sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
26.06.2019 Israele, ecco il sionismo moderno al kibbutz Nir Am
reportage di Fabiana Magrì

Testata: La Stampa
Data: 26 giugno 2019
Pagina: 10
Autore: Fabiana Magrì
Titolo: «Tra mucche, orti e grano il kibbutz trasformato nell'incubatore di start-up»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/06/2019, a pag.10 con il titolo "Tra mucche, orti e grano il kibbutz trasformato nell'incubatore di start-up" il reportage di Fabiana Magrì al kibbutz Nir Am al confine con Gaza, un racconto appassionante di una Israele regolarmente dimenticata da chi privilegia il conflitto con i palestinesi.

Immagine correlataImmagine correlata
Fabiana Magrì

Il senso di sicurezza è la chiave. Ed è più (` importante della sicurezza stessa. Lo impari quando vivi lungo il confine». Alon Alseich, co-fondatore di Airqules, super drone che combatte i principi d'incendio, si definisce un patriota del Negev. Nel 1998 ha lasciato Ramat Gan, cittadina satellite di Tel Aviv, per aderire a Nahal (programma paramilitare dell'esercito israeliano che combina il servizio militare e l'insediamento di comunità agricole) e infine approdare due anni fa a Nir Am, il piccolo kibbutz dove è nata sua moglie, a una manciata di chilometri dalla barriera di separazione tra Israele e la Striscia di Gaza. Nella comunità, fondata da pionieri romeni e argentini alla fine degli Anni 40, oggi vivono 600 persone e le nuove case in costruzione sono già tutte vendute. Il kibbutz deve la sua prosperità all'agricoltura (agrumi e grano), all'allevamento (polli e mucche) e a una fabbrica di posate. Da un anno però la minaccia del fuoco provocato dagli aquiloni e dai palloni incendiari lanciati dalla Striscia - ancora ieri se ne sono contati più di una decina - ha prima minato la routine e gli affari dei residenti ma poi, grazie alla mentalità da start-up nation e agli investimenti destinati dall'Autorità per l'Innovazione alle periferie, ha innescato la resilienza. Un anno fa la «Hadar Ochel», la sala da pranzo comune del kibbutz, ormai in disuso, è stata trasformata in «SouthUp», centro per l'imprenditoria innovativa. Una volta saliti al primo piano dell'edificio in cemento, costruito nella tipica architettura socialista dei kibbutzim, si dimenticano le mucche e ci si trova nel classico ambiente hi-tech: piccoli uffici con le pareti di vetro, sale riunioni, salotti, angoli relax e una cucina, con tavoli e sedie recuperati dall'arredamento originale. Il nuovo incubatore ospita dieci start-up e lavora per promuovere progetti di educazione tecnologica nella regione Sh'aar Ha'negev, in collaborazione con partner strategici come il Sapir College. Youtiligent, nata qui sette mesi fa, si è appena aggiudicata il secondo premio alla competizione per start-up SilicoNegev. Alon Alseich, insieme con i soci Dudu, Erez e Uri, ha scelto di insediarsi nella vecchia pulcinaia del kibbutz. «Qui costruiamo il drone, creiamo il software e l'hardware.» Uri sta saldando piccoli componenti. «È un tipo di lavoro fisico e meccanico. Non è un drone che puoi assemblare con un kit. Lo costruiamo da zero, con leggerissime parti in fibra di carbonio, tutte prodotte con una stampante 3D. Ciò che rende Airqules un «super» drone sono velocità e stabilità. In due minuti riesce a intervenire e sganciare pesi da 1,5 kg senza perdere l'equilibrio». Al di là della tecnologia all'avanguardia e delle possibili applicazioni di Airqules - dalla sicurezza al delivery- la necessità a cui risponde è simbolica. «Dicono che il fuoco degli aquiloni incendiari, probabilmente, non ucciderà mai nessuno ma respirarne ogni giorno il fumo e spiegare il perché ai nostri bambini, mina il nostro senso di sicurezza». «Per prima cosa - aggiunge - combattiamo il terrore e lo stress post-traumatico con la proattività. Se poi riusciamo a creare posti di lavoro, sarà una crescita per tutta la regione. Quando saremo pronti per la produzione di massa, la fabbrica sorgerà qui nel Negev, non in Cina né da nessun altra parte». «Questo - conclude Alseich - è il "sionismo moderno"».

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT