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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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La morte del Fratello musulmano Mohammed Morsi 26/06/2019

La morte del Fratello musulmano Mohammed Morsi
Commento di Zvi Mazel
 

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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A rimpiangerlo Turchia e Qatar, non gli egiziani

L’ex presidente egiziano Morsi, figura emblematca  dei Fratelli Musulmani, è morto improvvisamente il 17 giugno, scatenando un'ondata di speculazioni sui media occidentali su ciò che ne ha causato la morte e sulle possibili conseguenze. 
La Fratellanza, è stato detto, coglierà l'opportunità di rinnovare i suoi attacchi al regime del presidente Sisi, mentre altri si sono chiesti perché "il primo presidente egiziano democraticamente eletto" non abbia ricevuto un funerale adeguato. 
I Fratelli Musulmani avevano chiesto una massiccia partecipazione all'evento, affermando che la mancanza di un'adeguata assistenza medica durante i sei anni trascorsi in carcere ne aveva affrettato la morte, richiedendo un'inchiesta internazionale. 
È stato anche detto che il governo lo ha avvelenato lentamente mentre era in carcere. Le teorie del complotto hanno persino ipotizzato che dovesse morire alla vigilia dell'apertura della coppa del calcio africano, per assicurare che l'attenzione popolare venisse sicuramente deviata. 
Tuttavia, in Medio Oriente, solo i governanti di Turchia e Qatar, entrambi strenui sostenitori della Fratellanza, hanno definito martire Mohammed Morsi. 
Il presidente Erdogan, parlando a una manifestazione del movimento a Istanbul, ha espresso la sua opinione che non sia morto di morte naturale.
In Israele, Raed Salah, leader del movimento islamico del Nord del paese, ne ha elogiato la memoria e riunioni per le condoglianze sono state organizzate in diversi villaggi.
Morsi era caduto in pochi giorni dalla più alta posizione del paese alle lugubri celle della temuta prigione di Tora; condannato a sessant'anni per l'uccisione di massa di manifestanti e per spionaggio a favore del Qatar, era appena sfuggito alla pena di morte grazie all'annullamento della sentenza dalla corte di cassazione. 
Non in buona salute, la prigione ha solo peggiorato le sue condizioni. È svenuto durante la sua audizione in tribunale ed è stato portato in ospedale dove i medici lo hanno dichiarato morto per arresto cardiaco. 
Le autorità egiziane hanno fatto del loro meglio per non pubblicizzarne la morte. Non c'è stato alcun annuncio ufficiale, l'ex presidente è stato sepolto nel cuore della notte in un cimitero a est del Cairo, dove sono sepolti diversi fratelli musulmani di alto rango. Solo i familiari stretti e il suo avvocato erano presenti. Suo figlio Ahmed ha protestato perchè gli era stato impedito di farlo seppellire nella tomba di famiglia nella provincia di Sharkia.
La notizia del decesso è stato un breve avviso - 42 parole in tutto - nascosto nelle ultime pagine dei quotidiani egiziani, con una eccezione rilevante, il quotidiano indipendente El Masry al Yom ha pubblicato la morte dell'ex presidente in prima pagina. Con ogni probabilità le autorità egiziane avevano temuto che i Fratelli Musulmani e i loro seguaci avrebbero fomentato disordini, per cui hanno deciso di limitare le cronache dei media, seppellendolo senza indugi per non dare loro il tempo di organizzarsi, anche se non erano stati segnali che accadessero. 
La Fratellanza è stata duramente colpita dal regime di Sisi. L'ondata di proteste che ha seguito la cacciata del presidente Morsi nel luglio 2013 è stata repressa con estrema brutalità; vi furono centinaia di vittime e molti feriti.
Il movimento venne dichiarato un'organizzazione terroristica, le sue istituzioni smantellate e le loro risorse economiche sequestrate. I suoi leader - inclusa la Guida Suprema Badi'e e Morsi stesso - furono arrestati e sottoposti a lunghi processi , alcuni ancora in corso. I pochi che riuscirono a fuggire cercarono rifugio in Turchia o in Qatar, gli unici paesi del Medio Oriente in sintonia con il movimento. 
All'interno dell'Egitto c'è una spaccatura crescente tra la vecchia guardia che segue ostinatamente i suoi principi e i membri più giovani che chiedono maggiore apertura e meno segretezza che caratterizza le regole della Fratellanza. 
Gli estremisti di entrambe le parti hanno istituito un nuovo forum, Hisham, che significa ‘decisione’ , che  ha portato a termine operazioni terroristiche. 
E’ stato lasciato a Amr Moussa, ex ministro degli affari esteri e segretario generale della Lega araba, riassumere quello che molti egiziani pensano del loro ex presidente:” l'uomo non è stato leader di tutti gli egiziani e la storia giudicherà il suo regime con durezza”. 
Quando Hosni Mubarak fu costretto a dimettersi nel febbraio 2011 sulla scia della primavera araba, l'unica forza organizzata nel paese era la Fratellanza Musulmana. 
I generali che avevano preso il sopravvento erano pronti a lasciare che assumesse il potere, credendo che avrebbe assicurato la stabilità. Il partito “Libertà e Giustizia” istituito dal movimento in vista delle elezioni parlamentari di dicembre 2011/ gennaio 2012 ottenne il 41% dei voti, diventando la più grande formazione politica. Il partito salafita ebbe il 23%. I partiti islamici dominavano così il parlamento. 
