuto vivere la sua vita in Israele. |
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