Riprendiamo oggi, 08/07/2019, dal GIORNALE a pag.10 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo "L'Iran arricchisce l'uranio, parte la corsa all'atomica (ma la bomba è lontana)"; dalla STAMPA a pag. 8, il commento di Giordano Stabile dal titolo "L'Iran viola l'accordo sul nucleare e minaccia l'Ue: 'Avete due mesi' "; il commento di Francesco Semprini dal titolo "Trump non cambia strategia: pressione sugli ayatollah senza la mediazione europea".
A destra: l'Iran, Donald Trump, Hassan Rohani
L'ottimo articolo di Fiamma Nirenstein - il più completo sui quotidiani di oggi sul dossier Iran - è presentato dal Giornale con un titolo fuorviante che sottolinea come, in ogni caso, per l'Iran "la bomba è lontana". La bomba in realtà non è lontana se agli ayatollah verrà consentito di arricchire rapidamente l'uranio nelle centrali che non hanno mai smesso di lavorare, nonostante l'accordo del 2015 voluto da Obama e dall'Europa.
Ecco gli articoli:
Il Giornale - Fiamma Nirenstein: "L'Iran arricchisce l'uranio, parte la corsa all'atomica (ma la bomba è lontana)"
Fiamma Nirenstein
Dunque l'Iran ha cominciato a muoversi, innalzando oltre il 3,67 i livelli di arricchimento dell'uranio che gli erano imposti dall'accordo del 2015. L'annuncio dato dal negoziatore nucleare e viceministro degli esteri Abbas Araghchi, un duro moderno laureato in Scozia, è minaccioso, arricchito dalla promessa di ulteriori tagli rispetto agli impegni del 2015, allusivo di una ripresa, tuttavia non annunciata esplicitamente, sulla strada della bomba atomica. Questo scopo è velato da allusioni a programmi civili, mentre si dice all'Europa che la si aspetta sulla via della cancellazione delle sanzioni per 60 giorni ancora: l'arricchimento aumentato è presentato come una sorta di misura minimale rispetto al terribile ruggito che gli Ayatollah di Teheran preparano se l'accordo coi P5 più uno non verrà ripristinato come chiedono entro 60 giorni. E' una mossa nell'ambito di un gioco a tre, USA Iran e Europa, in cui tuttavia si affacciano la Turchia e la Russia (con cui l'Iran progetta un incontro trilaterale in agosto)e la Cina, che viola nel silenzio generale il regime di sanzioni stabilito da Trump. Insomma una guerra mondiale nel cui centro siede, piuttosto preoccupato e comunque in stato di allarme, Israele: ieri il primo ministro Bibi Netanyahu ha detto che la mossa dell'Iran è un passo "molto molto pericoloso" e ha aggiunto "io mi rivolgo ai miei amici leader della Francia, l'Inghilterra, la Germania: l'Iran ha violato la sua solenne promessa fatta al Consiglio di Sicurezza dell'ONU di non arricchire l'uranio oltre un certo livello, voi avete firmato l'accordo e avete detto che appena lo avesse fatto, severe sanzioni sarebbero state imposte. Dove siete adesso?". La risposta di Macron è semplice: è stato al telefono con la mia controparte iraniana per più di un'ora, ha detto ai giornalisti. Insieme, hanno stabilito che entro il 15 di questo mese cercheranno di prevenire "l'ulteriore indebolimento dell'accordo" per evitare "le sue conseguenze", non useranno sanzioni. Insomma, l'Europa, nonostante certo sia la prima, geopoliticamente, a doversi preoccupare dell'eventuale ripresa dell'arricchimento e dell'accumulo di uranio arricchito, al momento cerca la strada di un possibile "appeasement". Un paradigma che dovrebbe essere molto familiare alla storia europea, e che ha portato già a terribili guerre. Che cosa può succedere nelle prossime ore? Intanto, nonostante Macron ami presentarsi come il leader di un'Europa sottile e strategica, utilizzando come arma politica una diffusa opposizione, anzi, una decisa antipatia per la severità di Trump, pure è difficile immaginare che voglia condurre l'Europa sulle ginocchia di un regime di cui l'IAEA, ovvero l'Agenzia atomica internazionale aveva già verificato le effrazioni; di cui l'operazione del Mossad che aveva sottratto al regime i documenti relativi, aveva già verificato le intenzioni nucleari mantenute ferme dopo il 2015. E' difficile sostenere, alla fine, un regime i cui i giustiziati