Quattro mesi dopo Mohammed Morsi vinceva le elezioni presidenziali con appena il 51,7%, dovuto a una bassa affluenza di votanti. Tuttavia fu il primo fratello musulmano della storia a diventare presidente.
Molti egiziani sono devoti musulmani e credevano che la Fratellanza, repressa dai precedenti governi, avrebbe sviluppato il paese secondo le tradizionali regole moderate. Ma così non fu. Invece di affrontare il pessimo stato dell'economia, il nuovo parlamento ha approvato l'imposizione di pene corporali più severe come prescritto dalla Sharia, emersero anche  scandali sulla corruzione tra i suoi membri. 
Alla fine è stato sciolto dalla Suprema Corte costituzionale per irregolarità tecniche nel processo elettorale. 
A quel punto l'entusiasmo iniziale diminuì. Eppure, c'era la speranza che il presidente si occupasse delle questioni principali nate dalla rivoluzione: economia, società e sicurezza personale. Ma i Fratelli Musulmani, trovatisi al potere dopo 80 anni di repressione, non vedevano l'ora di promuovere la loro agenda ideologica e presto presero il controllo di tutte le istituzioni governative. 
Mohammed Morsi, un politico di second'ordine non aveva esperienza e mancava di risolutezza e carisma. Non era in grado di controllare la Fratellanza, che invece controllava tutte le sue mosse. 
Se il primo, forte candidato, Khairat el-Shater, non fosse stato squalificato dal fatto che sua madre aveva la cittadinanza americana, la situazione sarebbe stata diversa. Uomo forte del movimento, uomo d'affari di successo e carismatico, avrebbe saputo come muoversi. Oggi anche lui è in prigione e la storia ha preso una piega diversa. Nel giro di due mesi dall'inizio le dimostrazioni di dissenso contro il presidente, si sono evolute in una vera ribellione. All'improvviso ci fu un fronte politico che univa tutti i partiti dell'opposizione, persino l'esercito sollecitava Morsi a cambiare marcia. 
Invece non vi prestò attenzione, assumendo i ministeri dell'educazione, delle finanze e delle informazioni, licenziando migliaia di dipendenti pubblici e nominandone di nuovi provenienti dalla Confraternita. 
Lo scopo era educare la gente secondo l'insegnamento di Hassan el Bana, ovvero "il ritorno al vero Islam". Il nuovo ministro dell'Istruzione ha prontamente dichiarato che gli studenti Bahai non potevano più frequentare le scuole statali poiché la loro non era una delle tre fedi rivelate - Ebraismo, Cristianesimo e Islam. A quel tempo nessuno credeva che il presidente avrebbe adempiuto al suo impegno di risolvere entro cento giorni i problemi che affliggevano il paese: sicurezza personale, traffico nelle principali città, carenza di pane a prezzo bloccato, carenza di benzina e di gas da cucina, pulizia nelle principali città e la raccolta dei rifiuti. 
Nulla veniva fatto e l'economia era in caduta libera. 
Morsi emise quindi un decreto presidenziale che gli garantiva il controllo della magistratura. Aveva assunto le prerogative legislative da quando il parlamento era stato sciolto e nella sua veste di presidente era a capo dell'esecutivo. 
L'Egitto si stava trasformando in una "dittatura costituzionale" con poteri ben superiori a quelli di Nasser e Mubarak. 
Ma il peggio doveva ancora venire. Secondo la bozza di una nuova costituzione da lui promossa, il paese doveva diventare uno stato islamico sulla base della Sharia. 
La protesta pubblica è stata immediata e le manifestazioni contro il presidente e contro le istituzioni della Fratellanza bloccarono il paese. Ci sono stati scontri violenti con molti morti. I partiti non islamici uniti in un "fronte nazionale di salvezza" chiesero nuove elezioni. Un nuovo movimento giovanile che si autodefiniva "rivolta" lanciava una petizione per chiede le dimissioni del presidente raccogliendo 23 milioni di firme, un fatto senza precedenti. 
Abdel Fattah al Sisi, nominato ministro della Difesa da Morsi, che si presentava come un un simpatizzante della Fratellanza e avrebbe quindi assicurato la fedeltà dell'esercito, tentò invano di avvertirlo che l'esercito non avrebbe lasciato che il paese affondasse nell'anarchia. Quando il presidente capì che Sisi, nonostante fosse un pio musulmano, era contrario all'ideologia dei Fratelli, era troppo tardi. 
Le dimostrazioni si sono intensificate nel giugno 2013 con milioni di persone che sono scese in piazza. Il 30 giugno, venivano chieste le sue dimissioni e nuove elezioni. Rifiutò e l'Egitto si trovò sull'orlo del caos politico ed economico. 
Al Sisi gli consegnò un ultimatum, dandogli 48 ore per accettare la volontà del popolo. Morsi non gli credette e repinse l'ultimatum. 
Il 3 luglio, l'esercito prese il potere arrestandolo insieme ai dirigenti della Fratellanza. Il resto, come si suol dire, è storia. 
Oggi, gli egiziani nel loro complesso capiscono che il fatto di minimizzare la sua morte è dovuto a un contesto complesso. E’ troppo presto per parlare di un riavvicinamento tra il presidente Sisi e la Fratellanza. Potrà accadere quando i suoi sforzi per migliorare l'economia avranno dato i suoi frutti e potrà così permettersi di aprire un dialogo da una posizione di forza e dettare le sue condizioni per permettere che riprendano le attività politiche e sociali.


Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. E' ricercatore senior presso il Jerusalem Center for Public Affairs. La analisi di Zvi Mazel sono pubblicate in esclusiva in italiano su Informazione Corretta


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