Il linguaggio oscuro delle immagini
Commento di Deborah Fait
Nell'era di internet siamo sommersi da immagini che quasi sempre vengono pubblicate per rendere più forti e condizionare emotivamente commenti o articoli. Una notizia qualsiasi fa tutt'altro effetto se viene accompagnata da una rappresentazione adeguata, meglio se di grande impatto. Esistono fotografie di vari tipi, compromettenti, provocatorie, false, ritoccate, taroccate, tendenti a creare odio oppure pietà, dipende dall'oggetto cui si riferiscono o dall'argomento che trattano.
Proprio in questi giorni siamo rimasti sconvolti alla vista di quel giovane padre messicano annegato nel Rio Grande insieme alla sua bambina, Valeria, di nemmeno due anni. Una foto che non si può guardare, due vite distrutte, una delle quali nemmeno incominciata. Un orrore che non dovrebbe esistere, un pugno nello stomaco. Quello che fa altrettanto orrore è la strumentalizzazione che i media hanno fatto di quella foto e di quelle due povere vite attribuendo al governo USA la responsabilità dell'accaduto. Questo è inaccettabile e totalmente ingiusto, vi sono due ragioni che si equivalgono, quella di chi cerca una vita migliore e quella di chi vuole difendere la propria dalle invasioni incontrollate in atto in America del nord come in Europa. Non credo che quel padre sia stato obbligato con la forza ad attraversare il fiume, sapeva il rischio che correva e che faceva correre alla sua bambina. E' stato temerario e, purtroppo, la sua imprudenza ha creato la tragedia.
E' curioso, ma non troppo, conoscendo l'avversione di tanti giornalisti, quelli considerati per bene e di sinistra, per Donald Trump, che alcuni media insinuassero che la responsabilità non poteva essere che del presidente USA. E' inaccettabile, vergognoso ma soprattutto falso e squilibrato. Abbiamo dimenticato i barchini scavati nei blocchi di polistirolo dai cubani che fuggivano da Fidel Castro? Io li ho visti con i miei occhi, barchini minuscoli che, una volta in mare, bastava un'onda più forte delle altre per rovesciarli e lasciare il loro carico umano in pasto ai pescecani. All'epoca però nessuno protestava, morivano a migliaia per salvarsi dal "paradiso cubano" ma Fidel era un santino intoccabile, il Comandante adorato da generazioni di giovani pseudoidealisti, erano di moda le vacanze a Cuba, era meglio non vedere e non sapere, godersi il sole e il mare e tornare in Italia per dire quanto bella fosse Cuba e come stessero bene i cubani che non facevano che ballare e cantare. Le urla di quelli torturati nelle galere di Castro nessuno le sentiva e chi rischiava la vita e andava a morire in mare era considerato un ingrato e un ignorante che non capiva le meraviglie del comunismo.
Un'altra immagine usata per commuovere la gente è stata quella di Aylan, il piccolo siriano, annegato, dicono, durante la traversata dalla Turchia. Il corpicino del povero bambino sistemato come si conviene sulla spiaggia, col visetto girato, i vestitini intatti, aveva persino le scarpe. Una vergognosa strumentalizzazione della morte di un bambino innocente per far sentire in colpa chi si opponeva all'arrivo di tanti profughi. Un'assurda e cinica mancanza di rispetto.
E chi non ricorda Mohamed al Dura? La sua immagine usata per esacerbare l'odio che la sinistra ha sempre avuto per Israele. La sua gigantografia diventò un'icona che dominava il congresso di Rifondazione Comunista mentre un lungo corteo attraversava le vie di Roma urlando "A morte Israele". Alla testa della manifestazione lo schifo più osceno: alcuni personaggi vestiti da kamikaze con tanto di finti giubbotti esplosivi a raffigurare quello che accadeva in Israele dove centinaia di kamikaze si facevano esplodere in mezzo alla popolazione civile. Dimenticato tutto? In Italia, mentre la seconda intifada insanguinava di Israele, i catto-comunisti, i fascisti, i pacifisti e tutta la gentaglia di quella risma, manifestavano perché i loro amici palestinesi ammazzassero quanti più ebrei possibile. Accadeva tra gli applausi della popolazione. Mohammed Al Dura fu portato dal padre a gettare pietre contro gli israeliani, fu colpito dagli stessi palestinesi e al processo a Parigi( dopo ben sette anni di indagini) un esperto di lettura labiale lesse dalle labbra del bambino terrorizzato dalla sparatoria "papà andiamo via" e la risposta del padre fu" No, devono farci altre foto". Infatti i 59 secondi del video sono stati fabbricati ad hoc per la propaganda, in realtà il video durava 27 minuti che dimostravano l'assoluta estraneità di Israele nella morte, presunta, del bambino. La verità uscì al processo, il piccolo al Dura non era un martire ucciso da Israele ma un bambino usato dal padre e dalla dirigenza palestinese di assassini e terroristi, per la loro micidiale propaganda. Non lo ricorda nessuno, nessuno degli italiani che urlavano il loro odio contro Israele ha chiesto scusa, quello che invece non si dimentica è l'immagine del bambino terrorizzato accanto al padre vigliacco.
Ecco il potere enorme delle immagini che, insieme al lavaggio del cervello della propaganda e dell'odio, obbligava a pensare che il demonio fosse lo stato ebraico che sparava contro i poveri bambini palestinesi. http://www.focusonisrael.org/2013/05/24/al-dura-morte-propaganda-palestinese/ http://www.ilgiornale.it/news/crolla-mito-bimbo-martire-dellintifada.html
Due settimane dopo, due soldati israeliani vennero catturati, torturati, smembrati, fatti oggetto di cannibalismo nella stazione di polizia di Ramallah. Da allora l'orrore continuò per ben 5 anni, fino alla morte, mai abbastanza benedetta, di Yasser Arafat. Oggi la propaganda antisemita continua con altre immagini, più attuali, le foto di bambini siriani e yemeniti, feriti, sanguinanti, magrissimi per la mancanza di cibo, alcuni già cadaveri. Le foto di quei poveri bambini non vengono usate per informare e condannare la guerra in atto in quei paesi ma sempre per lo stesso vergognoso motivo, demonizzare Israele. Bambini yemeniti, bambini siriani, vittime innocenti della barbarie, vengono presentati molto spesso con la dicitura: "bambino palestinese di Gaza". E allora ecco che, a seguito di questa cinica, ignobile e falsa propaganda, scatta, come sempre accade, contro gli ebrei un odio così profondo e incontenibile che sporca le pagine del web, dei forum dei giornali, sporca le coscienze e lascia senza fiato.
Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"