Che cosa significa la crisi russa
Analisi di Antonio Donno
Le sanzioni americane contro la Russia, dopo i fatti di Crimea, stanno dando i loro frutti. L’economia russa è in crisi e la disparità di condizione economica tra i nuovi ricchi e la grande maggioranza della popolazione si fa sempre più evidente. Per questo motivo, il malcontento della popolazione sale, ma non in modo tale da causare manifestazioni eclatanti di protesta. Tuttavia, i sondaggi dicono che Putin non gode più della massiccia approvazione dei russi. Di conseguenza, i progetti egemonici di Putin in alcune zone dell’Europa orientale e del Medio Oriente finiranno per cedere il passo ad una considerazione più modesta, da parte sua, sulle possibilità del proprio paese di affiancare Stati Uniti e Cina ai vertici del sistema politico internazionale. Se si osservano attentamente i dati politici ed economici che caratterizzano le due aree verso le quali Putin coltiva le sue ambizioni, i risultati parlano chiaro. L’Ucraina, dopo l’annessione illegale della Crimea, è sotto attenta osservazione da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, tanto è vero che la guerra nel Donbass ucraino, che i pro-russi tentano di strappare a Kiev in favore di Mosca, è in una fase di stallo, né per ora Putin può dare il via a nuove operazioni belliche: sarebbe troppo rischioso. Ancora più chiara è la situazione in Polonia e in Ungheria. I due paesi godono di una notevole stabilità politica, con governi fortemente nazionalisti e anti-russi, e soprattutto riscontrano una crescita economica che favorisce il sostegno popolare ai governi in carica. Varsavia e Budapest godono dell’appoggio degli Stati Uniti.
Putin incontra Conte a Roma
Quando Putin prese il potere in Russia, approfittò del crescente favore del suo popolo per iniziare a elaborare un grande progetto di espansione dell’influenza russa, mirando a riportare il suo paese ai livelli di potenza dell’ex Unione Sovietica. I dati attuali dimostrano che le ambizioni di Putin erano molto superiori alle concrete possibilità della Russia, sia dal punto di vista politico, sia da quello economico. Se si fa un paragone tra i progetti putiniani in Europa orientale e quelli nel Medio Oriente, ne scaturisce una grande differenza di prospettive, ammesso che nel futuro sia le une, sia le altre possano dare esiti positivi per Mosca. Il che sarà tutto da verificare. Tuttavia, al presente, il Medio Oriente sta fornendo a Putin maggiori motivi di soddisfazione. I paesi dell’Europa orientale, usciti dalla gabbia del comunismo sovietico, hanno consolidato la loro indipendenza sulla scorta della rinascita di un forte nazionalismo. Non vi è nulla di strano: quei paesi possiedono un passato di cultura, tradizioni, lingua che ha costituito nei secoli la base della loro esistenza indipendente. Terminata la guerra fredda, crollata l’Unione Sovietica, la loro rinascita nazionale, nel senso pieno del termine, sarà un ostacolo insormontabile per le ambizioni di Putin. L’Europa orientale sarà sempre più incline a condividere le posizioni occidentali, perché esse costituiranno il necessario baluardo contro i progetti di Putin. Il ruolo degli Stati Uniti è, in questo senso, decisivo. Di qui, l’intelligente mossa di Trump di porsi in sintonia con quei governi. Viceversa, il Medio Oriente si trascina in uno stato di instabilità dalla stagione fallimentare delle “primavere arabe” ad oggi. È proprio questa instabilità – a differenza della situazione dei paesi dell’Europa orientale ex-comunisti – a dare attualmente alcune prospettive a Mosca di esercitare una sorta di presenza politicamente concreta nella regione, per quanto in combutta con un pericoloso rivale come l’Iran. Comunque, è difficile prevedere per quanto tempo ancora Putin potrà giocare le sue carte nel Medio Oriente. Dal punto di vista puramente economico, sarà probabilmente la Cina, con il suo lento ma efficiente processo di inserimento nei gangli cruciali del sistema politico ed economico internazionale, a presentare le sue credenziali nel Medio Oriente. In definitiva, il progetto di Putin di riportare la Russia a competere realmente con gli Stati Uniti e la Cina è destinato a fallire. Le condizioni economiche del paese e il gap militare che lo divide dai suoi competitori non saranno recuperabili. Ora Putin tenta di ristabilire un nesso con la Cina, probabilmente per puntare ad una ripresa dell’economia russa, ma è difficile pensare che Pechino possa, grazie al proprio aiuto, permettere alla Russia di riconquistare una posizione politica internazionale allo stesso livello dell’attuale binomio sino-americano.
Antonio Donno