omosessuali si contano fra i 6000 e gli 8000 dall'inizio del regime;che con la sua presenza belligerante in tutto il Medio Oriente, la provocazione continua dei poteri sunniti, l'uso del terrorismo, la minaccia isterica di distruggere Israele tiene il mondo intero sull'orlo del conflitto. Tuttavia se l'Iran adesso volesse correre verso una guerra, avrebbe annunciato misure più drammatiche del superamento la settimana scorsa dei 300 chili di uranio consentiti e ieri dell'arricchimento del 3,67: avrebbe potuto annunciare l'arricchimento del 20 per cento, o proibire all'IAEA di entrare nelle sue strutture atomiche, o lasciare il trattato di non proliferazione, o annunciare che sta aumentando di molto i chili di uranio arricchito. Se saltasse al 20 per cento, allora si potrebbe immaginare che come dicono alcuni esperti, in sei mesi la bomba atomica potrebbe essere pronta. Trump a sua volta non sembra ansioso di un confronto diretto, ha inghiottito l'attacco alle petroliere e anche il drone abbattuto. Tuttavia l'allerta generale, anche in Israele, è molto viva: il gioco dell'Iran è puntare a elezioni americane che gli regalino un dopo Trump, e magari, in Israele, un dopo Bibi. Ma giocando duro come fa, bisogna vedere se ci arriva, e naturalmente se Trump o Bibi, o ambedue, saranno rieletti gioco realistico. Certamente, gioca sempre sull'orlo dell'abisso.
Giordano Stabile: "L'Iran viola l'accordo sul nucleare e minaccia l'Ue: 'Avete due mesi' "
Giordano Stabile
L'Iran compie un altro passo verso la rottura del patto sul programma nucleare e l'Europa questa volta denuncia la «violazione». Teheran punta a strappare agli europei un impegno maggiore contro le sanzioni imposte da Donald Trump, ma l'escalation lanciata dal discorso del presidente Hassan Rohani lo scorso 8 maggio ha finora ottenuto l'effetto contrario e così si allontana la possibilità di tenere in vita l'intesa del 2015. Dopo il superamento della prima soglia, la quantità di uranio arricchito accumulata, una settimana fa Rohani aveva avvertito che la Repubblica islamica si sarebbe spinta ancora più in là, in assenza «di risposte concrete». Ieri Behrouz Kamalvandi, portavoce dell'Agenzia atomica iraniana, ha confermato che Teheran ha cominciato ad arricchire il combustibile «oltre il limite del 3,67 per cento» stabilito da trattato del 2015.
«Siamo pienamente preparati ad arricchire l'uranio a ogni livello», ha aggiunto. Prima dell'intesa multilaterale l'Iran era arrivato al 20 per cento. Per costruire bombe atomiche serve uranio arricchito al 90. Ali Akbar Velayati, il più influente consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei, ha parlato di un «livello del 5 per cento per fornire combustibile al reattore nucleare di Bushehr» e ha ribadito che il programma nucleare iraniano ha scopi civili, per produrre elettricità. Ma ogni aumento allarma la comunità internazionale. Francia, Germania e Gran Bretagna, i tre firmatari europei dell'intesa, hanno espresso «preoccupazione». Il presidente francese Emmanuel Macron ha definito la decisione di Teheran una «violazione». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato di passo «estremamente pericoloso» e chiesto all'Ue di imporre sanzioni.
I limiti fissati nel 2015 erano stati pensati proprio per rallentare un eventuale passaggio dall'uso civile a quello militare. Per gli Stati Uniti di Donald Trump però non erano sufficienti e il presidente americano si è ritirato dall'intesa nel maggio del 2018. Un anno dopo Rohani ha risposto con una serie di ritiri parziali, da alcune clausole, e dato tempo all'Europa fino al 7 luglio, cioè ieri, perché trovasse il modo di aggirare le sanzioni americane.
Lo strumento europeo
Una settimana fa Francia e Germania hanno reso operativo il sistema di transazioni finanziare internazionale Instex, sganciato dal dollaro, che ora permette scambi commerciali fra l'Unione europea e la Repubblica islamica al riparo da ritorsioni statunitensi. Ma il sistema è limitato a un paniere di beni di prima necessità, cibo e medicine, e non include il petrolio.
A Teheran non basta. Il viceministro degli Esteri Abbas Araqchi ha accusato l'Europa di non aver «mantenuto i suoi impegni». Rohani chiede agli europei di fare come Cina, Turchia, e in parte l'India, che hanno sfidato il divieto americano. Sabato notte Rohani ha avuto un lungo colloquio al telefono con Macron. I due hanno però concordato di riprendere negoziati «a partire dal prossimo 14 luglio». Da parte francese si punta a limitate modifiche dell'accordo del 2015, che comporterebbero un allungamento dei tempi necessari per fabbricare la bomba, nel caso Teheran volesse farlo, da tre mesi a un anno. Parigi spera che una miglioramento del genere possa spingere gli americani a rientrare nell'intesa. Ma anche Rohani dovrebbe convincere i falchi, e la Guida Suprema, a rivedere quanto stabilito nel 2015. Un'ipotesi finora scartata categoricamente dallo stesso Khamenei.
Francesco Semprini: "Trump non cambia strategia: pressione sugli ayatollah senza la mediazione europea"
Francesco Semprini
Acuire il divario tra Europa ed Iran, proseguire con le sanzioni. Dinanzi alla ripresa dell'arricchimento dell'uranio da parte di Teheran, è questa la strategia che Trump vuole perseguire, evitando il rischio di una guerra. «Non vuole aprire un nuovo fronte in Medio Oriente», afferma il generale David Petraeus, eroe della campagna in Iraq, e già direttore della Cia. Il presidente «non vuole nemmeno un cambiamento di regime, su cui invece punta il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton», prosegue Petraeus, piuttosto mira ad «un cambio di comportamento, lo stesso su cui scommette il segretario di Stato Pompeo». Del resto il blocco al raid militare di alcune settimane fa sembra confermarlo, così come le lamentele dell'inquilino della Casa Bianca sull'orientamento guerrafondaio di alcuni collaboratori.
Trump vuole spiazzare l'Europa, e su questo ha gioco facile. «La diplomazia con il Vecchio continente non funziona per l'Iran, perché non è in grado di compensare gli effetti delle sanzioni Usa, l'Instex è iniquo», spiegano fonti vicine al dossier. «Da una parte le sanzioni sono pervasive e architettate in maniera aggressiva, dall'altra l'Europa non ha la forza politica di smarcarsi da Trump». E questo per il presidente Usa è un punto importante nel duello con Teheran. «Gli alleati spesso condividono le preoccupazioni di Washington sull'Iran, ma rimangono legati all'accordo sul nucleare», spiega Behnam Ben Taleblu, di Foundation for the Defense of Democracies, oppositore del trattato del 2015 e già consigliere dell'amministrazione Trump. Il presidente vuole arrivare al confronto diretto con l'Iran eludendo la mediazione europea.
Il secondo elemento è quello delle sanzioni, preferite all'escalation bellica. Oltre ai rischi che comporterebbe una guerra in Medio oriente, occorre tener presente che Teheran preferirebbe lei una guerra piuttosto che sopravvivere alla situazione attuale e alle sanzioni. Anzi i conservatori non aspettano altro che lo scontro militare per «sistemare le dispute interne». Trump lo sa e punta a proseguire sulle misure restrittive nell'ambito di quella strategia chiamata «massima pressione possibile». Tom Bossert, consigliere per l'Homeland security sino alla scorso anno, precisa tuttavia che le sanzioni «sono portatrici di un messaggio di dialogo» di cui forse lui è l'unico sostenitore al momento alla Casa Bianca: «Il presidente le impone con un obiettivo più ampio». Ciò nonostante Kim Darroch, ambasciatore britannico a Washington, in alcuni cablogrammi, descrive Trump «inetto» e «incompetente» e riferisce di voci di un possibile attacco all'Iran.
Sono molti a credere che Trump sogni una soluzione negoziale, magari aspirando al Nobel per la pace. «Ogni crisi presenta delle opportunità, l'inquilino della Casa Bianca dialoga con tutti, anche con Kim Jong-un. - proseguono le fonti - Il problema è che ha una squadra inadeguata a procedere su questo canale». Del resto Bolton punta al rovesciamento del regime e Pompeo è colui che, assieme gli alleati regionali, Arabia Saudita in testa, ha tessuto la ragnatela con cui mettere in trappola Teheran. «Trump non capisce cosa comporti l'apertura del negoziato», per cui insisterà con le strategia della «massima pressione», ma con quale orizzonte temporale? Se al momento il duello con l'Iran paga per la campagna presidenziale, arrivare a ridosso del voto del 2020 con Teheran in piena corsa nucleare rischia di rivelarsi un tallone d'Achille.
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